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«È indispensabile amare qualcosa», diceva a Tempi Sinisa Mihajlovic in un Te Deum del 2015, alla vigilia di una partita che, come diciamo pigramente noi giornalisti, lo metteva “a rischio esonero”. «Ho fatto due guerre, volete che abbia paura di essere esonerato?», dirà due anni dopo. «È indispensabile amare qualcosa», diceva Sinisa, che ieri è morto a 53 anni per una leucemia che quando gli fu diagnosticata, nel 2019, lo ha fatto piangere per due giorni – e noi quasi non ci potevamo credere, Mihajlovic il duro che piange – e che lui non ha voluto nascondere, senza però fare il martire e continuando a fare quello che amava di più.
L'amore di Mihajlovic per le sue squadre
Mihajlovic sapeva che l’unica cosa che salva la vita è amare qualcosa, qualcuno. E lui ha amato, terribilmente e profondamente. Ha amato la sua patria straziata dalla guerra civile, «la cosa peggiore di tutte», ha amato le squadre in cui ha giocato e quelle che ha allenato, amava gli amici, tutti, anche quelli politic...
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