
Silvia Giacomoni sostiene che i cattolici non sanno interpretare la Bibbia. Quindi: «Meglio non averci a che fare»
La prima giornata della Fiera del Libro per ragazzi di Bologna è stata scenario di un vivacissimo incontro organizzato da San Paolo Editore per presentare l’ultimo libro di Pierdomenico Baccalario, Nella Bibbia ho incontrato. Oltre al popolare autore di romanzi per ragazzi, partecipavano all’evento, Giusi Quarenghi, scrittrice di libri per bambini e Silvia Giacomoni, vedova dello scrittore Giorgio Bocca e poliedrica firma di Repubblica, entrambe recentemente impegnate in operazioni di rilettura delle Sacre Scritture, che hanno condotto alla pubblicazione di due titoli: Io ti domando. Storie dell’Antico Testamento (Rizzoli) e La Nuova Bibbia (Salani).
Una certa ambiguità nell’impostazione dell’incontro ha fatto sì che la Quarenghi si sia limitata almeno in un primo tempo a parlare del proprio lavoro, mentre la Giacomini, abbia ritenuto opportuno recensire pubblicamente il libro di Baccalario, massacrandolo. Fin qui nulla da dire, perché la Giacomoni ha esercitato un suo sacrosanto diritto, ma presto il dibattito ha assunto i toni della polemica. La critica della Giacomoni, infatti si è rapidamente allargata a tutta l’editoria cattolica, rea di non essere stata in grado negli ultimi quarant’anni, «nonostante il Concilio Vaticano II», di trasmettere i testi sacri con la necessaria onestà intellettuale. Nel momento in cui poi qualcuno dal pubblico ha osato far notare alla signora Giacomoni, che forse i toni da lei usati erano stati troppo pesanti, ella ha generosamente esteso il suo disprezzo a tutto il “sedicente” mondo cattolico, con cui i fatti le confermavano «è meglio non avere a che fare». Come spiegare tanta acrimonia?
Partiamo dal libro. Questa uscita di Baccalario ha, in realtà sorpreso parecchio anche noi, che lo conosciamo bene come un autore estremamente prolifico, dotato di un istinto narrativo fuori dal comune, ben espresso nell’infinita serie di Ulisses More e della Bottega Battibaleno.
Non v’è dubbio che Baccalario nel raccontare i fatti della Bibbia sia ricorso al suo talento (lo si può solo invidiare!) e abbia applicato forse meccanicamente le sue solite (efficacissime!) strategie narrative, con un lavoro che la Giacomoni ha paragonato all’arte di impastar biscotti. Ogni paragrafo, infatti, è affidato alla voce di un personaggio (Dio, Adamo, i vari patriarchi e profeti, gli Arcangeli e poi Maria, Gesù e gli apostoli) che racconta in prima persona e usando il presente alcune scene del Libro dal proprio punto di vista e con un linguaggio tutt’altro che biblico, moderno, ma insieme rigoroso e, quando necessario, vagamente lirico o solenne.
«Quello di Baccalario» ha esordito la Giacomoni «è un libro molto gradevole alla lettura, ma non è la Bibbia» (e questo lo si evinceva anche dal titolo!). La scrittrice ha poi ironizzato circa il fatto che in copertina il nome dell’autore sia più grande del titolo (qui devo dire che il sospetto di una qualche ingerenza da parte del marketing l’abbiamo avuto tutti!), sui toni edulcorati (secondo, quello che la Giacomoni ha definito «il tradizionale oscurantismo della Chiesa che ha sempre nascosto il dolore ai bambini») e sull’enfasi attribuita alle scene d’azione, leve studiate per captare l’attenzione del lettore.
«La narrazione in prima persona e l’uso del presente» ha infine affondato la Giacomoni «oltre a tradire il testo originale, assecondano una visione distorta della realtà diffusa tra le nuove generazioni che ignorano il passato, hanno paura del futuro e vivono solo l’istante, mentre la scelta del Vangelo di Giovanni come riferimento e quindi il considerare Gesù quale figlio di Dio sin dall’inizio toglie il pathos».
Talune obiezioni sollevate dalla Giacomoni sono indubbiamente fondate e a queste si possono aggiungere diverse altre osservazioni. Ciononostante la furia iconoclasta della Giacomoni ci sembra ancora sproporzionata. Di fatto, il libro di Baccalario, con tutti i suoi limiti, opera nel solco buono del magistero cristiano, che tramanda non parole, ma fatti di cui qualcuno è stato per primo protagonista e testimone. Il cristianesimo è un incontro, è la Storia che continua a ripetersi di uomini incontrati da Dio, chiamati per nome, provocati. Chi ha sperimentato questa dinamica esistenziale non può non riconoscere nel libro di Baccalario almeno il tentativo di rappresentarla e mi stupisce che la signora Giacomoni, amica e seguace del cardinale Martini, cui lei stessa attribuisce l’origine del proprio interesse per la Bibbia, non abbia colto almeno questo aspetto positivo… Strano anche che a una persona della sua sensibilità, sia sfuggito che l’uso del tempo presente può essere utile a trasmettere la contemporaneità della Bibbia, dove vengono descritte dinamiche immutabili, che ciascuno di noi vive oggi, con la consapevolezza dell’Incarnazione, del fatto cioè che Cristo è presente e opera nella Storia. Per queste stesse ragioni il magistero della Chiesa per educare i giovani si è insistentemente servito delle vite dei Santi e senza “edulcorarle” più di tanto, per quello che mi ricordo pensando a certi affreschi e pale d’altare…
L’operazione ricorda piuttosto, quella compiuta sempre per San Paolo da Silvia Vecchini in Rabunì e nello splendido Myriam, con qualche evidente differenza. Baccalario non possiede né la cultura biblica e teologica che consentivano alla Vecchini di utilizzare termini in aramaico e accennare con naturalezza agli usi quotidiani dell’epoca, né la profondità di fede che all’autrice umbra ha permesso di cogliere nell’esperienza umana dei personaggi evangelici il dramma di un rapporto intenso col Mistero. Mentre la Vecchini, inoltre, si limitava ad alcune parti del Nuovo Testamento, Baccalario ha voluto coprire tutto il testo con inevitabili cali di tensione.
«L’intento» ha spiegato Baccalario «era quello di raccontare i fatti biblici ai ragazzi con gli strumenti che mi sono propri, operando scelte stilistiche mirate a risultare comprensibili e comunicativi (stiamo parlando di narrativa, non di esegesi vetero e neotestamentaria!) in risposta a un’esigenza di Infinito che ho colto per la prima volta il giorno in cui la mia figliastra mi ha chiesto se Dio fosse maschio o femmina. I bambini hanno uno straordinario senso della Giustizia, ma anche del Metafisico: ci dovremmo chiedere perché lo perdono strada facendo o, meglio, perché glielo facciamo dimenticare». A Baccalario abbiamo chiesto, infine, cosa in definitiva egli ha “incontrato” nella Bibbia: «Chiunque legga un testo sacro, cerca se stesso per scoprire di essere sacro. All’interno della Bibbia, nelle storie e nei drammi di questi uomini che sono entrati in rapporto con Dio, io ho trovato il mio volto».
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4 commenti
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Cosa posso dire da semplice fedele cattolico alla gentile Signora Giacomoni? Ci spieghi Lei con le parole e con gli esempi cosa e’ il vero Cristianesimo.
Secondo me a chiacchiere se la cava anche…
Gm tubini ha ragione, a chiacchiere se la cava, e’ un’esperta di cristianesimo……da salotto, che cristiana non e’, che pero’insegna a noi poveri fessi cristiani quello che dobbiamo fare e non fare.