
Spotify è arrivato in Italia, musica in streming per tutti (ma legalmente)
Finalmente Spotify è arrivato anche in Italia. Lanciato in contemporanea con l’inizio del Festival di Sanremo, il programma da venti milioni di utenti in tutto il mondo permetterà anche a noi italiani di ascoltare musica in streaming legalmente, senza ricorrere alla pirateria. Al timone di Spotify c’è la trentenne Veronica DiQuattro, un’esperienza in Google e la convinzione, dichiarata a Repubblica, di trovarsi nel mezzo di una rivoluzione: «Siamo sicuri che sarà un successo». I presupposti ci sono tutti, il programma si scarica in pochi secondi sul proprio pc e il gioco è praticamente fatto.
FREE. Due le modalità di accesso, la registrazione classica al sito (che però doveva essere stata effettuata prima del 22 settembre 2011) oppure il collegamento diretto con il proprio account Facebook. Da quel momento non bisogna far altro che cercare sull’intuitiva interfaccia, che ricorda molto da vicino iTunes, la musica da ascoltare. La scelta è pressoché infinita, anche perché le major hanno siglato l’accordo con il programma (Sony, Emi, Warner Music Group e Universal). Tre sono gli abbonamenti disponibili per gli utenti: quello gratuito, che consente di ascoltare liberamente tutta la musica, intervallata però da messaggi pubblicitari abbastanza frequenti. Per evitare le interruzioni si può acquistare l’abbonamento Unlimited al costo di 4 euro e 99 centesimi al mese, mentre per ascoltare la musica anche su tablet e smartphone il contributo richiesto è di 9 euro e 99 centesimi, ma si può provare il servizio Premium gratuitamente per trenta giorni.
GUADAGNI. La qualità dell’ascolto è di certo superiore ai file scaricati illegalmente, non ci sono rischi ed è tutto gratis o, al massimo, davvero poco costoso. Gli inventori di Spotify sperano che in futuro sempre più utenti decidano di abbonarsi alla versione Unlimited o a quella Premium, anche perché al momento solo un quarto dei venti milioni totali di utenti ha sottoscritto uno dei due servizi a pagamento. Agli altri la pubblicità pare non dare eccessivo fastidio, del resto Youtube ci ha abituato a sopportare anche di peggio.
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