Ora i sindacati se la prendono con il fondo per i disabili delle paritarie. «Questo è troppo»

Di Redazione
30 Novembre 2022
I 70 milioni contestati stabilizzano un fondo già esistente per garantire il diritto allo studio e al sostegno degli alunni con disabilità non solo nelle statali. «Ci sarebbero ben altri motivi per scendere in piazza», spiega Virginia Kaladich (Fidae)

«Negli anni l’ideologia contro le paritarie è stata responsabile di tante cose illogiche ma devo dire che una mobilitazione contro la stabilizzazione di un fondo che è destinato agli alunni con disabilità delle scuole paritarie è davvero troppo». Così Virginia Kaladich, presidente Federazione di Scuole Cattoliche primarie e secondarie (Fidae) commentando a Tempi l’annunciata mobilitazione di sindacati e studenti contro la manovra. L’accusa al governo è di aver destinato “70 milioni in più” per il 2023 alle paritarie, portando la dote di 550 milioni stanziati da Draghi a 620 milioni: «Per loro c’è una cifra esagerata, soprattutto considerando il taglio alla rete degli istituti. Nelle scuole paritarie si investe, in quella pubblica no», denuncia il segretario della Flc Cgil Francesco Sinopoli.

«Quando si investe nella scuola dovrebbero essere sempre tutti d’accordo – continua Kaladich -, perché si parla del futuro del nostro paese, ma quando si cerca di eliminare diseguaglianze e differenze che colpiscono alunni già svantaggiati, non ci dovrebbe essere nessun tipo di polemica. Questa visione purtroppo è figlia di tanta disinformazione, di prese di posizione che non tengono conto dei fatti ma di luoghi comuni difficili da eliminare, quelli che dipingono le paritarie cattoliche, ad esempio, come degli istituti riservati solo ai ricchi quando molto spesso, soprattutto in zone difficili, si tratta degli unici presidi educativi esistenti».

Ci ricorda a cosa era destinato il fondo di 70 milioni e quali sono i benefici?

I 70 milioni che vengono contestati non sono altro che la stabilizzazione di un fondo già esistente che permette agli alunni delle scuole paritarie di ricevere un trattamento che in questo modo si avvicina a quello previsto per gli alunni con disabilità che frequentano la scuola statale. In questi ultimi anni c’è stato un grande aumento di alunni con disabilità, e noi raccogliamo questo dato come una sfida e anche come un riconoscimento, da parte delle famiglie, del lavoro che facciamo sul campo, della dedizione di chi interpreta il ruolo di insegnante non solo come il responsabile della trasmissione del sapere ma come una figura di riferimento per ogni studente, un testimone che sappia accompagnare la singola persona, cogliendone le sfumature del carattere, i punti deboli e valorizzandone le capacità. E questo metodo è valido per ogni studente. Oggi ci sarebbero tanti altri motivi per cui scendere in piazza, ad esempio per chiedere che i docenti delle paritarie abbiano lo stesso trattamento dei docenti delle scuole statali, mentre assistiamo da anni ad un’ingiusta discriminazione, piuttosto che protestare per un riconoscimento giusto che è arrivato dopo anni di richieste da parte nostra.

La Stampa sottolinea che «Negli ultimi dieci anni le risorse sono state più che raddoppiate, visto che nel 2012 il capitolo delle “private” assorbiva 280 milioni di euro». L’Uds, l’Unione degli studenti, dice che «Non è accettabile che i soldi pubblici siano investiti per aiutare le strutture private invece di rendere accessibili quelle pubbliche». Ci si è già dimenticati che senza scuole paritarie lo Stato sarebbe rimasto in braghe di tela durante il Covid?

Sì, e aggiungo che durante il Covid la discriminazione nei nostri confronti ha toccato livelli molto alti, neanche un evento catastrofico come la pandemia ha azzerato le differenze, anzi, ogni volta che il Governo interveniva per sostenere la scuola, puntualmente escludeva dagli aiuti le scuole paritarie, come se famiglie, alunni, personale scolastico non avessero gli stessi problemi di tutti gli altri cittadini. Solo grazie a un costante lavoro di interlocuzione, anche grazie a tutte le altre sigle riunite, insieme alla Fidae, nell’Agorà della parità, siamo riusciti semplicemente a far arrivare qualche aiuto anti crisi ai nostri istituti. Tutto questo in un momento in cui tante famiglie non riuscivano o non volevano più pagare le rette. Ma non ci siamo mai dati per vinti, anzi, abbiamo da subito messo in piedi una vera didattica a distanza, che abbiamo poi trasformato in una prassi di riferimento valida per tutti gli istituti di ogni ordine e grado. Nello stesso tempo ci siamo attivati per una formazione continua che accompagnasse i docenti all’utilizzo dei nuovi mezzi, in modo che quello schermo non diventasse un muro ma si conservasse sempre una relazione tra insegnante e studente. Anche subito dopo il lockdown più duro ci siamo messi sempre a disposizione, anche per offrire le nostre aule e i nostri spazi alle scuole statali, in un momento in cui la distanza interpersonale era una condizione di sicurezza imprescindibile per riprendere le lezioni in presenza. E questo lo abbiamo fatto in uno spirito di collaborazione autentico, e perché ci sentiamo parte dello stesso sistema scolastico, così come la legge (la 62 del 2000) recita. Fanno sorridere i calcoli sul fondo destinato alle paritarie visto che sul bilancio statale, il costo per ogni studente iscritto nei nostri istituti è di 10 volte inferiore al costo del singolo studente iscritto ad una statale, e ciò significa, se vogliamo fare davvero i conti e guardare solo i numeri, che se le paritarie d’improvviso chiudessero, lo Stato si troverebbe ad affrontare una spesa enorme, oltre che a dover trovare degli spazi adeguati.

Questi temi sono stati anche oggetto della 77esima Assemblea nazionale della Fidae che si è conclusa qualche giorno fa a Roma con un messaggio preciso, anche per il nuovo Governo.

L’Assemblea è stata una tappa importante di un percorso iniziato già da qualche anno con l’ambizione di costruire la nuova scuola, per questo motivo abbiamo scelto un titolo impegnativo, “Riimmaginaiamo insieme il volto della futurità educativa” perché, come amava dire Giovanni Paolo II, il futuro inizia già oggi. La pandemia ci ha messo di fronte a nuove sfide che abbiamo imparato ad affrontare ma che non si esauriscono con la fine della pandemia perché la scuola che abbiamo lasciato nel marzo del 2020 non tornerà più. Le lezioni a distanza, ad esempio, sappiamo che non possono essere sostitutive di quelle in presenza ma certamente potranno essere usate in casi di emergenza e poi saranno utilissime quando si vorranno stabilire contatti con l’altra parte del mondo oppure quando ci sarà l’esigenza di esplorare luoghi e strutture difficilmente raggiungibili, si sono aperte possibilità vastissime, come quella il metaverso che è stato anche il tema di uno dei workshop più innovativi della nostra assemblea. Accanto all’innovazione e alla voglia di cambiamento naturalmente non può mancare il riferimento alle nostre radici cristiane, che non significa rimanere ancorati a vecchi modelli ma guardare al futuro con la sicurezza di avere un orizzonte ben definito, quello cioè dei valori cristiani, della presa in carico di ogni studente, della consapevolezza che la prima educazione avviene in famiglia ma poi è la scuola che prosegue questo compito importantissimo, accompagnando ogni studente e valorizzandolo nella sua unicità. Vogliamo fare nostro l’appello di Papa Francesco per costruire il nuovo villaggio globale dell’educazione dove tutti sono responsabili, famiglie, studenti, docenti, personale scolastico e istituzioni, affinché si educhino e si crescano buoni cristiani e buoni cittadini. E naturalmente avremo la possibilità di continuare questa nostra missione se finalmente sarà portata a compimento la legge sulla parità scolastica che aspetta da più di 22 anni di essere portata a compimento, al stabilizzazione del fondo di 70 milioni lo consideriamo un primo segnale che va nella giusta direzione e auspichiamo che questa sia la strada affinché l’Italia non si più il fanalino di coda dell’Europa e le famiglie abbiano davvero la libertà di scelta educativa.

Foto Ansa

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