
Siria. Padre Frans van der Lugt «ha vissuto come un santo. Il Vaticano dovrebbe riconoscerlo»

«Padre Frans è un santo, il Vaticano dovrebbe riconoscerlo». Ziad Hilal, sacerdote gesuita, ha lavorato nella città siriana di Homs insieme a padre Frans van der Lugt dal 2009 fino alla sua morte. Intervistato da Aid to the Church in Need, ha ricordato il modo eroico in cui ha accompagnato gli ultimi cristiani di Homs durante la guerra.
«COME POTEVO LASCIARLI SOLI?». Padre Frans è stato assassinato da un jihadista il 7 aprile 2014 a 76 anni, dei quali quasi 50 passati in Siria. Viveva nella città vecchia di Homs, sconvolta dalla guerra e in mano ai ribelli. Nonostante i consigli dei superiori, non aveva mai voluto lasciare il suo popolo da solo. «Sono l’unico sacerdote rimasto», disse in una delle ultime interviste rilasciate. «Qui c’erano decine di migliaia di cristiani, ora appena 66. Come potevo lasciarli soli? Il popolo siriano mi ha dato così tanto, tutto quello che aveva. E se ora la gente soffre, io voglio condividere il loro dolore e le loro difficoltà». Oggi la sua tomba, nella città vecchia di Homs, è diventata un santuario, meta di pellegrinaggio per i cristiani tornati nella città devastata.
L’ULTIMA TELEFONATA. Per padre Hilal, il missionario olandese ha vissuto «come madre Teresa»: «Ci siamo sentiti l’ultima volta due settimane prima che morisse. Gli ho detto: “Perché vivi ancora nella città vecchia di Homs? Tanti altri se ne sono andati, ma tu rimani”. Lui mi ha risposto: “Sono qui per proteggere la spiritualità cristiana in quest’area. Sono l’unico prete rimasto ormai”. Mi ha stupito perché padre Frans non parlava mai così. Era inusuale sentirlo menzionare la crisi in Siria così direttamente».
«HA VISSUTO DA SANTO». Spesso padre Frans riusciva ad accompagnare dei cristiani fuori dalla città vecchia. Allora padre Hilal lo incontrava e «lo incoraggiavo di venire a vivere vicino al confine ma lui diceva che doveva tornare indietro». Padre Frans «è un simbolo di riconciliazione per i cristiani e i musulmani». Il gesuita olandese infatti ospitava sia cristiani che musulmani in casa sua, «diventata presto un luogo di riconciliazione tra loro». «Ha vissuto da santo, il Vaticano dovrebbe considerarlo».
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