
Sulle tracce di un fatto clamoroso

Ci sono due parole che tornano con costanza tra quelle pronunciate da don Luigi Giussani nel suo pellegrinaggio Sulle Tracce di Cristo: clamoroso e attesa. “Clamoroso”: il Messia, si pensava al tempo, sarebbe arrivato e con gran clamore avrebbe liberato il popolo di Dio dai romani, avrebbe risolto i problemi, avrebbe riportato giustizia, pace e libertà. Sarebbe di nuovo stato il paradiso in terra, perché l’immaginazione ha un limite invalicabile: può muoversi solo dentro categorie umane, portando a compimento un’aspirazione, un desiderio, un incompleto conosciuto, magari un’insoddisfazione.
Ma Giussani, in questo bel libro di Luigi Amicone che Rizzoli ha ripubblicato dopo tanti anni (la prima edizione è del 1994), aiuta chi lo segue in questo pellegrinare per la Terra Santa a riconoscere un altro metodo, quello di Dio. Il Verbo si è fatto carne in una grotta, «senza alcun clamore umano», ha vissuto per trent’anni una vita ordinaria, non ha costituito eserciti, non ha fondato partiti. Si è circondato di amici, nient’altro.
Si parlerà anche di questo oggi al Meeting di Rimini (Arena Tracce, ore 16) con Hussam Abu Sini, Andrea Babbi e Adriano Rusconi.
Chi domanda comanda
C’è un metodo di Dio nel rivelarsi e c’è una genialità pedagogica in Giussani nell’aiutare chi lo ascolta a comprendere ogni passo e ogni gesto di Cristo. «Tutti domandavano a Dio – spiega il fondatore di Comunione e liberazione – ma con una domanda che non può essere formulata se non secondo una propria immagine. […] Chi domanda comanda, è tutto proteso a una pretesa e non a un dono, è come immerso in una superficialità: la superficialità dei propri pensieri. Invece l’uomo che attende è destinato a quell’incontro». Sono i personaggi “preferiti” di don Giussani: coloro che si affidano totalmente, come Maria, la Samaritana, Zaccheo… Non pretendono, attendono. È per questo che, a differenza di tanti, riconoscono quel “clamoroso” che tutti aspettavano.
E questa attesa, spiega sempre Giussani, è ricompensata non con un discorso, ma con una presenza viva dentro la storia, dentro la quotidianità. «La cosa che mi sorprende è che la vera novità avviene attraverso le circostanze ordinarie. C’è una clamorosità, un’eccezionalità che non decidono della vita, nonostante le apparenze. Invece è il clamore di un senso nuovo delle circostanze solite che decide della vita. [….] È nelle circostanze quotidiane che scatta, non l’eccezionale, ma il senso del tutto».
Non avete ancora fede?
Bene fece il nostro caro Amicone a prendere appunti in quel viaggio del 1986 e poi a trasformarli in un libro (e dite voi se, da un punto di vista politico, la questione israelo-palestinese non è la stessa oggi rispetto a quella descritta da Amicone nel 1986). Soprattutto bene fece a restituire il clima di quel pellegrinaggio, che non ha niente di turistico, ma è un viaggio dentro una terra misteriosamente sempre martoriata. Così, anche le sue annotazioni cronachistiche a lato delle parole di Giussani aiutano il lettore a capire quel “dentro le circostanze” tanto caro al sacerdote di Desio: duemila anni fa, nel 1986, oggi. Se Dio si è fatto carne, non possiamo raccontare la sua storia come una bella favola o come un apologo consolatorio.
Lo scrive anche il cardinale Pizzaballa nell’introduzione che apre questa nuova edizione: «In mezzo alla guerra e al male che gli uomini si procurano con le loro stesse mani, Dio non cambia metodo. E anche oggi ci troviamo nella situazione dei discepoli sulla barca sballottata dalle onde, tutti presi dalla paura». E oggi come allora ci sentiamo rivolgere la stessa domanda: “Perché avete paura? Non avete ancora fede?”. […] Sono parole dette dette anche a noi oggi, quando ci lasciamo assalire dal panico pensando di essere alla fine. Ma il Signore è presente ed è Lui che rende sicura la nostra navigazione nel mare in tempesta».
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