Stiamo andando verso un governo dei giudici? Che Dio ce ne scampi

Di Peppino Zola
14 Luglio 2019
Dagli anni Settanta all'odierno scandalo del Csm al fine vita, cresce sempre più il ruolo "politico" dei magistrati

Caro direttore, c’è un altro articolo della nostra Costituzione che viene troppo spesso violato, nella sostanziale indifferenza delle più alte autorità dello Stato, Parlamento compreso. Si tratta dell’artico 101, che così si esprime: «La giustizia è amministrata in nome del popolo. I giudici sono soggetti soltanto alla legge». I padri costituenti usarono il termine «soltanto» per assicurare la piena indipendenza del potere giudiziario, il quale, invece, si era troppo facilmente piegato al potere del precedente regime fascista. Con quel «soltanto», i magistrati non sono soggetti né al potere esecutivo né al potere legislativo. Il problema è che i termini si sono capovolti, soprattutto a partire dagli anni Novanta del secolo scorso. Il problema è che, oramai, troppi magistrati invadono sia il potere esecutivo sia il potere legislativo, dato che non si considerano più soggetti “soltanto” alla legge, ma applicano, troppo spesso, il proprio pensiero politico e non quanto la legge prescrive.

Del resto, il recente scandalo che ha investito il Csm (e che mi pare stia già passando sotto silenzio, con il beneplacito di troppe autorità) ha dimostrato che troppi giudici, appartenenti a tutte le loro assurde “correnti”, di fatto svolgono politica molto attiva, partecipando a consessi e attività da cui dovrebbero stare molto lontani. Questo episodio, al di là degli aspetti di rilevanza penale, ha messo in luce che molta parte della attività di tanti magistrati è volta a tutelare i propri pensieri politici ed ideologici e i propri interessi e non ad applicare le leggi. Per esempio, qualcuno di loro ha fatto “carriera” perché aveva assicurato che si sarebbe posto contro Silvio Berlusconi (ed infatti abbiamo assistito ad una vera e propria persecuzione giudiziaria). Insomma, troppi giudici fanno politica e così violano palesemente l’articolo 101. E troppi pusillanimi politici stanno zitti, forse avvolti da una sorta di sindrome di Stoccolma.

E la politica la fanno in vario modo: per esempio, ammettendo anche per l’Italia adozioni effettuate da coppie omosessuali, anche se da noi sono vietate; autorizzando inscrizioni anagrafiche inammissibili; condannando esponenti politici anche senza prove; mettendo in galera tanti esponenti pubblici che poi vengono assolti. Questo andazzo, tra l’altro, era già iniziato negli anni Settanta, attraverso sentenze molto fantasiose in tema di diritto del lavoro. Clamorosa, poi, l’intrusione indebita della magistratura, avvenuta in questo periodo, nella legittima azione del potere esecutivo, fino ad assolvere preventivamente azioni che hanno violato le nostre più elementari leggi.

A fronte di tutto questo, sbalordisce l’indifferenza di troppa gente e di troppe “autorità”, che sono prontissime a correggere ogni errore del potere esecutivo e legislativo, ma che sono molto prudenti quando i magistrati violano l’artico 101. E lo fanno senza alcuna responsabilità.

Ultimamente, si è poi aggiunto un fatto sconcertante, che mina alla radice il principio della divisione dei poteri: la Corte Costituzionale, sul tema del fine vita, ha imposto al Parlamento di legiferare in una certa direzione entro il prossimo 24 settembre, con il ricatto che, altrimenti, sarà la Corte stessa a dichiarare incostituzionale un certo articolo. Mi aspettavo che il Parlamento si ribellasse a questa intrusione: non lo ha fatto, perdendo parte della propria dignità. Nessuna altra autorità è intervenuta. Ma allora, la Corte Costituzionale è divenuta anch’essa organo legislativo? Ma ancora più gravemente: stiamo andando verso un governo dei giudici? Che Dio ce ne scampi.

Peppino Zola

Foto Ansa

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