Siria. Stato islamico e Assad, sunniti e sciiti, Obama e Putin: chi bombarda chi e perché

Di Leone Grotti
04 Ottobre 2015
Vademecum per comprendere l'intricato gioco di interessi e fazioni che alimenta la guerra nel paese mediorientale. E che riguarda tutto il mondo
FILE - In this Sunday, March 4, 2012 file photo, Syrians hold posters of Syrian President Bashar Assad, far left, and Russian President Vladimir Putin, second left, during a pro-Syrian goverment protest in front of the Russian Embassy in Damascus, Syria. In ramping up its military involvement in Syria's civil war, Russia appears to be betting that the West, horrified by Islamic State's atrocities, may be willing to tolerate Assad for a while, perhaps as part of a transition. (AP Photo/Muzaffar Salman, File)

siria-guerra-mappa-tempi

Non esistono in questo momento cieli più affollati di quello siriano. Allo stesso modo, nessun paese al mondo può contare tanti gruppi terroristici sul proprio suolo dove vengono arruolati soldati di decine di nazionalità diverse. Stati occidentali, orientali e mediorientali (si) combattono a Damasco e dintorni, con opposti interessi. Vediamo chi e quali.

SIRIA. Il presidente Bashar al-Assad dopo quattro anni di guerra controlla appena il 25 per cento del paese. Le sue roccaforti (Damasco, Homs, Hama, Latakia) si trovano tutte nella parte occidentale e sud-occidentale del paese. Il suo obiettivo, neanche a dirlo, è innanzitutto sopravvivere e restare in sella. Ogni città che con l’aiuto dei suoi alleati, Russia e Iran, riuscirà a riconquistare sarà oro colato.

RUSSIA. Il presidente Vladimir Putin, cogliendo tutti di sorpresa, ha schierato parte del suo esercito a Latakia: decine di jet, elicotteri, carri e circa 1.500 soldati. Dai primi raid aerei condotti in questi giorni si è ben capito che il suo principale obiettivo è difendere l’alleato di vecchia data Assad (il cui padre era alleato dell’Unione Sovietica) e, di conseguenza, la possibilità di avere uno sbocco sul Mediterraneo e un ottimo acquirente di armamenti. Per questo, Putin ha colpito allo stesso modo i ribelli alleati ad Al-Qaeda, i ribelli armati dagli Stati Uniti e le postazioni dell’Isis. Se l’America infatti distingue tra nemici di Assad “moderati” e nemici di Assad “jihadisti”, per Putin l’unica cosa che conta è che siano nemici di Assad.

IRAN. È di queste ore la notizia, diffusa da Reuters e sostenuta da fonti libanesi, che centinaia di truppe iraniane sono già entrate in Siria e si preparano a combattere via terra contro i sunniti dello Stato islamico. Il regime dell’ayatollah Khamenei è un alleato di Assad e insieme alla Russia è pronto a difenderlo. Teheran vuole prima di tutto che l’asse sciita in Medio Oriente non venga spezzato e che quindi i governi musulmani sciiti di Iran, Siria e Iraq restino saldi al potere. La Siria, inoltre, è il paese attraverso cui l’Iran ha sempre fatto passare gli armamenti alle milizie di Hezbollah in Libano, nemiche di Israele. Difendendo la Siria e il regime di Assad, Khamenei difende il mondo sciita da quella che considera una delle più grandi offensive sunnite di sempre.

IRAQ. Al pari della Siria, è uno Stato sotto assedio dove il governo sciita ha perso gran parte del territorio di sua giurisdizione. Non essendo in grado di riprendere le città conquistate dall’Isis né di proteggere le minoranze cristiane e yazide difese solo dai curdi, conta sull’appoggio iraniano da una parte e americano dall’altra. Vede di buon occhio l’intervento russo, sperando di ricavarne qualche vantaggio, temendo la forse inevitabile partizione del paese in tre: una parte sunnita governata dallo Stato islamico, una amministrata dai curdi e una dall’attuale governo sciita.

TURCHIA. Il governo del presidente Recep Tayyip Erdogan ha protestato contro l’intervento di Putin, perché la Russia gli sta rompendo le uova nel paniere. Mantenendo un comportamento ambiguo, da quattro anni chiunque voglia unirsi allo Stato islamico o ad Al-Qaeda contro Assad può passare tranquillamente dal confine turco. Pur minacciando a parole l’Isis, la Turchia ha sempre favorito i jihadisti nella speranza che sconfiggessero Assad e danneggiassero i curdi (forti nel nord e nel nord-est della Siria). Ankara continua a sperare (ha già preparato allo scopo più di un piano militare) non solo di poter sconfinare e occupare un pezzo di Siria ma soprattutto di estendere la sua influenza e fare da padre nobile a un futuro governo sunnita del paese (che guarda di buon occhio alla Fratellanza Musulmana). È quello che viene chiamato il sogno neo-ottomano di Erdogan.

ARABIA SAUDITA E QATAR. Da anni i due paesi arabi armano e finanziano platealmente milizie jihadiste in Siria nella speranza che riescano a vincere la guerra contro Assad. In particolare Riyad e Doha, insieme alla Turchia, sostengono un gruppo jihadista chiamato Esercito di conquista, il quale va a braccetto con Al-Qaeda nella zona di Idlib. Le due monarchie assolute, essendo sunnite, vedono di buon occhio il crollo del governo siriano e sperano che questo possa indebolire il suo grande alleato sciita, unico vero competitor nella regione: l’Iran.

STATI UNITI. Il presidente Barack Obama, che ha sostenuto in tutto il mondo le diverse “Primavere arabe”, ha sempre appoggiato idealmente anche la ribellione siriana. L’America, prima di tutto, vuole vedere crollare il regime di Assad. Dal 2014, Obama ha anche deciso di combattere l’Isis con raid aerei, senza inviare l’esercito. Per supplire alla mancanza di boots on the ground, senza i quali non si può vincere una guerra, e non volendo allearsi con l’esercito siriano, ha lanciato un programma di addestramento di ribelli “moderati” che combattano i jihadisti e il regime per conto degli Stati Uniti. Fino ad ora, il programma è stato un fallimento, le milizie “americane” di ribelli o sono state sbaragliate o si sono unite ad Al-Qaeda portandosi dietro le sofisticate armi “made in Usa”. L’intervento di Putin ha però sconvolto i piani americani e ora Obama potrebbe essere costretto a venire a patti con il nemico russo.

UNIONE EUROPEA. L’Europa non ha una posizione unica ed è sostanzialmente irrilevante nel conflitto siriano. Francia e Inghilterra, soprattutto per ragioni politiche, si sono schierate con gli Stati Uniti e oltre a compiere raid aerei contro l’Isis, insistono sulla necessità che «Assad se ne vada». La Germania, come spesso accade, non si è esposta, mentre l’Italia sottolinea la necessità che non si ripeta un’altra Libia.

VATICANO. Papa Francesco insiste sulla necessità di trovare un accordo politico e di fermare la guerra a ogni costo. I vescovi iracheni chiedono soprattutto che la comunità internazionale intervenga con un esercito per riconquistare i villaggi strappati ai cristiani dall’Isis nella piana di Ninive; i vescovi siriani continuano a ripetere che l’Occidente deve smettere di fare la guerra ad Assad armando i ribelli “moderati” e deve convincere i suoi alleati arabi a non comprare il petrolio dell’Isis e a non armare i jihadisti. L’osservatore permanente della Santa Sede all’Onu, monsignor Silvano Maria Tomasi, riferendosi soprattutto all’Iraq, aggiunge da anni che una guerra per fermare l’ingiusto aggressore non è sbagliata e non può essere esclusa, purché venga condotta dalla comunità internazionale e decisa dalle Nazioni Unite. Perché, in tutto questo, ogni paese agisce in completa autonomia e anarchia: nessuno ha ottenuto il permesso dell’Onu.

@LeoneGrotti

Foto Ansa/Ap

Articoli correlati

21 commenti

  1. Andrea -1-R

    @Leo-345

    Sono anni, decenni, secoli addirittura, che l’Occidente taglieggia, deruba, preda, attacca e distrugge (per “ricostruire”!), usando la più grande macchina di raggiro mai messa in piedi: i cosiddetti “mass media”. –

    Ma il 2015 verrà ricordato sui libri di storia come un anno fondamentale : l’anno in cui la menzogna occidentale s’è mostrata a tutti per quello che è. Nuda, senza più veli, perché altro non poteva più fare.

  2. Leo-345

    E’ bastato l’inizio dei raid aerei russi in Siria a far saltare il tappo sul pentolone delle bugie degli USA . Un pentolone dal quale è uscito di tutto e di più.
    Il culmine di questa fuoriuscita di liquami nauseabondi (perché questo è l’odore dell’essenza, del concentrato dell’impostura) è stato il senatore McCain (quello dei selfie con i cosidetti “ribelli moderati”), che ha strillato, subito ripreso da tutte le solerti agenzie occidentali, senza più una stilla di senso del ridicolo: “La Russia attacca i ribelli finanziati dalla Cia !”. (McCain: Russian airstrikes target CIA-backed rebels – by Tom LoBianco – CNN)—-
    Il cerchio si chiude: a forza di menzogne si finisce per dire la verità.

  3. Babbalucius

    La frenesia dei media nei Paesi della coalizione anti-Assad sugli attacchi aerei russi ai guerriglieri di al-Qaida in Siria è un fatto molto significativo ed abbastanza chiaro. Insieme alla reazione nervosa di Stati Uniti, Arabia Saudita, Turchia e certi altri Paesi, è la prova inconfutabile che gli interessi di forze apparentemente opposte, NATO e jihadismo, sono in realtà strettamente intrecciati, le cui relazioni vanno ben oltre la crisi siriana.

  4. Andrea Tedesco

    Sostenere Assad, e approvare l’intervento russo in Siria, pare proprio una buona idea ADESSO, ma non significa che ci apparira’ tale automaticamente anche domani.
    Appoggiare Osama Bin Laden contro i russi in Afghanistan sembrava un’idea intelligente, ma un giorno, l’11 settembre del 2001, gli USA se ne sarebbero pentiti.
    L’errore, giudicato tale col senno di poi, commesso dagli USA, di allearsi con un diavolo per combatterne uno piu’ brutto, non e’ prerogativa solo degli americani. Putin sta dando l’impressione di non voler distinguere all’interno del’islamismo, ma questo non significa che, però, la pericolosa strategia di fare distinzioni al fine di dividere ed indebolire i propri nemici, o di usarli contro altri nemici, non sia mai stata impiegata, o sia stata completamente abbandonata anche da Putin.
    I suoi alleati sciti, Iran ed Hezbollah, sono, infatti, islamisti come i loro corrispettivi sunniti, con cui condividono l’odio verso coloro che chiamano “miscredenti”, e, in effetti, l’operazione militare russa contro l’Isis oggi viene portata avanti avvalendosi anche della collaborazione dell’Iran e di milizie islamiste scite iraniane ed Hezbollah.
    Domani, una volta forse fugato il tremendo pericolo rappresentato dall’Isis, con l’aiuto degli islamisti sciti, in cambio di concessioni e benefici economici e armamenti, potrebbe essere necessario affrontare una minaccia magari persino più grave, stavolta posta da islamisti sciti, usciti rafforzati dall’indebolimento dei propri nemici sunniti e dalla ricompensa ricevuta in cambio del proprio aiuto, forse dotati di armi atomiche.
    E a proposito di salvaguardia dei propri legittimi interessi, senza nulla togliere all’utilità dell’intervento russo e alla nostra “incondizionata” approvazione per questa iniziativa, poichè la Russia di Putin non sta attaccando l’Isis solo ed esclusivamente per salvare i cristiani, fare un favore all’umanità e all’Europa, ma anche ed anzitutto nel perseguimento di importanti interessi nazionali, sarebbe stato meglio se l’Europa fosse stata, una volta tanto, in grado di perseguire i propri interessi e agire al posto di Putin.
    Parrebbe, invece, che l’allontanamento verso l’estremo del globalismo dalla posizione di attenzione prioritaria al proprio paese, alla propria cultura, alla propria storia e radici, ritenuta responsabile del nazionalismo che aveva portato ai conflitti mondiali, abbia compromesso la capacità europea di identificare e salvaguardare i propri reali interessi.
    Gli interessi nazionali Russi potrebbero, infatti, solo parzialmente coincidere con quelli dell’Europa.
    Putin potrebbe, in realta’, non essere interessato o in grado di porre fine al conflitto in Siria, che ha destabilizzato un’area forse definibile come il “nostro cortile”, generando un flusso enorme di immigrati problematico da gestire.
    La Russia di Putin, che sta riempiendo il vuoto di potere lasciato dagli USA in Medio Oriente, potrebbe limitarsi a proteggere la propria base navale a Tartus, che garantisce la presenza russa nel Mediterraneo, ridurre quanta basta le ambizioni e la minaccia posta dall’Isis e altri ribelli, in particolare la coalizione Jaysh al-Fatah (Army of Conquest), ma lasciare attivo il conflitto per controbilanciare la destabilizzazione creata dalla NATO nel “cortile russo” in Ucraina.
    Comunque, ormai e’ troppo tardi per togliere a Putin l’iniziativa che avremmo dovuto prendere noi. Inoltre, la Russia e’ simbolo di un attaccamento alla propria identita’ nazionale, alle proprie radici e tradizioni cristiane, che i globalisti della nuova sinistra di Obama e della finanza speculativa mondiale di Soros vedono come fumo negli occhi, ma noi dovremmo recuperare.
    Quindi, viva Putin, forza Russia e speriamo in bene…

    1. paolo delfini

      Assolutamente d’accordo con te, Andrea.

  5. Raider

    Proprio quello che capita ai multinick islamo-nazisti a furia di mentire su tutto – “Islam, religione di pace”, “Islam, religione naturale dell’umanità”: i conflitti intra-islamici di cui far carico all’Occidente proprio mentre lo si sta trasformando sempre più visibilmente in Eurabia: così mentendo sulle loro identità virtuali come sulle altrui, fino a confonderle -, è non di mentire a se stessi e dire la verità per sbaglio o per farsi un dispetto a propria insaputa: ma di non distinguere più la verità dalla paranoia.
    Che la prova della verità siano una frase e una foto di McCain con ribelli che, islamicamente, hanno tradito in Siria come hanno tradito nelle amministrazioni irachena e afghana, passando armi e bagagli a talebani e ihadisti o disertando, prova solo che per gli islamici,’moderati’, integralisti, fondamentalisti, sciiti, sunniti -, gli Occidentali siamo sempre infedeli: con cui si può trattare, fare affari o combattere approfittando anche loro di rivalità e contrasti fra “infedeli”. Questo è il normale gioco diplomatico: in cui ragioni e interessi si intrecciano, coincidono o collidono. Il resto, sono le paranoie di chi vuole la distruzione dell’Occidente in nome della pace garantita dalla religione in cui la pace significa SOTTOMISSIONE: e appunto, il cerchio fra verità e menzogna si salda come il coperchio di una bara nel nome dell’Islam.
    NO ALL’ISLAM!

  6. Paco

    Esilarante lapsus del Presidente ucraino golpista Poroshenko che un’intervista alla televisione ICTV dichiara: «Ognuno chiaramente comprende il ruolo della Russia come fattore destabilizzante lo Stato Islamico (ISIS) in Siria, In Ucraina, in molti posti». Signori e signore, Poroshenko compara l’Isis all’Ucraina. L’idiota svela i piani della NATO, la più grande organizzazione criminale del pianeta.

  7. Andrea Tedesco

    Per quanto ci riguarda, Assad, in questo momento, e’ il male minore, non un sant’uomo. Sostenerlo e’ una buona idea ADESSO, ma non significa che lo sara’ automaticamente anche domani. Appoggiare Osama Bin Laden contro i russi in Afghanistan sembrava un’idea intelligente, ma un giorno, l’11 settembre del 2001, gli USA se ne sarebbero pentiti.
    Questo approccio, pero’, non e’ esclusiva degli USA. Putin sta dando l’impressione di non voler distinguere all’interno del’islamismo e di trattare tutti “democraticamente”, alla luce delle conseguenze tragiche dell’illusione di poter distinguere tra islamisti sunniti più o meno estremisti, errore in apparenza compiuto dagli USA, che hanno cercato di usare Al-Nusra (Al-Queda) contro Assad e l’Isis.
    Questo non significa che, però, la pericolosa strategia di fare distinzioni al fine di dividere ed indebolire i propri nemici, o di usarli contro altri nemici(Divide et impera)non sia mai stata impiegata, o sia stata completamente abbandonata anche da Putin.
    I suoi alleati sciti, Iran ed Hezbollah, sono, infatti, islamisti come i loro corrispettivi sunniti, con cui condividono l’odio verso coloro che chiamano “miscredenti”, e, in effetti, l’operazione militare russa contro l’Isis oggi viene portata avanti avvalendosi anche della collaborazione dell’Iran e di milizie islamiste scite iraniane ed Hezbollah.
    Persino Obama, ha dato l’impressione di voler utilizzare contro l’Isis, oltre che islamisti sunniti giudicati “meno radicali”, anche gli islamisti sciti, con le sue aperture e concessioni verso il regime iraniano e i suoi programmi di sviluppo dell’energia nucleare (e della bomba atomica).
    Domani, una volta fugato il tremendo pericolo rappresentato dall’Isis, con l’aiuto degli islamisti sciti, in cambio di concessioni e benefici economici e armamenti, potrebbe essere necessario affrontare una minaccia forse persino più grave, stavolta posta da islamisti sciti, usciti rafforzati dall’indebolimento dei propri nemici sunniti e dalla ricompensa ricevuta in cambio del proprio aiuto.
    Forse domani potrebbe essere necessario fare i conti con islamisti sciti dotati di armi atomiche.
    Ritornando ad Assad, l’altro membro della coalizione “scita”, la Siria, pur rappresentando un regime laico, ha giocato un ruolo decisivo nell’alimentare la crescita dell’estremismo e del terrorismo islamico, di cui oggi è essa stessa vittima, nel conflitto civile in Libano e nella sua occupazione, e si è resa responsabile, nei panni del padre di Assad, di inauditi massacri ai danni della popolazione civile, come quello di Hama, in cui furono uccisi almeno 20.000 cittadini siriani.
    Vale la pensa di ricordarlo, solo per evidenziare come le scelte geopolitiche, inclusa quella dell’intervento russo in Siria, siano sempre determinate da ciò che è percepito di volta in volta come male minore e siano funzionali ai propri anche più che legittimi interessi contingenti, e futuri, ma solo fin dove sia possibile fare previsioni attendibili sull’esito delle proprie decisioni.
    E a proposito di salvaguardia dei propri legittimi interessi, senza nulla togliere all’utilità dell’intervento russo e alla nostra “incondizionata” approvazione per questa iniziativa, poichè la Russia di Putin non sta attaccando l’Isis solo ed esclusivamente per fare un favore all’umanità e all’Europa, ma anzitutto nel perseguimento di importanti interessi nazionali, sarebbe stato molto meglio se l’Europa fosse stata, una volta tanto, in grado di perseguire i propri interessi e svolgere questo lavoro.
    Parrebbe, invece, che l’allontanamento verso l’estremo del globalismo dalla posizione di attenzione prioritaria al proprio paese, alla propria cultura, alla propria storia e radici, ritenuta responsabile del nazionalismo che aveva portato ai conflitti mondiali, abbia parzialmente compromesso la capacità europea di identificare e salvaguardare i propri reali interessi.

I commenti sono chiusi.