Se son verdi fioriranno

Di Bugliani Vincenzo
24 Marzo 1999
Diario congressuale del leader degli ambientalisti fiorentini. Che va agli stati generali degli ecologisti, si candida a portavoce nazionale, perde rovesciando i tavoli degli slogan ma ottiene che anche senator Manconi si schieri con i fautori della sussidiarietà

Al dunque della finale verifica numerica le mie posizioni “filocattoliche” hanno avuto il 3% dei consensi. Il che mi suggerisce una curiosa analogia: io sto ai Verdi come i Verdi stanno agli elettori italiani. Se ne può ricavare qualche riflessione sulle possibilità della nostra crescita. Il 62% dei consensi è andato a Luigi Manconi (un po’ meno di un consenso che s’era profilato più massiccio e sarebbe stato imbarazzante); il 20% a Gianni Tamino, europarlamentare del Veneto, rigoroso difensore a Strasburgo della ricchezza del creato contro animali e piante transgeniche; 15% a Laura Marchetti che, del tutto imprevedibilmente, per proprio successo tutto assembleare, ha aggregato una notevole simpatia verso un divertente strampalato discorso su base di sincretismo di letture arruffatissime, fatto di anarchia infantile e femminismo dionisiaco. Laura era stata responsabile per i temi ambientali nello staff di Prodi al tempo del pullman.

Ma ovviamente leggere il Congresso dei Verdi attraverso questo esito è ingiusto. Perché di novità importanti dal mio punto di vista ce ne sono state. Ci sono state, a parte la mia voce minoritaria, nella relazione di Manconi, al punto tale che non è stato facile conservare fino in fondo separata la mia differenza. In un discorso di 1 ora e 40 minuti, Manconi ha avuto l’abilità di inglobare sostanzialmente tutte le esigenze espresse in un mio documento mutuandone anche espressioni e movenze. Il culmine è stato quando ha rivendicato espressamente e con forza il principio di sussidiarietà e ha polemizzato contro lo statalismo e il rifugio inconscio nella eticità dello Stato.

Ma sono stati i passaggi che hanno lasciato più fredda l’assemblea, la quale forse non era in grado nemmeno di capire. Le parole “comunità”(un mio slogan era “più comunità meno Stato”) e “persona” hanno avuto più occorrenze di “società” e di “individuo”. Spostamenti lessicali che dislocano l’orizzonte, anche se ancora non comportano scelte.

Sabato pomeriggio, un deputato verde d’antico prestigio e potere, che si dichiara credente, mi rimproverava di aver sollevato un problema (il rapporto col cattolicesimo e dunque col patrimonio etico del nostro popolo) che era da tempo risolto perché lui in un dibattito con Rodotà su La Repubblica si era dichiarato contrario all’aborto. Il giorno dopo onestamente ha riconosciuto che il mio intervento era condivisibile.

Insomma voglio dire che le condizioni sono cambiate, non tanto per il sancito pluralismo interno ai Verdi (fino ad oggi comunque è apparsa solo una omogenea anima radical-sociologista), quanto perché le tensioni di ricerca e le domande di senso (per questo aspetto io avevo ripreso una dichiarazione di Giovanni Paolo II) sono state ufficialmente riconosciute e individuate, pena il solipsismo e l’autodifesa funambolesca. Se son rose fioriranno.

Un altro momento importantissimo si è avuto con l’intervento di Anna Procacci, stimata e non isterica animalista, forse anche lei responsabile di qualche sciocchezza, come la campagna a favore di pellicce di plastica. Anna, rispondendo alla deprimente povertà di argomenti di Emma Bonino a sostegno di biotecnologie e alimenti transgenici, ha facilmente contestato che questa sia la via per rispondere alla fame nel mondo. Poi, alludendo a una recente dichiarazione della ministra Verde Laura Balbo, ha messo in dubbio che esista un diritto alla maternità. Da qui si comincia a ragionare. Se poi i cattolici dei paesi ricchi daranno ascolto all’appello del Papa a contrastare il disastro ecologico del pianeta (di cui ha anche indicato con lucidità le cause), potrebbero scoccare scintille e sollecitazioni aperte a grandi speranze.

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