
Sul caso Iacoviello-Dell’Utri il Corriere dà le pagelle. Ma si meriterebbe un’interrogazione
«La disfida tra Orazi e Curiazi sulla requisitoria del pg Francesco Iacoviello da giorni ruota sulla configurabilità del concorso esterno in associazione mafiosa. Ma così passa in secondo piano la questione tra accusa e sentenza»: è l’incipit di un interessante articolo apparso oggi sul Corriere della Sera. L’autore è il cronista di giudiziaria Luigi Ferrarella. Ferrarella si dedica a bacchettare severamente colleghi e magistrati. La notizia è tale da meritare un piccolo passo indietro, per capire cosa stia succedendo.
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L’antefatto dunque. Venerdì scorso la Cassazione ha annullato con rinvio ad altra corte d’Appello, la sentenza per Marcello Dell’Utri. Le motivazioni della decisione non sono ancora note, tuttavia è noto che questa è stata la medesima richiesta del Procuratore generale di Cassazione al processo, Francesco Iacoviello. Secondo il Pg, tra l’altro, nella sentenza d’appello le accuse a Marcello Dell’Utri non sono state circonstaziate e dettagliate in fatti precisi, perché la procura generale di Palermo aveva preferito dimostrare il concorso esterno. E per farlo, secondo il procuratore Iacoviello, c’era stata un’adesione totale alle parole dei pentiti. Sulla requisitoria del Pg Iacoviello, si è scatenata una feroce polemica, all’interno delle mailing list dei magistrati (di Area soprattutto) e sui media. Sotto accusa delle toghe e dei giornalisti c’è una frase attribuita a Iacoviello. È proprio per quella frase che Ferrarella oggi interviene. Bocciando tutti.
Se è chiaro che «gli Orazi», per Ferrarella, sono i politici del Pdl (da Maurizio Gasparri in giù) intervenuti a festeggiare sulla sentenza, è altrettanto chiaro che «i Curiazi» sono invece giornalisti e magistrati. A loro Ferrarella appioppa un severo «sette in condotta». Fatto inedito considerata la linea non esattamente garantista adottata dal cronista di via Solferino. Ma stamane Ferrarella dev’essersi svegliato con la schiena dritta: «Non c’è bisogno di riascoltare la chiusa di Iacoviello» scrive «e cioè “l’annullamento con rinvio per vizio di motivazione non vuol dire che la decisione sia sbagliata e l’imputato innocente. Vuol dire che la motivazione è viziata”, per stupirsi di taluni festeggiamenti: tanto più incongrui quanto più i fatti, quand’anche non inquadrati penalmente, fanno a pugni con la dimensione di un parlamentare. Si fatica però a comprendere pure le reazioni di autorevoli magistrati quando, freschi dall’aver opposto alle critiche sulle misure cautelari per i No Tav le conferme nei successivi gradi di giudizio, di essi disconoscono il valore appena sono a loro sfavorevoli».
Una battutaccia diretta in primis a quel Giancarlo Caselli, intervenuto a mezzo stampa (su Repubblica però) per criticare aspramente il pg Iacoviello: «Spero che quelle frasi di Iacoviello siano estrapolate da un contesto più articolato, ma per come si leggono sui giornali sono imbarazzanti» ha detto il procuratore capo di Torino, spiegando che il Csm era intervenuto per casi meno gravi. Ferrarella ribacchetta l’indisciplinato Caselli: «Stona sentire vagheggiare punizioni disciplinari del pg di Cassazione, reo di una sgradita interpretazione di questioni di diritto: proprio ciò che quegli stessi pm hanno subìto sulla loro pelle, negli anni in cui sgraditi alla cattiva politica erano loro».
Roba che non s’era mai vista. L’ultimo j’accuse è riferito al Caselli dei tempi d’oro del pool di Palermo. Qui Ferrarella si fa più velato: chissà, voleva bacchettare anche altri membri di quel pool, tipo Antonio Ingroia, uno di «quegli stessi pm che hanno subìto sulla loro pelle…»? Lo stesso Ingroia, che proprio sul Corriere era intervenuto sempre contro Iacoviello? «Demoliscono il pensiero di Falcone e Borsellino» aveva infatti sobillato Ingroia: ma su questo punto, Ferrarella non si sofferma e preferisce lanciarsi in una piccola “lectio magistralis” sulla ragionevolezza di Iacoviello.
Rimane una domanda. Perché Ferrarella non riporta la frase su cui si polemizza da giorni? E dire che la frase incriminata era stata riportata in primis proprio dal Corriere di sabato scorso, nell’incipit di un pezzo a pagina 8: «Francesco Iacoviello – si leggeva – aveva tuonato contro il reato di concorso esterno, “ormai diventato un reato indefinito al quale non crede più nessuno!”». È su questa frase che sono intervenuti Caselli, Ingroia e i magistrati di Area che Ferrarella richiama. Per trovare la risposta, potrebbe aiutare rileggersi il testo originale della requisitoria, che solo tempi.it, insieme a radiocarcere.it e al sito penalecontemporaneo.it, hanno pubblicato, ancor prima che intervenisse Ferrarella. Si apprenderebbe così che in realtà quella frase Iacoviello non l’ha mai detta, ma l’ha riportata il quotidiano che dà lavoro a Ferrarella.
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