Storia di Columba, catechista e martire coreana che sarà beatificata da papa Francesco

Di Cristian Martini Grimaldi
13 Agosto 2014
La vicenda della donna che aiutò a introdurre il cristianesimo nel paese che sarà meta del prossimo viaggio papale. Lo fece a costo della sua vita, resistendo alle torture fino alla morte

Articolo tratto dall’Osservatore Romano – «Columba Kang Wan Suk, catechista e martire della prima comunità cattolica coreana nasce nel 1761. Nella provincia di Chungcheong». A parlare è Helen Kyung Soo Kwon, donna elegante e dai modi gentili, che parla un ottimo inglese ed è molto impegnata nel sociale tanto che solo dopo due mesi riesco a ottenere un appuntamento. Basta uno sguardo al curriculum per farsi un’idea dello spessore dei suoi impegni. È stata presidente dell’Organizzazione delle donne cattoliche dell’arcidiocesi di Seoul, vice-presidente del Consiglio dei laici dell’arcivescovado di Seoul, membro del sotto-comitato per le donne per l’Apostolato dei laici, presidente dell’Organizzazione delle donne cattoliche coreane, membro del comitato direttivo per l’attività pro-vita della Conferenza episcopale cattolica della Corea e attualmente membro del Consiglio permanente dell’Unione mondiale delle organizzazioni delle donne cattoliche.

Non ci sono molti scritti sulla storia del cristianesimo in Corea, ma ancora meno sul ruolo svolto dalle donne: come mai? «Per molto tempo, fino all’apertura del Paese alla fine dell’Ottocento — ci risponde Helen Kyung Soo Kwon — la Corea era una società molto chiusa, non a caso in occidente era conosciuto come il Regno eremita. La società a quel tempo era regolata da un’ideologia politica, il confucianesimo, che non lasciava grandi spazi alle donne a livello sociale, soprattutto se le donne appartenevano a una classe agiata».

chiesa_in_corea2Colomba Kwang Wan Suk sarà beatificata da Papa Francesco proprio questo agosto. Ci può raccontare la sua storia? «Columba era figlia illegittima ma di nobile famiglia. Si sposò con Hong Ji-yeong, il quale aveva già un figlio da una precedente unione. È solo in questo periodo — ci spiega Helen Kyung Soo Kwon — che Columba, attraverso la lettura dei libri scritti dai gesuiti e provenienti dalla Cina, viene a conoscenza della religione cattolica. Già durante la prima persecuzione nel 1791 si occuperà della salute dei cristiani finiti in prigione. Fece apprendere il cattolicesimo al figlio adottivo che diventerà poi martire anche lui durante la prima grande persecuzione. Il marito al contrario criticava costantemente questa sua passione religiosa e finì con il preferirle una concubina. A questo punto Columba si traferì a Seoul dove aveva saputo che i cristiani erano molto numerosi. Qui — dopo essere entrata in contatto con la comunità di fedeli grazie al suo status sociale e quindi al suo forte potere finanziario — prese a “sponsorizzare” l’invio di messaggeri in Cina affinché dei sacerdoti potessero finalmente raggiungere la Corea».

In quel periodo — prosegue nel suo racconto Helen Kyung Soo Kwon — «non esisteva alcuna comunità cattolica propriamente strutturata. Fu solo con l’ingresso nel Paese di padre James Zhou Wen Moe, ossia il primo prete a mettere piede nel regno di Choson, che cominciarono i primi battesimi per mano di un prete ordinato: Columba fu tra i primi battezzati. Fu quindi scelta da padre James come catechista, e infatti per tutta la sua vita si occupò dell’insegnamento del cattolicesimo. Tra l’altro si occupò di ospitare padre James nella sua casa di Seoul durante il lungo periodo in cui il prete era perseguitato dalle autorità locali che erano venute a conoscenza della sua presenza in città. Al tempo le ispezioni nelle case il cui proprietario era una donna erano vietate. Fu così che il primo sacerdote a entrare in Corea riuscì per diversi anni a scampare a una sicura condanna a morte».

La scelta di ospitare un uomo in casa, seppure un prete, era un forte segnale di rottura con le convenzioni del tempo, se si pensa che le donne di classe nobile non potevano neppure uscire di casa durante il giorno, si aspettava la sera quando le strade erano deserte. Ancora nel 1897 Elizabeth Bird scriveva che circa alle otto di sera la grande campana al centro di Seoul risuonava, era il segnale per gli uomini di ritirarsi nelle loro case, e per le donne di uscire.

Helen Kyung Soo Kwon sorride: «Certo, Columba fu infatti una vera leader e precursore dell’emancipazione femminile. Penso anche alla sua scelta di abbandonare definitivamente un marito che le aveva preferito una concubina. Molte donne allora sopportavano in silenzio la presenza di un’altra donna in casa. Fu proprio grazie a questo suo grande carisma se poi, congiuntamente al lavoro di padre James, si realizzò l’ingresso della famiglia reale nella Chiesa cattolica».

Helen Kyung Soo Kwon prosegue nel suo racconto: «Il fratellastro del re, Mary Song e la sua figlia adottiva Mary Sin — imparentate anch’esse con la famiglia reale — tutti ricevettero il battesimo dal padre James. Con il cristianesimo poi si sono avute le prime presidentesse di associazioni cattoliche. Prima ancora che la Chiesa coreana si desse una gerarchia strutturata e organizzata dai missionari stranieri, le donne avevano creato una propria associazione femminile con appunto a capo una donna. Erano i primi segni che un’emancipazione era possibile».

Conosciamo già la fine della storia, ma chiediamo a Helen Kyung Soo Kwon di raccontarcela: come è morta Columba? «Durante la persecuzione Sinyu del 1801, Columba fu denunciata per le sue attività religiose. Venne arrestata il 6 aprile, insieme ad altri fedeli che si trovavano in casa sua. Venne torturata a lungo affinché rivelasse il luogo dove padre James si nascondeva, ma non cedette alle torture. Il 2 luglio dello stesso anno fu condannata a morte. Venne decapitata fuori la porta occidentale di Seoul. Aveva appena quarant’anni».

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