
Lettere dalla fine del mondo
Siamo proprietà di Dio. Riconosciamolo o saremo condannati allo zitellaggio
Caro padre, ho da poco letto la sua risposta in merito all’educazione dei figli e alla vita di famiglia. Davvero stupenda. Va al cuore delle cose. In poche righe ha sintetizzato la risposta che si sarebbe dovuta dare già tanti decenni fa alle domande di tanti uomini e donne. Domande rimaste inevase, purtroppo. La risposta sbagliata è stata il 1968 con tutti i disastri e drammi che ancora viviamo. Sono un collaboratore di studio legale, ho 31 anni e guadagno 600 euro al mese. Allo stato attuale, se avessi una fidanzata, non potrei sposarmi. Viviamo in una società che fa di tutto per impedire che un uomo e una donna si sposino e possano educare i propri figli. Il processo rivoluzionario conosce fin troppo bene la potenza e la forza della famiglia e si adopera per sfasciare quelle già costruite e/o per impedire la nascita di quelle nuove. I figli, i giovani, sono carne da macello da sacrificare sull’altare della superbia. La superbia di chi, come diceva il beato Paolo VI, ha tolto Dio dal centro della vita per metterci se stesso.
Lettera firmata
Certamente non si può vivere con due cuori e una capanna. È una questione di realismo. Eppure anche se ci troviamo in una situazione miserabile non può essere che non ci sia un possibile cammino per vivere con dignità realizzando il disegno che Dio ha per noi. Parto dalla mia esperienza per dire queste cose. Un’esperienza che oggi mi vede protagonista nelle mani di Dio di un piccolissimo villaggio della carità. Un villaggio che abbraccia neonati, bambini e ragazzi, dove ci sono scuole, dove abbiamo costruito un ospedale, un policonsultorio e tre case per anziani. Usando un linguaggio mondano potrei dire un’opera da milioni di dollari e che per mantenersi ha bisogno di circa 100 mila euro al mese.
Un’opera per i poveri, per gli emarginati, per i vagabondi della strada, per ammalati terminali. Potremmo chiamarli, con un linguaggio blasfemo (che Dio mi perdoni!!!), la spazzatura del mondo. In questa situazione l’unica cosa certa è ciò che per il mondo è inconcepibile: la potenza della Divina Provvidenza. Ogni mese l’amore di Dio, che ci tiene sempre sospesi ma con lo sguardo fisso sul suo volto, ci dà lo stretto indispensabile per vivere. Ad esempio, a fine ottobre ci ha donato non solo lo stipendio per le 180 persone che qui lavorano ma anche per pagare i debiti con i nostri fornitori. Ora siamo a metà novembre e per la fine dell’anno servono 200 mila euro. Ma è un’opera di Dio, lascio a Lui la responsabilità.
Questa coscienza della Provvidenza Divina viene da lontano, dal giorno in cui si sposarono i miei genitori. Non avevano una lira, mio padre era appena tornato da cinque anni di guerra e mia madre era riuscita appena a prepararsi la dote. Si sono sposati con la sola certezza che il loro “sì” era un “sì” al disegno di Dio e non al loro progetto. Non avevano una casa né una stanza né un lavoro. La prima notte di nozze hanno chiesto a mio nonno una camera da letto: un’assurdità per la mentalità di oggi.
«Lui non turba la gioia dei figli»
O riconosciamo che siamo proprietà di Dio e che la vocazione al matrimonio o alla vita consacrata è Lui a darcela, o saremo condannati all’amarezza dello zitellaggio. È solo dentro questa coscienza di sé che nasce quanto ho scritto alcune settimane fa parlando di educazione. È una sfida radicale quella che siamo chiamati a vivere oggi. Vivendo con questa certezza non solo è ragionevole sposarsi ma anche conveniente, perché la persona risponde a una chiamata divina. Crediamo davvero nella Divina Provvidenza? Il compito che Dio ci dà è quello di vivere intensamente la realtà, nella certezza che attraverso di essa la Provvidenza ci indica il cammino dandoci tutto quello che ci serve.
Il dramma rimane, come può rimanere la vergogna e la sofferenza per i 600 euro al mese, ma la certezza che la vita è nelle mani di Dio ci riempie di quella pace che ci permette anche di mendicare. Quel mendicare che accompagna la mia vita, e che è lo strumento con cui la Provvidenza mi sostiene ogni giorno. Animo quindi, perché come dice il Manzoni: «Dio non turba mai la gioia dei suoi figli, se non per dargliene una più bella e più grande».
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