
Sono 20 milioni le vittime del traffico umano

Sono più di 20 mila le vittime del traffico umano nel mondo. A spiegare l’aggravarsi delle violenze e degli sfruttamenti con l’incremento dei conflitti in tutto il mondo è il rapporto annuale del Dipartimento di Stato americano, che ha preso in considerazione 188 paesi.
LE OMISSIONI. Secondo il Segretario di Stato, John Kerry, la crisi globale e l’emigrazione dei profughi hanno reso la popolazione mondiale molto più vulnerabile allo sfruttamento sessuale, allo sfruttamento sul lavoro, ai matrimoni forzati e al reclutamento di “bambini soldato”. Ma sebbene il governo americano sottolinei l’importanza della lotta contro la schiavitù e l’importanza delle Chiese nel cercare di combattere la tratta, esistono ambiguità su cui tace: l’amministrazione Obama accusa i trafficanti e chiama all’impegno per contrastare il fenomeno, mentre chiude gli occhi sull’operato di alcuni Stati che permettono che la schiavitù umana e la corruzione si diffondano.
CLASSIFICHE FALSATE. A spiegarlo sono stati alcuni membri del Congresso, partendo da quanto lo stesso rapporto spiega sui tre livelli di sicurezza attribuiti ai vari paesi. Nella prima fascia (o livello) vengono messi tutti gli Stati che garantiscono uno standard di sicurezza minimo contro lo sfruttamento umano, con leggi apposite e pene sufficientemente severe. Nell’ultima (la terza) ci sono invece tutte le nazioni che, non raggiungendo le regole minime richieste, sono passibili di sanzioni da parte del governo Usa che potrebbe ritirare «l’assistenza pubblica ai paesi esteri» a causa della loro cattiva condotta in questo ambito. Il repubblicano Chris Smith, membro del Congresso, ha fatto notare che in alcuni casi il governo ha assegnato i livelli in base a considerazioni di tipo politico. La Cina, ad esempio, sarebbe dovuta comparire nella terza fascia, mentre gli Stati Uniti l’hanno inserita nella seconda. Smith ha ricordato che «la Cina è il buco nero del traffico umano e non fa progressi nel combatterlo». La politica del figlio unico, ad esempio, ha fatto sì che ci fosse una crisi demografica per cui ci sono 118 uomini ogni 100 donne, una mancanza che viene riempita dalla prostituzione. A questo si aggiungono la «condizione da schiavi dei lavoratori» e «la compravendita di organi».
NON È UN DONO. Smith ha quindi lamentato che «il passaggio in graduatoria va meritato, non concepito come un dono agli alleati economici e politici». È il caso anche di Cuba, piazzata sempre in seconda fascia anziché in terza: «Il presidente continua a chiudere un occhio sulle sofferenze dei cubani per salvaguardare la sua amicizia con i castristi». Qui, continua il repubblicano, il governo «trae vantaggi dal lavoro forzato del suo personale medico all’estero, della vendita del sangue e degli organi cubani all’estero e del turismo sessuale». L’anno scorso ci fu lo stesso problema per quanto riguarda la posizione della Malesia, posta al secondo livello nonostante le evidenti violazioni. Allora, sempre Smith ed altri suoi colleghi accusarono Obama di aver deciso in questo senso solo perché la Malesia era entrata nell’alleanza transpacifica.
LE MINORANZE RELIGIOSE. Infine, il rapporto ha messo in luce che la popolazione più vulnerabile è quella delle minoranza religiose negli Stati come quelli islamici, dove non c’è separazione fra politica e fede. Queste minoranze sono spesso accusate e «private del giusto processo» e delle tutele legali, motivo per cui sono anche facilmente sfruttate: le donne sono facili vittime dei matrimoni forzati, del traffico sessuale e dell’esclusione sociale e lavorativa. Infine, la guerra sta amplificando la criminalità. Ad esempio, si legge che in Siria si illudono i profughi promettendo loro lavori in paesi come il Libano, dove in realtà le donne diventano vittime della prostituzione. Infine, ci sono fenomeni meno noti che avvengono nei paesi marittimi isolati come la Thailandia, dove esistono persone che vengono schiavizzate sulle navi. Kerry ha menzionato il caso di un cambogiano: «È stato sfruttato su un peschereccio. Picchiato regolarmente con pale di metallo (…). E quando non lavorava era incatenato», ma «ci sono molte altre storie simili». La maggioranza sono minori di 17 anni «costretti a lavorare dalle 18 alle 20 ore al giorno», a cui «viene negata ogni assistenza medica, forzati ad assumere anfetamine per riuscire a lavorare nonostante i dolori».
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