
Ci mancava l’inchiesta sullo striscione dei calciatori del Milan

L’inchiesta sullo striscione no, vi prego. Non avendo più episodi da contestare, arbitri da fermare e avversarie da accusare per il poco o il troppo impegno, il calcio italiano si è messo a fare la morale sugli striscioni dei milanisti. La notizia del giorno è la Federcalcio che apre un’indagine «per presunta violazione dell’art 4 del Codice di giustizia sportiva», quello che impone il rispetto dei principi di correttezza e lealtà, dopo che alcuni giocatori del Milan, durante i festeggiamenti per lo scudetto sul pullman scoperto, hanno sorretto uno striscione con su scritto un’inequivocabile invito all’Inter: «La Coppa Italia mettila nel culo».
L’assurda inchiesta sullo striscione su Inter e Coppa Italia
Come quasi tutte le polemiche inutili, anche questa è iniziata sui social, aizzata da giornalisti e tifosi più o meno vip con il cuore nerazzurro, ed è finita nella procura della Figc. C’è da scommettere che non se ne farà niente, ma il solo fatto che uno sfottò un po’ spinto debba essere oggetto di un’inchiesta la dica lunga sulla fine zuccherosa che ha fatto il calcio oggi. Come ha notato Gianluca Palamidessi su Contrasti, «eravamo anche contenti di leggere finalmente uno sfottò dopo tanti baci, abbracci e complimenti squallidamente inviati tra un club e l’altro via social». Il tifo è appartenenza, e l’appartenenza è anche sottolineare che “noi non siamo come voi”.
Un anno fa era toccato agli interisti deridere i rossoneri (molte le magliette con scritto “Pioli is on fire” indossate dai nerazzurri), quest’anno tocca ai milanisti prendere in giro i cugini che poche settimane fa avevano festeggiato la vittoria della Coppa Italia. Si dirà: ma un conto sono i tifosi, un altro i calciatori. Ma anche qua, in un calcio in cui chi gioca è un professionista sotto contratto che cambia maglia anche una volta all’anno, non dispiace vedere l’immedesimazione di chi, avendo indossato quei colori, si sente anche tifoso.
Il precedente Ambrosini-Materazzi
Lo striscione incriminato è poi una (dotta?) citazione di un altro di qualche anno fa sorretto da Massimo Ambrosini: il Milan aveva vinto la Champions, l’Inter lo scudetto, e i rossoneri spiegavano agli interisti dove potevano mettersi il titolo italiano. Ora la vicenda ci dice la mestizia in cui è piombato il calcio italiano in questi anni – lo scudetto una volta valeva come una Coppa Italia in confronto alla Champions – e ci ricorda che la rivalità vive anche di eccessi di questo tipo.
Ai tifosi nerazzurri che in queste ore si sono scoperti laureati ad Oxford e inorridiscono per quello striscione, giova ricordare che quando due anni dopo l’Inter rivinse il titolo, Marco Materazzi ne esibì uno con su scritto: «Ambrosini, nel mio culo c’è ancora posto». Se il calcisticamente corretto ha ridotto le società rivali a leccarselo sui social, il culo, e i giornalisti a fare la morale sempre, e a scandalizzarsi per le parolacce manco fossero Pollyanna, viva i tifosi che continuano a sfottersi. E viva i calciatori che, almeno per qualche ora, diventano tifosi. Soprattutto se l’alternativa è il buonismo annacquato à la Severgnini sullo «scudetto meritato» dal Milan che «non è un nemico».
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1 commento
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Caro Vietti,
convengo che l’istituzione dell’inchiesta sia piuttosto ridicola ( potrebbe essere oggetto di un prossimo quesito referendario per la sua abrogazione).
Però lasciare il “rutto libero”, giustificare volgari sfottò a tesserati milionari con precise responsabilità pubbliche mi sembra un tantinello consolatorio.
Anche perché, riguardo alla presunta professione della mamma di Chalanoglu, se non fosse accaduto quello che è accaduto ad Ericksen, il turco mai e poi mai giocherebbe tra le fila della Beneamata.
Ibra se ne faccia una ragione