
Se il povero vuol essere globalizzato
Altro che “pensiero unico”: sulla famosa globalizzazione, sui suoi effetti, sui benefici e gli inconvenienti, le opinioni a questo mondo sono più diversificate di quanto ci vorrebbero far credere. Con punte paradossali, come quando si scopre che la maggior parte dei ricchi si mostra convinta che la globalizzazione economica non sia un buon affare per i poveri, mentre i poveri pensano esattamente il contrario! Il dato in questione emerge da Global Public Opinion on Globalization, l’indagine demoscopica planetaria presentata nel febbraio scorso al World Economic Forum di New York. Si tratta di un sondaggio condotto fra 25 mila abitanti di 20 paesi del mondo (fra cui tutti quelli più popolosi: Cina, India, Stati Uniti, Indonesia, Russia, Brasile, Nigeria, ecc.) sui temi della globalizzazione, coordinato dalla Environics, il più noto istituto canadese di sondaggi, e realizzato nei vari paesi fra l’ottobre e il dicembre del 2001 da altrettanti istituti locali (in Italia Eurisko). Come può accadere che la maggioranza dei cittadini dei paesi ricchi (il 62 contro il 33%) sia convinta che i paesi poveri non beneficeranno veramente della libera circolazione delle merci, mentre gli interessati pensano esattamente il contrario (il 52% di essi contro il 38)? Forse per una certa ipocrisia delle opinioni pubbliche di alcuni paesi industrializzati: alla domanda se la globalizzazione inciderà positivamente o negativamente sull’economia nazionale, la maggioranza dei francesi e dei giapponesi risponde propendendo per la seconda ipotesi. Perciò quando vogliono difendere i poveri dalle “ingiustizie” della globalizzazione economica non risultano esattamente sinceri.
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