«Se fumi ti frustano, se ti tagli la barba ti frustano»

Di Redazione
05 Aprile 2016
Mosul. La Bbc ha raccolto le storie di chi è riuscito a sfuggire ai jihadisti dell'Isis: «Eravamo come in prigione»
In this Thursday, March 31, 2016 photo, Balkis, 15, embraces her father, Sheikh Matar, after being separated from him for over a year. Balkis stayed with her mother, younger sister, and two younger brothers in Islamic State group controlled territory after her father was forced to flee to the Kurdish north. They were able to come together when recent fighting between Iraqi forces and IS created an opportunity for them to escape late the previous night. (AP Photo/Cengiz Yar)

Centinaia di civili stanno scappando da Mosul, seconda città più importante dell’Iraq e capitale irachena del Califfato. Molti arrivano al checkpoint dell’esercito curdo, i Peshmerga, situato a Makhmur a 100 chilometri di distanza. La Bbc ha incontrato alcuni degli ultimi arrivati e si è fatta raccontare perché sono scappati dalla città che da due anni si trova in mano allo Stato islamico.

DIFFICILE SOPRAVVIVERE. «La strada è stata dura. C’erano mine dovunque e ci siamo persi molte volte», parla una donna interamente velata con in braccio un bambino di pochi mesi. «L’Isis ha anche cercato di catturarci ma noi siamo riusciti a scappare». In molti casi la fuga è dettata dalla mancanza di lavoro e dalla difficoltà di sopravvivere: «Sono un’insegnante ma a Mosul non ha più senso insegnare. Le scuole sono scomparse perché non ci viene più nessuno». Un ragazzo di circa 15 anni conferma: «Avevano aperto le scuole ma noi non ci andavamo per timore di essere rapiti, come accaduto a tanti. Non volevamo uscire di casa. Mio padre era preoccupato che mi accadesse qualcosa». Un’altra signora aggiunge: «Se gli uomini trovavano lavoro, percepivano uno stipendio minimo di 5.000 dinari (4,5 dollari, ndr). Come avremmo potuto andare avanti? La vita è dura, non c’erano soldi. Come potevamo anche solo comprare il cibo da mettere in tavola?».

«NON C’È FUTURO». Ma le difficoltà non sono le uniche ragioni per cui in tanti hanno deciso di scappare. «Non ci sono medicine, né ospedali, se vuoi farti curare devi pagare», precisa un uomo. «Ci sono troppe restrizioni: se fumi ti frustano, se ti tagli la barba ti frustano. Eravamo come in prigione. Le donne dovevano vestire il velo integrale, coprendosi da capo a piedi. Non c’è futuro a Mosul». Anche la «televisione è proibita: chiunque era trovato con un apparecchio in casa veniva giustiziato. Così anche noi abbiamo dovuto buttarla. Non sapevamo neanche che cosa succedeva nel resto del mondo».

10 PER CENTO. Conclude un padre di famiglia: «Tutti abbiamo due possibilità: scappare con il 90 per cento di possibilità di essere uccisi e il 10 per cento di farcela, o restare e morire al 100 per cento. Valeva la pena rischiare per quel 10 per cento, se fossi rimasto là sarei morto comunque».

Foto Ansa/Ap

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1 commento

  1. Rolli Susanna

    Corre voce che siano mantenuti economicamente questi di nero vestiti….ma dai, non ci credo!!

    “Chi non lavora neppure mangi” (S. Paolo)

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