Sì, la famiglia ha dei nemici e riconoscerlo vuol dire agire

Di Marco Invernizzi
10 Agosto 2020
Un grande studioso come Donati scrive di «potenti forze collettive, impersonali, artificiali», che influenzano le persone anche sulla scelta di sposarsi e fare figli o meno. Dunque è tutto vero

Articolo tratto dal numero di agosto 2020 di Tempi. Questo contenuto è riservato agli abbonati: grazie al tuo abbonamento puoi scegliere se sfogliare la versione digitale del mensile o accedere online ai singoli contenuti del numero.

C’è una frase nel Rapporto 2020 del Centro internazionale studi famiglia del maggiore studioso italiano su questo tema, Pierpaolo Donati, che merita attenzione: «Potenti forze collettive, impersonali, artificiali, influenzano sempre più le decisioni delle persone che non hanno gli strumenti e le risorse per prendere decisioni meditate. Per lo più, i soggetti decidono di fare famiglia sulla base di motivazioni provvisorie, contingenti, poco trasparenti a loro stessi, sulla base di identità mobili e fluttuanti».

L’affermazione non è scontata. Anche nei migliori ambienti, per esempio in gran parte del mondo cattolico, pochi credono che la famiglia abbia dei nemici e molti pensano che la crisi della famiglia in Occidente sia conseguenza delle difficoltà economiche e non invece anche da «una guerra mondiale contro il matrimonio», come ha detto papa Francesco nel 2016.

Una guerra esiste perché qualcuno l’ha dichiarata e la porta avanti. Sempre Donati scrive di «una rivoluzione sessuale iniziata negli anni Sessanta del secolo scorso che ha comportato un profondo cambiamento nelle relazioni di gender, e quindi una ridefinizione di tutti i rapporti familiari». Le rivoluzioni non nascono da sole, ma quando vi sono uomini che le progettano e poi cercano di realizzarle. Così è avvenuto anche per la famiglia. 

Lottare in Parlamento e nel paese

Rendersi conto che la famiglia ha dei nemici non la fa uscire immediatamente dalla crisi, ma ha delle conseguenze. Per esempio significa denunciare l’ideologia gender, quello «sbaglio della mente umana», per usare sempre le parole del Pontefice, che mette in discussione la natura sessuata della persona; significa denunciare le politiche degli Stati che non aiutano le famiglie, soprattutto quelle numerose che si oppongono alla drammatica crisi demografica in corso. Capire che la famiglia ha dei nemici significa attirare l’attenzione dei genitori sui programmi scolastici dei figli, sulle letture proposte a scuola e su quello che guardano in tv, significa battersi in Parlamento e nel paese perché non passi quella proposta di legge sulla omotransofobia che ha come scopo di indurre preti ed educatori, genitori e catechisti a tacere la verità per timore di essere processati per un reato di opinione, come ha bene spiegato la Cei.

Rendersi conto che la famiglia ha dei nemici significa non trascurare il fatto che sempre di più il compito è educare alla verità sull’uomo e testimoniare la verità della famiglia mostrandola incarnata nella vita di due coniugi. È diabolico contrapporre la necessità di un grande lavoro educativo per contrastare la crisi della famiglia e il suicidio demografico in corso al dovere di opporsi con tutte le forze al disegno di legge Zan sulla omotransfobia. È diabolico sostenere – come fanno anche alcuni cattolici – che ci si deve occupare dei singoli perché ormai le famiglie sono decostruite. Bisogna fare l’una e l’altra cosa, insieme.

Indicare i nemici della famiglia significa dare una spiegazione del disprezzo diffuso verso la famiglia e così comprendere perché un terzo dei giovani non vuole sposarsi e un quarto non vuole avere figli, dato che questi giovani sono cresciuti dentro una cultura che disprezza la bellezza della famiglia; significa spiegare il perché le leggi contro la famiglia (e la vita) sono state portate avanti da alcune forze politiche e combattute da altre.

Nessuna illusione, solo speranza

Se la famiglia ha dei nemici, chi vuole difenderla deve fare qualcosa per promuoverla, deve smettere di dare per scontata la sua esistenza perché oggi la famiglia ha bisogno di ciascuno di noi, delle nostre preghiere, dei sacrifici e della testimonianza che sapremo dare in suo favore, del nostro impegno culturale e politico combattendo chi la vuole emarginare o addirittura distruggere.

Niente illusioni: come scrive Donati, «stiamo entrando in una società post-famigliare». E tuttavia non bisogna perdere la speranza: partendo dalla consapevolezza di essere minoranza, gli amici della famiglia sanno di essere nella verità e di rispettare la natura delle cose. Sulla distanza, i nemici della realtà creano solo disperazione e odio sociale e molte persone cercheranno di uscire da una società diventata invivibile. Gli amici della famiglia ci saranno, pronti ad accoglierle e a restituire loro la speranza perduta.

Articoli correlati

0 commenti

Non ci sono ancora commenti.