
Siamo Mr. Ennio o Mme verdurin?
«Mai epoca fu come questa tanto favorevole ai narcisi e agli esibizionisti». Ennio Flaiano: uno spirito senza patria. Lui stesso l’aveva intuito: «Io scrivo per non essere incluso». A oltre trent’anni dalla sua morte è ancora uno scrittore scomodo. E si capisce perché. Su Il Mondo scrisse: «Oggi il comunista è un partito conservatore e reazionario, che non vuol fare rivoluzioni e si accontenta che gli altri partiti lo credano capace di farle». Più incisiva la dura polemica con Togliatti: «Oggi leggo su l’Unità: i teppisti controrivoluzionari, riferito agli insorti di Budapest. è un’inesattezza, professore!» replica Flaiano a Togliatti. «Abbiamo già sentito un linguaggio simile, nel ‘44, quando gli Ss parlavano di “delinquenti badogliani”, per riferirsi agli assassini delle Fosse Ardeatine come hanno fatto i fratelli della Pace, gli allevatori di colombe, i piantatori di ulivo, i dialoghisti aperti ad assumere quel linguaggio che è proprio e soltanto degli aguzzini!» (Il Mondo, 20.11.1956). Geniale la sua idea per combattere il comunismo: «basterebbe che il ministro della Pubblica Istruzione istituisse il comunismo come materia scolastica obbligatoria». E già un anno prima del ‘68, nel Diario degli errori, Flaiano sospetta che l’intellettuale e la cultura dominante in Italia non abbiano il profilo delle povere vittime del fascismo – democristiano ieri, berlusconiano oggi – che ci raccontano da oltre trent’anni giornali come l’Unità o il Manifesto. Per Flaiano il comma 22 della dittatura culturale in Italia è che «Se sei comunista puoi essere un imbecille ma se non sei comunista sei un imbecille».
I cretini sono pieni idee
Flaiano era estraneo alla seriosità dei profeti del futuro, dei sognatori di “sistemi perfetti”, dei teorizzatori del sociale. Nell’Autobiografia del Blu di Prussia descrive la funzione dell’intellettuale: «L’intellettuale deve sempre proporsi la verità delle cose. E, se è un artista, quale compito immane lo attende? Non può farsi servo di questa massa, ma nemmeno abbandonarla». Altro è l’intellettuale che Flaiano fulmina in un’intervista a Giulio Villa Santa: «Lei sa benissimo che oggi ogni cretino è pieno di idee». L’utopia e l’ideologia sono degli alcol forti. La via del ritorno alla realtà? Scrive Flaiano, «La via non può essere che l’amore, ma non l’amore canino, cinico: l’amore assoluto, totale. L’amore che comincia da sé e va verso gli altri, che comprende i giorni, comprende il tempo che abbiamo vissuto, comprende gli amici che ci hanno abbandonato, che sono morti, comprende le persone che abbiamo conosciuto, comprende anche le persone che non conosciamo».
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