
Sono passato o no? Ma che ne so. Però è stato avvincente e ora tocca battere Sala

Anticipiamo un articolo tratto dal numero di Tempi in edicola da giovedì 9 giugno (vai alla pagina degli abbonamenti) – Il giorno 5 giugno ho festeggiato a Tarcento i quarant’anni della scuola media fondata e forgiata da don Antonio Villa. Tirata su tra le macerie del terremoto del ’76, è più viva e allegra che mai. Con le due ventenni di allora, Eva e Luciana, venute a dare una mano dalle Marche e dalla Sardegna, che sono ancora lì. Sorprese da una vocazione che ha dato la vita per questo angolino di 9 mila anime del Friuli. Erano studentesse universitarie nel 1976. Nel 2016 sono donne in pensione. Mentre il “Villin” – o della “presenza solo presenza”, come diceva il ’68 – è rimasto emblema della meglio gioventù. A 86 anni. Perciò. È bella, ma è così bella, la strada che porta a casa, che se Claudio Chieffo intonò le sue canzoni in mezzo a una tenda di alpini, domenica scorsa c’era suo figlio Martino, dentro la tenda, in mezzo a un mare di bambini, a cantare la canzone che il padre scomparso dedicò proprio a lui. E all’Imperatore.
Poi, siccome dai nemici mi guardo io, al Sussidiario che mi ha dato per morto già il 6 giugno scorso (come se la notizia di queste amministrative fosse che «alla fine Amicone ha raccolto 1.548 preferenze che non dovrebbero essere sufficienti a farlo entrare in consiglio comunale», mentre alla fine Amicone ne ha raccolte 1.579 di preferenze e, causa complicatissimo computo dei resti, si sa mai che potrebbero essere sufficienti a farlo entrare in consiglio comunale addirittura prima della vittoria di Parisi attesa per il 19 giugno), c’è proprio bisogno che ci pensi uno Zeus alla Vittadini.
Dopo di che, non ho niente da dichiarare. Se non che è stata un’esperienza avvincente. Pochi, ma buoni e fidati amici, hanno fatto un’impresa che in Forza Italia non ci crede ancora nessuno. E infatti, nella sede elettorale di via Valtellina dove si festeggia il sensazionale 20 per cento forzista, con la bresciana Gelmini in cima alla classifica dei più votati a Milano, ti domandano come sia stato possibile che senza il becco di un quattrino, senza un archivio elettronico con migliaia di indirizzi, senza un call center e, soprattutto, senza neppure un’accoppiata con i consiglieri di zona, «avete bruciato un paio dei nostri dati per sicuri e pure il vostro ex ministro Lupi». E vogliamo parlare della competizione interna? Di quel birichino di Mariano e del Simone che ha fatto anche lui un bel risultato in Fi? Che se l’uno avesse messo a partito quel cicinin di 300 voti e l’altro i suoi 600… Ma va bene così. Perché come dice Silvio, l’amore vince sempre. L’amore fa girare il mondo. L’amore non ci fa cadere mai nell’invidia altrui. E soprattutto, non ci fa cadere per terra i sussidiari.
Adesso fioccano telefonate. Tutti vogliono sapere. Ma sapere cosa, se neanche io so se il metodo elettorale Billings – o quel che l’è – mi ha fatto entrare anche se sono ottavo e con soli 16 voti di scarto dal buon De Pasquale, altro storico forzista e politico navigato? Fatto sta che, vadano come vadano i conti del calcolo algoritmico, noi qui siamo già in pista per quell’uomo mite e leonino che si è dimostrato Stefano Parisi. Due mesi fa davano Sala avanti 15 punti e il massimo problema del centrodestra era se perdere con onore (Del Debbio) o perdere con caciara (Salvini). Adesso siamo ai momenti di gloria e tocca correre per confermare il migliore sindaco possibile per Milano. L’uomo Chili. Il tranquillo passista che in sessanta giorni ha scalato una montagna. E che nonostante lo scandalo di una elezione convocata dal governo Renzi come ciliegina su uno dei ponti più lunghi dell’anno e un ballottaggio allo scoccare dell’estate, è riuscito a prendere 15 punti e a pareggiare il conto.
Per il 19 c’è ancora molto da pedalare. Bisogna convincere la gente che l’unico modo per non farsi mettere sotto i piedi da quelli che “vedi Renzi e poi devi solo tirare un rigore”, è solo quello di andare a votare. Renzi, si sa, ha circonfuso la sua personalità di gloria, anche senza passare dalla cabina elettorale. Lui della democrazia può farne a meno. Perché con la Cancelliera è di casa. E con la Casa Bianca è di famiglia. Dunque, la sterminata ambizione del bravo ragazzo neanche dovrebbe soffrire questa faticaccia che è andare a cercarsi i voti tra il popolo. Come altro spiegare l’invenzione del voto in una sola giornata e casomai non vince il renziano al primo turno ci si rivede a votare in pieni europei di calcio? Adesso guardi il panorama e capisci che i conti non tornano. C’è in giro un parapiglia che il Pd deve difendersi a ogni latitudine. Roma e Napoli sono già uccellin di bosco. Adesso bisogna che Parisi vinca e che l’uomo di Renzi sia dichiarato “missing” a Milano.
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