
Sollecito si commuove in aula: «Sei mesi d’isolamento, la gogna. Rivoglio la mia vita»
Un arresto e una lunga carcerazione (per sei mesi in isolamento), una condanna, un’assoluzione, un rinvio ad un nuovo processo dove si rivedrà tutto daccapo: è dopo tutto questo che Raffaele Sollecito, imputato per l’omicidio di Meredith Kercher insieme ad Amanda Knox, si è trovato oggi davanti alla corte d’assise d’appello di Firenze, a cui la Cassazione ha rinviato il processo. E nel corso di alcune dichiarazioni spontanee rese proprio in questa tarda mattinata del 6 novembre che Sollecito si è commosso.
LA GOGNA.«Mi hanno descritto come un assassino spietato ma non sono niente di tutto questo» ha esordito. Sollecito, che nel frattempo si è trasferito a Verona, dove sta completando il corso di laurea specialistica in ingegneria informatica, ha così proseguito il suo ricordo dei giorni del novembre 2007, quando è iniziata la sua vicenda giudiziaria: «Ero ad una settimana dalla mia discussione di laurea, e non era ragionevole accusarmi se prima non avevano le basi. Sono stato gettato in pasto ai media, e all’opinione pubblica. Sento nei miei confronti una persecuzione senza senso». Ha aggiunto che «Ricevo commenti di ogni genere e mi devo difendere dai media, la mia vita è continuamente sotto il giudizio di tutti. Anche le cose più semplici e banali, anche cercare un lavoro è difficile perché qualunque azienda dovrebbe dire che sta prendendo Sollecito, che è ancora sotto giudizio e che per il mondo è un probabile assassino».
NUOVA PERIZIA. Sollecito si è commosso dicendo: «Quando avevo vent’anni c’era tutto nella mia vita fuorchè una visione distorta e disprezzante come quella di chi mi accusa e che ha portato il mio nome in giro per tutto il mondo. Sono stato quasi sei mesi in isolamento, non auguro a nessuno di vivere ciò che ho vissuto io. La mia vita di prima è stata cancellata». Che il ping pong giudiziario tra un grado di giudizio e un altro non sia finito, e che anzitutto quella su Sollecito e Knox sia stata una condanna senza appello emessa però solo dai media, è emerso anche stamane in aula, dove davanti alla Corte d’assise d’appello è stata presentata l’ennesima perizia scientifica di questa vicenda. Questa volta si tratta di una traccia di dna su un coltello trovato a casa di Sollecito, e che l’accusa ha sempre ipotizzato potessero appartenere alla vittima, Meredith: ma la traccia di dna esaminata ora, non era in passato mai stata sottoposta a perizia. Oggi i carabinieri del Ris hanno però parlato di quantità di materiale genetico «estremamente esigua» con «un elevato grado di compatibilità con il profilo di Amanda»: per gli esperti insomma non ci sarebbero tracce di sangue di Meredith. Il coltello porterebbe anche tracce di Sollecito, e di Rudy Guede, l’ivoriano attualmente unico condannato in via definitiva per l’omicidio. La sentenza del processo d’appello è attesa per il prossimo 10 gennaio.
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