Socialismo arruffone in salsa italiana

Di Redazione
08 Ottobre 2020
Firmare un contratto è più sicuro in Iraq e Siria che in Italia. Con il Covid si è accentuato lo statalismo. Ci conviene?
burocrazia

Intervistato ieri da Radio radicale, Alberto Mingardi, direttore generale dell’istituto Bruno Leoni, ha parlato dell’intervento dello Stato nell’economia italiana che, con l’arrivo del Covid 19, si è certamente accentuato. «Per contenere la pandemia si è provato a spegnere l’economia», ha detto Mingardi che ha lamentato il fatto che in Italia «non si discute di come fare grandi investimenti o come sussidiare gli operatori sanitari in modo che diventino un presidio contro il Covid, non si sta discutendo su come aiutare le imprese a restare aperte e in sicurezza». Al contrario, in Italia «si parla, giorno dopo giorno, di come lo Stato, attraverso la sua “banca”, la Cassa depositi e prestiti, torni padrone di tutta una serie di cose». Qui il direttore di Ibl ha citato il caso delle autostrade, della società che fa i pagamenti elettronici, delle imprese d’abbigliamento.

Arruffone e arraffone

Tutta colpa del Covid? Non solo. Il 5 ottobre su Affari&Finanza Alessandro De Nicola ha notato che la pandemia ha solo accentuato una tendenza presente da anni nel nostro paese che sta sempre più scivolando «verso forme di socialismo arruffone (e qualche volta arraffone)».
Ad esempio:

«A settembre è uscito il rapporto annuale sulla libertà economica nel mondo curato dal Fraser Institute di Vancouver e i risultati per l’Italia non sono incoraggianti. Il Belpaese è precipitato dal 33esimo posto del 2015 al 51esimo del 2018 (ultimo anno completo disponibile) con un voto che da 1 a 10 è 7,5 (il che non deve trarre in inganno: non è molto alto».

E loro avevano l’Isis

De Nicola riporta alcuni dati che «dovrebbero preoccupare tutti, statalisti compresi», perché rivelano che il nostro paese riesce a essere libero solo quando è costretto da agenti esterni (Europa e Wto), mentre è disastroso quando si affida alle cure di mamma Stato.

«Ad esempio sul rispetto dei contratti l’Italia si becca 3,54. Tanto per dare un termine di paragone, in Iraq (che nel 2018 era in guerra interna con l’Isis) il punteggio è 4,84 e in Libia 3,62. In Libia è più sicuro firmare un contratto che da noi».

Permessi, regole, autorizzazioni

L’autore prosegue elencando le numerose pecche del nostro sistema statalista (tipo la giustizia) che fa sì che gli investitori stranieri si tengano lontano da noi, bene sapendo quanto sia ingarbugliato orientarsi tra i tribunali italiani.

«Il botto però lo facciamo al capitolo “Regolamentazione” dove alla voce “adempimenti amministrativi” il nostro punteggio è uno strabiliante 1,76. È il peso di permessi, regolamentazioni, autorizzazioni, rapporti informativi verso la pubblica amministrazione».

Foto Ansa

Articoli correlati

0 commenti

Non ci sono ancora commenti.