Enrico Letta e la sinistra con l’elmetto

Di Emanuele Boffi
21 Aprile 2022
Il segretario del Pd è più preoccupato di "stare dalla parte giusta" o di trovare una soluzione al conflitto in Ucraina? Bisogna far politica, non discorsi da bar
Enrico Letta a Kabul, Afghanistan, 25 agosto 2013
Enrico Letta a Kabul, Afghanistan, 25 agosto 2013

Perché Enrico Letta ha deciso di tenere l’elmetto pigiato sulle meningi? Ci sono le belle idee e poi c’è la dura realtà. Se ne ha avuto riprova ieri leggendo la lunga lettera del segretario del Pd al Corriere della Sera nella quale auspicava la creazione di «una Confederazione europea, composta dai 27 Stati membri, dall’Ucraina e da Georgia e Moldavia, e poi da Nord Macedonia, Serbia, Montenegro, Albania, Bosnia e Kosovo». Letta plaudiva al fatto che l’Ucraina si sia candidata a entrare nell’Ue, che non voglia «soccombere alla dominazione russa» e che voglia «far parte dell’Europa unita».

Facciamo un bel comitato

Il problema è che tutto il resto della sua lettera era una lunga arrampicata sugli specchi per spiegare che ciò, al momento, non è possibile. In soldoni il Letta-pensiero era questo: l’Ucraina non ha gli standard richiesti per entrare nella Ue, si deve mettere in fila, già in passato abbiamo fatto l’errore di “far entrare tutti un po’ a casaccio” e ora ne paghiamo le conseguenze, è sbagliato oggi ingenerare false illusioni che ci si ritorceranno contro.

Tutto questo detto in parole grevi e sbrigative, che non sono quelle fumose del segretario Pd perché una simile ammissione farebbe a cazzotti – nella visione lettiana – con l’impegno morale a sostenere il popolo ucraino in tutto e per tutto. Da qui nasce l’idea della “Confederazione”, che non si capisce bene che cosa sia (una Ue che non è una Ue? Una semi-Ue? Una sala d’attesa pre-Ue?). Come diceva quello, “quando non sai cosa fare, fai un comitato”. Ecco, la Confederazione pare tanto un comitato.

Parole, parole, parole

È la solita vecchia discrepanza tra i desideri e la realtà. È vero che i primi sono spesso l’innesco dei cambiamenti della seconda, ma la loro assolutizzazione può portare facilmente a deragliare se non si fanno i conti con le possibilità di una loro realizzazione. Questo, in verità, lo sa anche Letta che, infatti, propone la “Confederazione” come foglia di fico per non ammettere quel che invece tutti sanno e che andrebbe detto con linguaggio di verità: al momento non si può far entrare l’Ucraina nella Ue. Sarebbe giusto, ma non è possibile.

E allora perché questi giri di parole? Dall’inizio del conflitto il segretario del Pd si è messo in testa l’elmetto e, così come i grandi giornali, dà una rappresentazione del conflitto in Ucraina che non porta a una sua interruzione, ma a un suo prolungamento.

Non basta stare dalla “parte giusta”

Corriere, Repubblica, Stampa e Letta paiono molto più preoccupati di “stare dalla parte giusta” che non di spingere i nostri governanti a trovare una soluzione alla guerra. Non che questa sia semplice, sia chiaro. Al momento, infatti, vie d’uscita non se ne vedono. Ma un conto è non vederle, un altro è non cercarle.

Intanto gli ucraini continuano a morire, l’invasione sciagurata di Putin non rallenta, ogni giorno ha il suo crimine tremendo. È tutto terribile e non v’è alcun dubbio che il presidente russo sia il responsabile non solo della situazione, ma anche della sua “non soluzione”.

La nota di Draghi

Detto questo, perché chiunque prema perché si cerchi una pace “giusta” per gli ucraini deve essere accomunato ai fuori di testa Canfora, Orsini o Pagliarulo? Si può essere filo-atlantici, filo-americani, filo-occidentali senza tenere l’elmetto in testa, cercando una difficile (difficilissima!) via d’uscita, come chiesto in gran solitudine da papa Francesco. Almeno provarci.

Anche Mario Draghi, che pure in queste settimane ha tenuto una linea fermissima di condanna contro l’invasione russa, l’altro giorno, dopo l’incontro con Biden e i leader di Germania, Gran Bretagna, Canada, Giappone, Polonia e Romania, ha diramato una nota ufficiale in cui, come notato da Avvenire, con una semplice omissione ha operato un distinguo. Nel comunicato si ribadisce il sostegno all’Ucraina, ma non si fa alcun riferimento alle armi, anzi, si sottolinea «l’esigenza di giungere quanto prima ad un cessate il fuoco per porre fine alle sofferenze della popolazione».

Discorsi da bar

Insomma, da un politico ci si aspettano meno prediche e più soluzioni o, perlomeno, un’analisi meno inverosimile della realtà dei fatti. Impegnarsi per una cessazione del conflitto non significa essere né arrendevoli, né equidistanti, né neutrali.

Da questo punto di vista, ha ragione il filo-atlantico, filo-americano, filo-occidentale Matteo Renzi a sostenere che «le esagerazioni verbali vanno bene al mercato, non nella politica estera. Putin è il colpevole, l’aggressore, il responsabile certo. Ma se credi alla politica estera trovi le soluzioni, altrimenti vai al bar e nella pausa caffè dici tutto ciò che ti passa per la testa. Qui c’è una guerra dove muoiono migliaia di persone. Uno dei contendenti ha pure le testate nucleari. […] Da esponente delle istituzioni non mi bastano le lacrime, cerco una soluzione. Se i contendenti non vincono la guerra, facciamo sì che l’Europa provi a vincere la pace».

Se non Renzi, almeno Prodi

Ecco, appunto. Perché l’europeista Letta s’è messo l’elmetto appiattendosi sulla posizione di Biden, anziché provare – con più forza di quel che ha fatto finora – a chiedere un intervento più deciso dell’Europa?

Ancora Renzi: «L’Europa non può diventare spettatrice dello scontro tra Usa e Cina, nella cui orbita fatalmente finirà la Russia se continua questo conflitto. Non voglio passare dal G20 al G2».

E se chiedere a Letta di seguire la “linea Renzi” pare troppo anche a noi, almeno faccia una telefonata al suo vecchio maestro Romano Prodi. Lui ha capito bene che si può essere filo-atlantici, filo-americani, filo-occidentali e, soprattutto, filo-europei senza calarsi l’elmetto in testa.

Foto Ansa

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