Stati canaglia: chi sono e cosa fanno

Di Rodolfo Casadei
10 Gennaio 2002
In riferimento a eventuali nuovi interventi militari Usa nel contesto della guerra al terrorismo dichiarata dopo i fatti dell’11 settembre, si parla spesso di “stati canaglia” (rogue states), prossimo bersaglio dell’ira americana. Ma che cos’è, nel lessico politico di Washington, uno “Stato canaglia”? Quando è definibile come tale? Ne esiste una lista? Chi la stabilisce?

In riferimento a eventuali nuovi interventi militari Usa nel contesto della guerra al terrorismo dichiarata dopo i fatti dell’11 settembre, si parla spesso di “stati canaglia” (rogue states), prossimo bersaglio dell’ira americana. Ma che cos’è, nel lessico politico di Washington, uno “Stato canaglia”? Quando è definibile come tale? Ne esiste una lista? Chi la stabilisce?

A voler essere precisi, una lista vera e propria degli “Stati canaglia” non esiste. Il primo che ha utilizzato questa espressione è stato, in un articolo apparso su Foreign Affairs nel 1994, il consigliere per la sicurezza nazionale Anthony Lake. La definizione veniva applicata a quelle «nazioni che mostrano un’incapacità cronica a impegnarsi co-struttivamente col mondo esterno», e nell’articolo in questione era riservata a Iran, Irak, Libia, Corea del Nord e Cuba.

L’espressione è stata successivamente utilizzata sia da Bill Clinton che dal suo segretario di Stato Madaleine Allbright. Ma non ha mai dato luogo alla creazione di un elenco formale.

Le caratteristiche che fanno di uno stato uno “Stato canaglia” sono co-munque quattro: tentativi di produrre armi di distruzione di massa; sostegno al terrorismo; trattamento biasimevole dei propri cittadini; propaganda ostile nei confronti degli Stati Uniti (cfr. Meghan L. O’Sullivan, “Les dilemmes de la politique américaine vis-à-vis des Rogue States”, in Politique Etrangère, primavera 2000).

Esiste però da alcuni anni una lista ufficiale degli stati che sostengono il terrorismo resa nota annualmente dal Dipartimento di Stato Usa attraverso la pubblicazione del rapporto Patterns of Global Terrorism.

Nell’ultima edizione, che risale all’aprile scorso, comparivano i nomi di sette paesi, ma non quello dell’Afghanistan. Un’altra lista importante è quella degli stati sospettati di produrre o progettare di produrre armi batteriologiche in violazione della convenzione internazionale del 1972.

L’ultimo aggiornamento è del novembre scorso, diffuso in occasione della quinta conferenza delle Nazioni Unite relativa alla suddetta convenzione. I nomi sulle due liste coincidono quasi totalmente.

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