
Simone: Devo mentire su Formigoni per uscire?

Venticinquesima lettera inviata a tempi.it da Antonio Simone, detenuto nel carcere di San Vittore a Milano. In coda trovate le precedenti missive. A Simone e alla situazione carceraria italiana è dedicato il numero del settimanale in edicola da domani.
Prigioniero della politica. Sono in carcere da tre mesi perché per i pm non dico “tutto”, cioè non confermo le loro ipotesi accusatorie.
Contro la legge, con un uso strumentale e folle di disposizioni reiterate solo grazie all’insipienza di un ceto politico e di un sistema giudiziario sempre in lotta col berlusconismo (che quindi tace), sono istigato continuamente a dire il falso (cioè che ho corrotto qualcuno) ed istigato al tentato suicidio come unica possibilità di risposta al sequestro della mia persona. La mia vita resta l’ultima arma disponibile per denunciare i metodi staliniani di odio politico che i pm usano in questo caso.
Io mi appello a quanti hanno ancora a cuore la libertà e il diritto come base della nostra società: politici, magistrati, istituzioni, società civile.
La tortura (perché il reato non viene introdotto nell’ordinamento?) è in questa fase la carcerazione preventiva trasformata in condanna preventiva su motivi inesistenti, sistema escluso dal nostro ordinamento.
Presto, utilizzando in maniera folle disposizioni giuridiche, chiederanno il processo immediato per raddoppiare i termini della custodia (condanna) preventiva (da 6 mesi a 12 mesi) per portarmi a processo in stato di detenzione, così rendendo più difficoltosa ogni mia possibilità di difesa: recuperare documenti, incaricare consulenti…
Tutto questo perché non accuso Formigoni, né Lucchina e tantomeno altri funzionari della sanità?
Se lo facessi, avrei detto “tutto” e potrei andare a casa?
Sono in attesa della fissazione di un ricorso in Cassazione, slittato di oltre 40 giorni per il ritardo del deposito delle motivazioni del tribunale del Riesame, che ha deciso in 48 ore di rigettare tutto e ha impiegato 40 giorni per dire perché.
Ora chiedo solo che ciò che a me è successo possa interrogare la libertà di ciascuno, avendo il solo coraggio di non nascondersi intorno ad un ruolo che non compete.
La giustizia non può essere sottoposta ad odio politico-ideologico e sarebbe troppo facile per ciascuno dire “io non sono così” per tacere.
Antonio Simone
Lettere precedenti:
24. L’autolesionismo e una domanda: perché fare il bene?
23. Il carcere può esser casa se l’orizzonte è l’infinito
22. Per le vostre preghiere ho vergogna e vi ringrazio
21. Il gioco dei 30, 50, 70, 100 milioni
20. Lo sciopero della fame, i cani e la spending review
19. Sciopero della fame. Appello da San Vittore
18. Che me ne faccio del prete in carcere?
17. In carcere l’Italia gioca in trasferta e comandano gli albanesi
16. Leggo Repubblica solo per capire se posso chiedere i danni
15. La mia speranza (cosa disse don Giussani nel 1981)
14. Ikea festeggia la condanna definitiva. Festa con incendio
13. «Che differenza c’è tra me e voi fuori? Nessuna»
12. «Sono di Cl non perché sono giusto. Ma per seguire una via»
11. «Amico, posso diventare anche io di Comunione e libertà?»
10. Gli scarafaggi, il basilico e l’urlo nella notte
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8. Cresima in carcere con trans. Sono contento
7. Repubblica mi vuole intervistare. Ok, ma a due condizioni
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5. La rissa e l’evirazione. Storie di ordinaria follia a San Vittore
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1. Lettera dal carcere di Antonio Simone. Con una domanda a Repubblica
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