
Serie A, giusto che paghino i tecnici per le scelte avventate dei presidenti?
Galliani, tienitelo stretto. Allegri non starà certo incantando col gioco del suo Milan, vulnerabile e fragile quanto una provinciale, ma se la dirigenza rossonera si ostina a dargli fiducia e a non mandarlo via un motivo c’è. Al di là delle assenze di alternative concrete (eccetto l’ipotesi suggestiva Guardiola, Inzaghi è ancora troppo inesperto mentre Delio Rossi poco adatto) c’è un dato che appare evidente da queste prime giornate di campionato: i cambi di tecnico in corso d’opera non rendono.
DEL NERI COL GENOA NON SA VINCERE. Le ultime scelte dei presidenti di Serie A in questa direzione si sono infatti rivelate di rado felici, con sostituzioni mai capaci di dare una nuova impronta alla squadra. Un esempio su tutti, il Genoa: da quando sulla panchina dei liguri si è seduto Del Neri i rossoblù non sono riusciti a fare neanche un punto, totalizzando 5 sconfitte consecutive e scivolando all’ultimo posto in classifica. All’ex-tecnico di Juve, Samp e Atalanta, va detto, bisogna dare tempo: è uno stratega che ci impiega un po’ per far conoscere il suo modo di giocare quadrato ai suoi giocatori, e certo non è facile per lui prendere in mano una squadra non costruita secondo i suoi parametri e di punto in bianco portarla a giocare con uno schema diverso. La verità sta qui: tante volte il cambio di tecnico diventa la soluzione adottata dai presidenti per tener buona la piazza, e scaricare sul “poveretto di turno” gli errori fatti dalle dirigenze stesse in tempi estivi. Viene da chiedersi, ad esempio, che senso avesse puntare a luglio su un mister come De Canio: tecnico mai del tutto convincente, suonava strana la sua conferma dopo la salvezza sofferta dei rossoblù.
PALERMO: PROBLEMI IN PANCHINA O ORGANICO SCADENTE? Mentre il Pescara aspetta di conoscere il nome del quinto allenatore subentrato in questa stagione di Serie A dopo la fine dell’idillio con Giovanni Stroppa (ma qui è stato lui a dimettersi), a Palermo si medicano le ferite dopo il pesantissimo 3-0 patito ieri a Bologna. La scarsa pazienza di Zamperini aveva portato all’esonero di Sannino dopo sole 3 giornate (1 solo punto fatto), e i 10 punti in 10 partite fatti da Gasperini sono illusori, e relegano i siciliani in piena zona retrocessione. Anche qui pesa tanto la campagna acquisti non brillante portata avanti a luglio e agosto, quando hanno lasciato la Sicilia giocatori come Silvestre, Balzaretti, Migliaccio, Bacinovic. Quella dell’estate 2012 è forse la campagna acquisti peggiore in questi 8 anni di Serie A, e, a parte il sempreverde Fabrizio Miccoli, il resto della squadra non brilla troppo per rendimento e reti.
CHIEVO IN CERCA DI SE?. Con gli stessi punti dei rosanero c’è il Chievo, che ha affidato la guida della squadra il 2 ottobre scorso ad Eugenio Corini, subentrato a Mimmo Di Carlo. Quest’ultimo aveva totalizzato solo 3 punti in 6 partite, niente in confronto a quanto raccolto in 7 match dal suo sostituto, che ha portato in cascina 8 punti frutto di due vittorie, due pareggi e tre sconfitte. Ma in campo un cambio di gioco non si è visto particolarmente, in una squadra che soffre per scarsa incisività davanti (Pellissier inizia ad avere i suoi anni, Rigoni è spesso infortunato e Di Michele sta rendendo sotto le aspettative) e dietro pare perforabile in ogni dove (è la peggiore della categoria). Anche qui, è vero, si lavora con i soldi che si hanno: ma come si possono imputare a Di Carlo le colpe di questa disfatta?
PROBLEMA STIPENDI. L’unica squadra che fa eccezione è il Cagliari: Pulga e Lopez hanno portato in Sardegna 4 vittorie e 2 pareggi in 7 partite, bottino che vale una tranquilla posizione di metà classifica alla squadra di Cellino. Ma anche se si guarda ai cambi di panchina della scorsa stagione il mantra non cambia: l’Inter passava da Gasperini a Ranieri per poi finire a Stramaccioni arrivando però solo sesta, Cosmi tentava i miracoli a Lecce ma non riusciva ad andare oltre il terz’ultimo posto, il Novara giocava con le figurine Tesser e Mondonico senza però cambiare veste, mentre la Fiorentina continuava ad deludere nonostante Mihajlovic avesse lasciato il posto a Delio Rossi, col triste epilogo del suo schiaffone a Ljiajic che tutti ricordiamo. La verità è che di rado il cambio in panchina porta i suoi frutti, specie in un momento in cui le rose dei club italiani contano pochi talenti. In più, tante volte i contratti degli allenatori allontanati rimangono sul conto spese delle società: ha senso andare avanti a pagare un mister in tempi di crisi economica (anche nel calcio) come adesso?
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