
Siria, tra prove e controprove sulle armi chimiche l’unica certezza è che l’Onu arriverà tardi
Il rapporto Onu sull’utilizzo di armi chimiche in Siria non arriverà prima di due o tre settimane, ma ormai sembra contare poco o niente. Il Congresso americano deciderà se attaccare o meno prima delle conclusioni delle indagini anche perché, come dichiarato dal segretario di Stato americano John Kerry, l’Onu non può rivelare niente che non sia già stato scoperto attraverso le prove raccolte da Stati Uniti, Regno Unito e Francia.
ARMI CHIMICHE DEI RIBELLI. Ma proprio sulle prove non si ferma lo scontro tra le potenze mondiali e sui media. Ieri l’Iran, tra i principali alleati di Assad, ha rivelato di aver informato ufficialmente gli Stati Uniti a dicembre che i ribelli sono in possesso di «esemplari rudimentali di armi chimiche, compreso il Sarin». Gli Usa, afferma Teheran, non hanno mai risposto.
Sempre ieri Mosca ha annunciato di aver consegnato all’Onu 100 pagine di perizie in cui si dimostrerebbe che il 19 marzo, in un sobborgo di Aleppo, 26 militari e civili sono morti e altri 86 sono rimasti intossicati a seguito dell’utilizzo di un ordigno chimico «costruito artigianalmente con materiali non in dotazione all’esercito siriano».
PROVE TEDESCHE «RIDICOLE». Secondo il corrispondente a Londra della Stampa, Claudio Gallo, è debole la prova raccolta dai servizi segreti tedeschi, un’intercettazione in cui un esponente di Hezbollah, altro alleato della Siria, parlando al telefono con l’ambasciata iraniana, avrebbe detto: «Assad ha perso i nervi e lanciato i gas». Secondo la Stampa «tutto può essere, ma l’idea che un leader di Hezbollah abituato a muoversi sulle linee più spiate del mondo dica queste cose al telefono è abbastanza ridicola». Anche perché «l’ambasciata iraniana a Beirut è a Bir Hassan, vicino agli uffici di Hezbollah. Che senso ha usare la cornetta, quando per le cose delicate ci si può guardare negli occhi?».
L’ONU CONTA POCO. Infine non sono da sottovalutare le dichiarazioni del londinese Gwyn Winfield, uno dei massimi esperti di armi chimiche: «Se ormai è assodato che sono stati usati organofosfati, nessuno ha ancora dimostrato che si tratti proprio di Sarin», come invece sostiene l’America. E Gareth Porter, famoso giornalista investigativo americano, ha ripetuto più volte che «le prove evidenti» non le ha ancora viste nessuno e che «gli Usa in tutti i modi hanno cercato di impedire il lavoro degli ispettori Onu». Restano i dubbi, insomma. L’unica cosa certa è che gli Stati Uniti non aspetteranno le conclusioni dell’Onu per decidere se attaccare o meno, a riprova della scarsa importanza che le Nazioni Unite stanno giocando in questa partita.
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