Sollecito si commuove in aula: «Sei mesi d’isolamento, la gogna. Rivoglio la mia vita»

Di Chiara Rizzo
06 Novembre 2013
Udienza del processo d'appello bis per il delitto di Perugia, parla il giovane imputato per l'assassinio di Meredith Kercher con Amanda Know. Oggi in aula una nuova perizia esclude sangue di Mez sulla presunta arma del delitto

Un arresto e una lunga carcerazione (per sei mesi in isolamento), una condanna, un’assoluzione, un rinvio ad un nuovo processo dove si rivedrà tutto daccapo: è dopo tutto questo che Raffaele Sollecito, imputato per l’omicidio di Meredith Kercher insieme ad Amanda Knox, si è trovato oggi davanti alla corte d’assise d’appello di Firenze, a cui la Cassazione ha rinviato il processo. E nel corso di alcune dichiarazioni spontanee rese proprio in questa tarda mattinata del 6 novembre che Sollecito si è commosso.

LA GOGNA.«Mi hanno descritto come un assassino spietato ma non sono niente di tutto questo» ha esordito. Sollecito, che nel frattempo si è trasferito a Verona, dove sta completando il corso di laurea specialistica in ingegneria informatica, ha così proseguito il suo ricordo dei giorni del novembre 2007, quando è iniziata la sua vicenda giudiziaria: «Ero ad una settimana dalla mia discussione di laurea, e non era ragionevole accusarmi se prima non avevano le basi. Sono stato gettato in pasto ai media, e all’opinione pubblica. Sento nei miei confronti una persecuzione senza senso». Ha aggiunto che «Ricevo commenti di ogni genere e mi devo difendere dai media, la mia vita è continuamente sotto il giudizio di tutti. Anche le cose più semplici e banali, anche cercare un lavoro è difficile perché qualunque azienda dovrebbe dire che sta prendendo Sollecito, che è ancora sotto giudizio e che per il mondo è un probabile assassino».

NUOVA PERIZIA. Sollecito si è commosso dicendo: «Quando avevo vent’anni c’era tutto nella mia vita fuorchè una visione distorta e disprezzante come quella di chi mi accusa e che ha portato il mio nome in giro per tutto il mondo. Sono stato quasi sei mesi in isolamento, non auguro a nessuno di vivere ciò che ho vissuto io. La mia vita di prima è stata cancellata». Che il ping pong giudiziario tra un grado di giudizio e un altro non sia finito, e che anzitutto quella su Sollecito e Knox sia stata una condanna senza appello emessa però solo dai media, è emerso anche stamane in aula, dove davanti alla Corte d’assise d’appello è stata presentata l’ennesima perizia scientifica di questa vicenda. Questa volta si tratta di una traccia di dna su un coltello trovato a casa di Sollecito, e che l’accusa ha sempre ipotizzato potessero appartenere alla vittima, Meredith: ma la traccia di dna esaminata ora, non era in passato mai stata sottoposta a perizia. Oggi i carabinieri del Ris hanno però parlato di quantità di materiale genetico «estremamente esigua» con «un elevato grado di compatibilità con il profilo di Amanda»: per gli esperti insomma non ci sarebbero tracce di sangue di Meredith. Il coltello porterebbe anche tracce di Sollecito, e di Rudy Guede, l’ivoriano attualmente unico condannato in via definitiva per l’omicidio. La sentenza del processo d’appello è attesa per il prossimo 10 gennaio.

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