
«Se gli studenti che oggi accusano Kavanaugh domani saranno giudici, lo stato di diritto è nei guai»

Brett Kavanaugh non insegnerà più alla Harvard Law School. Lo ha annunciato l’università, il vicepresidente della Corte Suprema di Washington non terrà più il corso “The Supreme Court Since 2005” previsto per il primo semestre del prossimo anno. Kavanaugh, laureato a Yale, tiene un corso all’anno ad Harvard dal 2008 e c’è da preoccuparsi se i primi a chiedere con forza di non trovarselo più davanti sono stati professori e studenti dei due templi della giurisprudenza americana.
LA LETTERA
Alla fine infatti, più di prove e udienze, sembrano aver contato maggiormente gli oltre mille professori di diritto che hanno firmato una lettera, presentata il 4 ottobre al Senato degli Stati Uniti, in cui si chiede di non confermare la nomina di Brett Kavanaugh alla Corte Suprema. «Il temperamento giudiziario è una delle qualità più importanti di un giudice. Come spiega il Congressional Research Service, a un giudice si richiede “una personalità imparziale, cortese ma ferma e dedicata a un processo, non a un risultato”», si legge nella lettera, pubblicata dal New York Times.
È STATO SCORTESE
Secondo i professori Kavanaugh ha risposto alle accuse di molestie sessuali di Christine Blasey Ford in modo «intemperante, incendiario e parziale, ha interrotto e, a volte, è stato scortese con i senatori». Dodici anni da giudice federale evidentemente non bastano a dare prove di “temperamento giudiziario”, tuttavia, come fa notare il Wall Street Journal, se ci fosse un temperamento a dover preoccupare i professori dovrebbe essere quello dei loro studenti.
NON CI SENTIAMO SICURI
Appena nominato giudice da Trump, a luglio, centinaia di alunni e docenti di Yale hanno firmato una petizione in cui si sosteneva che la nomina di Kavanaugh rappresentava «un’emergenza», una minaccia che violava il diritto degli studenti a «sentirsi sicuri». Quando le accuse di Christine Blasey Ford sono diventate pubbliche, a settembre, gli studenti di legge di Yale hanno denunciato la «cultura del campus che privilegia il potere e il prestigio alla sicurezza e al benessere».
BISCOTTI RASSICURANTI
Quando il New Yorker pubblicò il resoconto sulla presunta condotta di Kavanaugh, matricola a Yale, gli alunni scrissero una lettera aperta a sostegno di «tutte le donne che hanno subito aggressioni sessuali, non solo a Yale, ma attraverso Paese» e l’Office of Student Affairs distribuì biscotti per rassicurare gli studenti, «stiamo pensando a voi».
GLI UOMINI POTENTI
Per non essere da meno, gli universitari Harvard, dopo la pubblicazione, sono usciti dalle classi indossando spille con la scritta “I Believe Christine Blasey Ford”, il rettore ha annunciato «stiamo supportando i nostri studenti nell’affrontare questi problemi», circa mille ragazzi hanno quindi firmato una petizione sostenendo che la presenza di Kavanaugh nel campus mandasse questo messaggio alle studentesse: gli uomini potenti sono al di sopra della legge.
I SOPRAVVISSUTI
In una lettera al rettore, alcune matricole hanno affermato che consentire al Kavanaugh di insegnare avrebbe creato un «ambiente ostile per molti studenti, e specialmente per i sopravvissuti», in molti hanno anche presentato reclami sostenendo che la presenza stessa del giudice nel campus costituirebbe in pratica una molestia sessuale.
L’INDUSTRIA DEL RISENTIMENTO
Il mantra del #BelieveSurvivors, nota ancora il Wsj, è ormai diventato una pietra angolare dell’industria del risentimento dei campus alla ricerca isterica di un “safe space”, ma è contrario a tutto ciò che una scuola di legge dovrebbe insegnare: l’etichetta del “sopravvissuto” presume una conclusione che toccherebbe alle prove stabilire: l’accusato è certamente colpevole di un reato: «Questa generazione, questa élite di studenti di legge, diventerà un giorno giudice. Se rimangono fedeli alla logica del #BelieveSurvivors lo stato di diritto è nei guai».
PARTIGIANERIA
Tutta questa discussione sull’innocenza o colpevolezza di Kavanaugh «mi ricorda i tempi in cui le persone venivano accusate di essere comuniste e dovevano dimostrare di non esserlo», ha commentato al “Tucker Carlson Tonight” il liberal Alan Dershowitz, docente emerito all’Harward Law School e autore del best-seller The Case Against Impeaching Trump. Anche Dershowitz si oppone alla conferma del giudice, tuttavia si è rifiutato di firmare la lettera dei colleghi: tutta «partigianeria», ha spiegato, «immaginiamo se questo giudice fosse un liberale, nominato da un presidente liberale, accusato delle stesse cose. Non credo che qualcuno di quei docenti avrebbe firmato la lettera».
Foto Ansa
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