Silvio Berlusconi e il carattere degli italiani

Di Emanuele Boffi
12 Giugno 2023
S’è opposto alle élite che volevano “fare gli italiani”, al partito degli onesti e dei nichilisti. Ha interpretato l’anima profonda del paese: popolare e cristiana. È morto oggi a 86 anni
Silvio Berlusconi
Silvio Berlusconi (foto Ansa)

Anche quando è diventato presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi – morto oggi al San Raffaele di Milano a 86 anni – ha continuato a rimanere un uomo privato, “il presidente del Milan più vincente di sempre”, l’imprenditore “che non ha mai licenziato nessuno”, l’uomo “col sole in tasca”, come amava dire lui.

Più che un Caimano, Berlusconi è stato un gaffeur e in questo tratto del suo carattere c’era un indizio per leggere una vita a suo modo piena e complicata come piene e complicate sono le esistenze degli uomini che segnano una fetta della storia. E, certamente, anche chi l’ha molto odiato e avversato non può non riconoscere questo: questo trentennio passerà alla storia come l’“era berlusconiana”, quella in cui un uomo privato ha determinato nel bene e nel male tutta la politica, la società e persino il costume del Belpaese.

Berlusconi l’intruso

La gaffa è il gancio con cui si estraggono dall’acqua i pesci di grosse dimensioni. Il “gaffeur” è dunque chi afferra le cose col gancio, combinando pasticci. Berlusconi è stato uno splendido gaffeur perché col suo gancio, sempre inopportuno, sempre sopra le righe, oltre ogni sorvegliata decenza, ha portato scompiglio nella paludata politica italiana. Proprio questa è stata la sua forza: essere altro e qualcosa di diverso dal consueto, dal consociativismo di destra e di sinistra su cui si fonda il nostro paese.

Il gaffeur Berlusconi è stato l’intruso che ha portato a scombussolare i piani del “come doveva andare” dopo la presunta rivoluzione giudiziaria di Mani pulite: era esito scontato che, morta la Dc, esiliato Craxi, sparito il pentapartito, a dominare sarebbe stata la gioiosa macchina da guerra degli ex comunisti e cattolici democratici. E invece. E invece Berlusconi. Il matto, il folle, l’estroso imprenditore ha continuato per circa trent’anni a fare grandi casini e a fare grandi cose, mischiando – perché, appunto, uomo privato è rimasto sempre – il personale col politico, le foto di Dudù con quelle con Bush e Putin, le barzellette con i contratti con gli italiani.

Non il migliore, ma il più umano

Uno dei più acuti lettori dell’era berlusconiana, Giovanni Orsina, ha scritto che per capire Berlusconi bisogna partire dall’unità d’Italia, cioè dal momento in cui un’élite si è messa in testa di “fare gli italiani”, cioè di imporre a un popolo fondamentalmente cristiano e contadino un modo di essere che quella gente non conosceva e di cui, in fondo in fondo, diffidava. La vera frattura che attraversa la nostra penisola non è, a ben vedere, tra destra e sinistra, ma tra le sparute minoranze che volevano “correggere” il carattere italiano per renderlo ora più azionista, poi più fascista, poi più comunista e il popolo che, in maniera perlopiù incosciente, tutte le volte che ha potuto, a queste élite si è ribellato, votando chi percepiva con incredibile fiuto essere non “migliore”, ma più umano e meno ideologico.

Berlusconi è stato questo, è stato il granello di sabbia nell’ingranaggio che ha mandato all’aria tutti i piani di chi voleva raddrizzare, ancora una volta, gli “italiani sbagliati”, uniformandoli a un modo di intendere l’umano e la vita che fosse conforme al potere di turno. E qui sta il paradosso più grande, perché se da un lato Berlusconi è stata la pietra d’inciampo al dilagare di un certo conformismo nichilista, dall’altro è stato l’inventore di quella tv che ha trasformato questo pensiero unico in palinsesto e mentalità comune.

Contro gli onesti e i nichilisti

Berlusconi ha inventato il centrodestra e la politica dell’alternanza, si dice, ed è senz’altro vero. Ma ancora più dovremmo dire che il Cavaliere ha semplicemente riconosciuto che c’era in Italia una maggioranza silenziosa che, sebbene fosse denigrata dai grandi media come retrograda e familista, tuttavia era quella meno ideologica, meno moralista e più pragmatica. Non chiedeva molto questa Italia: solo di poter vivere la propria vita senza che qualcun altro le imponesse pensieri e modelli di comportamento che sentiva estranei alla sua natura più profonda, semplice e cristiana.

Berlusconi è stato un po’ un anarcoresurrezionalista in stile amiconiano, pieno di casini ma con un senso del popolo che i suoi avversari non sono mai riusciti ad abbattere. Solo un gaffeur come lui poteva mettersi in testa di sfidare con un coraggio al limite dell’incoscienza poteri monolitici costruiti intorno a banche e procure. Solo un uomo esagerato in tutto poteva resistere per trent’anni a una persecuzione giudiziaria senza pari (88 processi in 25 anni), mettendosi contro il “partito degli onesti”. Solo uno come lui poteva tentare di salvare Eluana Englaro, mettendosi apertamente contro il “partito dei nichilisti”.

La sua eredità

Non ha lasciato eredi e delfini, ed è vero anche questo. Forza Italia è lui e senza di lui non si sa bene cosa possa essere e come possa mai reiventarsi.

Ma un’eredità più ricca del suo patrimonio, delle sue ville e delle sue squadre, il Cavaliere la lascia comunque agli italiani: ha dimostrato che c’è ancora spazio politico per chi voglia dare rappresentanza a quell’Italia che vuole lavorare, costruire e amare senza seguire i dettami dei preti senza Cristo e delle chiese senza Dio.

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