
Siria. «Cristiani, rimanete! Nonostante tutte le difficoltà, non emigrate!»

«Rimanete! Nonostante tutte le difficoltà, siate pazienti! Non emigrate!». È l’accorato appello del patriarca melchita di Damasco, Gregorios III Laham, ai giovani cristiani di Siria.
In una commovente lettera, inviata ad Aiuto alla Chiesa che Soffre, il patriarca denuncia la forte emorragia di giovani cristiani dalla Siria e dall’intero Medio Oriente. Un fenomeno che il prelato damasceno paragona ad uno tsunami e che pone in pericolo l’esistenza stessa delle comunità cristiane mediorientali. «Quale futuro resta per la Chiesa? – si domanda – Quale sarà ora la nostra patria? E cosa ne sarà delle nostre parrocchie e istituzioni?».
Come confermato dal patriarcato e da diverse fonti locali, il perdurare della crisi siriana spinge molti cristiani a cercare un futuro migliore all’estero. Almeno tre volte a settimana da due quartieri cristiani di Damasco partono dei pullman con a bordo venti o trenta ragazzi e adolescenti appartenenti alla minoranza religiosa. Una volta arrivati a Beirut, metteranno a rischio la propria vita su navi dirette in Turchia, per poi ripartire alla volta di un paese europeo. Altri in questi anni hanno invece raggiunto la Libia e si sono imbarcati alla volta di Lampedusa.
«Questa enorme ondata di emigrazione mette a rischio il futuro della Chiesa in Siria – continua il patriarca – e mi ferisce profondamente». L’esodo di cristiani è dovuto anche al fatto che molti degli scontri più feroci sono avvenuti in città dove la comunità cristiana era maggiormente presente, quali Homs e Aleppo. Secondo il patriarcato sarebbero almeno 450mila i cristiani sfollati in Siria o rifugiati all’estero. Il numero effettivo è probabilmente superiore, ma la delicata situazione del paese rende difficile ottenere stime esatte.
Incoraggiando i suoi giovani fedeli a rimanere in Siria, Gregorios III ricorda come in passato la loro comunità abbia saputo resistere e sopravvivere alla persecuzione. Come nel 1860, quando durante il conflitto tra drusi e maroniti, migliaia di cristiani sono stati uccisi e molte chiese della città vecchia di Damasco distrutte. «I nostri antenati hanno superato prove difficili, ma sono stati pazienti e coraggiosi. E così la Chiesa è potuta rimanere in Siria e perfino crescere».
Dall’inizio della crisi in Siria nel 2011, Aiuto alla Chiesa che Soffre ha donato oltre 7milioni di euro a sostegno dei cristiani siriani.
Nel febbraio 2015, la fondazione ha approvato 22 progetti (totale di oltre 2milioni di euro) per sostenere la popolazione cristiana in tutta la Siria e in particolar modo nei luoghi maggiormente affetti dalla guerra, come Homs, Aleppo e Damasco.
Tratto da Acs
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2 commenti
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Sono cose che in fin dei conti abbiamo già valutato con i copti. Risultato? Chiese copte ammirevolmente piene, tatuaggi con la croce e pizzerie che mostrano con orgoglio l icona di S. Giorgio tra l edificazione dei presenti. Ma laggiù non devono scomparire: sarebbe darla vinta ai musulmani.
Mi chiedo se sia un bene o un male che questi cristiani lascino le loro case per il nostro mondo: porteranno nuova linfa evangelizzatrice all’Europa miscredente o finiranno per perdere la fede integrandosi nelle nostre società? L’atteggiamento verso la religione di un cristiano arabo medio è distante anni luce da quello per esempio di uno scandinavo o di un olandese, sorgerebbero molte incomprensioni, senza contare i problemi nei rapporti con i musulmani in Europa con il rischio di esacerbare lo scontro qui tra noi.
Sicuramente sarà difficile ricostruire qui le proprie strutture ecclesiali anche se per esempio di recente è stata edificata una chiesa copta nei pressi di Venezia.
Questa emigrazione dei cristiani non è soltanto un “effetto collaterale” ma è voluta e desiderata dallo stato islamico perché meno germogli cristiani ci saranno in quelle terre aride più agevole sarà per i persecutori reciderli! I cristiani siriani e iracheni hanno in parte preso le armi e combattono fianco a fianco dei curdi (musulmani ma “laici”) ma non hanno lo spirito guerriero o sanguinario dei jihadisti e comunque ci vuole tempo per addestrare e formare una tradizione militare diffusa. “Occidente” se ci sei, batti un colpo!