Scuola libera? «Qui in America esiste perché vige il principio di responsabilità. Non comandano sindacati e burocrati»

Di Mattia Ferraresi
05 Maggio 2014
Charles Glenn, esperto mondiale di sistemi educativi: «Per arginare lo Stato serve un modello come le charter school statunitensi. I cattolici? Prima di combattere la secolarizzazione dovrebbero riflettere su cosa insegnano»

Si fa presto a dire libertà di educazione, principio a tal punto intoccabile quando ci si muove nello spazio senza gravità delle pure idee che anche la burocrazia sopranazionale non manca di ammetterlo nella Dichiarazione universale dei diritti umani, nella Convenzione europea per la protezione dei diritti umani e delle libertà fondamentali e in decine di incartamenti belli e fumosi. Si fanno più complicate le cose quando il principio deve tradursi nella pratica terragna delle decisioni politiche, degli ordinamenti, quando tocca contemperare diritti che confliggono, trovare compromessi e far precipitare concetti chiari e distinti come “autonomia”, “merito”, “responsabilità” e “qualità” nel complicato reame delle cose perfettibili. Per tacere poi dei delicatissimi rapporti fra Stato, società civile e mercato quando si tratta di educazione. Come dev’essere la scuola? Pubblica, privata, parificata, charter, mista, unica, plurale, religiosa, secolare, obbligatoria, for profit, sindacalizzata? Bisogna virare verso l’homeschooling, dividere i maschi dalle femmine, abolire i voti, imporre il grembiule?

Su queste traduzioni del concetto di libertà di educazione il consenso diventa irrimediabile divisione, ma anche potenziale propulsore di soluzioni alternative. Liberiamo la scuola, il recente pamphlet in cui Andrea Ichino e Guido Tabellini propongono di affidare le scuole pubbliche alla gestione di soggetti della società civile, sottraendole all’inefficiente Stato centrale – sul modello delle charter school americane –, ha attirato molti complimenti teorici e molto silenzio pratico. Perché fra sindacati, graduatorie, reclutamento centralizzato degli inseganti, burocrazia diffusa e l’immancabile retaggio moderno dello Stato che eroga servizi in modo esclusivo e con rigoroso spirito egalitario (e pazienza per la liberté), riformare l’immobile sistema scolastico, in Italia, è un’impresa che fa sembrare la soglia del 3 per cento nel rapporto fra deficit e Pil un obiettivo facilmente abbordabile.

Quando il privato è pubblico
Le idee ragionevoli e moderate di Ichino e Tabellini mettono il dito in una delle ruote principali del gigantesco ingranaggio scolastico, quella che riguarda i soggetti titolati a offrire un servizio educativo finanziato dal contribuente. Se nessuno è profeta in patria, i profeti bisogna cercarseli all’estero, e il modello delle charter school americane e delle grant maintained inglesi offre un’ipotesi esportabile, almeno a livello teorico.

Funziona così: un soggetto privato, di solito un’associazione di genitori, ma anche soggetti del terzo settore creati ad hoc, s’incarica della gestione di una scuola, dalla selezione degli insegnanti alla creazione dei programmi fino alla gestione tecnico-amministrativa. Non lo fanno però in un vuoto spazio di autonomia, ma attenendosi a rigorose linee guida fissate dallo Stato, il quale non esce di scena, ma gioca la sua funzione fondamentale nel ruolo di giudice e garante di questi istituti a gestione mista. Se una scuola supera gli standard statali riceve i finanziamenti pubblici che la tengono in vita, se non li supera chiude. L’autorità statale si occupa della concessione dello status di charter e della valutazione del servizio, ma non entra nel merito della proposta educativa né s’infila nella struttura organizzativa del singolo istituto.

Prendiamo ad esempio New York. Quando Michael Bloomberg è diventato sindaco, nel 2002, c’erano duemila studenti iscritti alle charter school della città, ora gli studenti sono 70 mila, con risultati di rendimento superiori alla media, specialmente nei quartieri più poveri, dove le charter non sono soltanto erogatori di conoscenze ma anche propulsori della valorizzazione di aree urbane difficili. Bloomberg probabilmente verrà ricordato più per i metodi spicci della sua polizia e per le paturnie paternaliste per salvaguardare la salute pubblica, ma il punto del programma su cui ha investito più tempo ed energie è quello scolastico, entrando in una guerra di logoramento con i sindacati degli insegnanti in una città che viene messa in ginocchio anche soltanto da un’agitazione sindacale dei guidatori di school bus.

Ora il suo successore, Bill de Blasio, animato da un senso dello Stato onnipresente e livellatore che non sfigurerebbe nell’Europa novecentesca, la guerra la sta facendo proprio alle charter school, che fra i benefici concessi dall’amministrazione cittadina avevano quello, nient’affatto secondario, specialmente a New York, dell’affitto gratuito dei locali. I sindacati gongolano, assai meno le famiglie che vedono nelle charter la possibilità di trovare un’offerta formativa adeguata alla loro visione del mondo, e ancora meno i gestori di un servizio cresciuto esponenzialmente negli ultimi anni.

GLENNChi vede nelle charter un modello positivo è Charles Glenn, professore di “Educational Leadership” alla Boston University, uno dei massimi esperti mondiali di sistemi educativi. Per vent’anni ha lavorato come funzionario scolastico nel Massachusetts, stato modello per il sistema scolastico, e ha condotto ricerche a livello internazionale sulla storia dell’educazione, la competizione fra modelli scolastici, il rapporto fra educazione e religione, la sociologia educativa e la giustizia sociale legata allo sviluppo del settore formativo.

La confidenza con certi termini della burocrazia scolastica italiana testimonia una profonda conoscenza del nostro sistema «messo in ginocchio dal modo rigido con cui vengono reclutati gli insegnanti». Con il libro Il mito della scuola unica (Marietti, 2004) ha smontato l’idea della scuola centralizzata e “one size fits all”, come dicono gli americani. In un recente articolo apparso sulla rivista Vita e Pensiero spiega che la libertà di educazione, per essere veramente tale, deve contemplare due diritti fondamentali, anche se non assoluti: il diritto dei genitori di scegliere «la forma di educazione che essi ritengono possa contribuire meglio alla crescita dei figli come esseri umani» e quello degli insegnanti di «lavorare in una scuola che riflette le loro convinzioni personali e professionali relative all’educazione».

In un’intervista con Tempi, Glenn spiega innanzitutto che le «scuole che funzionano sono come le famiglie che funzionano: non le puoi creare a tavolino, c’è un aspetto che sfugge al controllo dei politici, degli insegnanti e degli esperti di educazione» e contemporaneamente osserva che «l’Occidente sta vivendo una fase di creatività educativa».

Creatività? Dice sul serio?
Certo. Ci sono molte situazioni in cui chi è incaricato di scrivere le politiche scolastiche deve rispondere a genitori sempre più insoddisfatti dell’educazione dei propri figli. I dati Ocse testimoniano la generale debolezza dei sistemi educativi, e questo spinge verso il cambiamento, che non necessariamente coincide con un miglioramento, ma trovo che sperimentare forme diverse sia un bene, specialmente nei sistemi molto centralizzati.

In Italia tutta questa sperimentazione non si vede. Chi propone moderate interazioni fra pubblico e privato si trova, quando va bene, isolato dal dibattito.
Uno dei grandi problemi dell’Italia è che per qualche motivo le Regioni non si sono assunte le responsabilità della gestione del sistema scolastico, come previsto dalla Costituzione. Questo fa sì che le questioni fondamentali vengano decise a Roma, soprattutto per quanto riguarda il reclutamento degli insegnanti. Questo ha due conseguenze immediate: ostacola la crescita di scuole alternative a quelle statali, e fa un enorme favore ai sindacati, che non sto qui a ripetere quanto siano potenti. Trovo che questo vincolo centrale, che ha origini culturali antiche, costituisca la grande differenza fra il sistema italiano e quello anglosassone.

Quale dovrebbe essere il ruolo dello Stato nella scuola?
Voglio fare una precisazione: non sono un libertario, lo Stato non è il mio idolo polemico. Ho lavorato nel settore pubblico per vent’anni e credo fermamente che lo Stato abbia un ruolo importante e positivo. Ma deve essere un ruolo chiaramente circoscritto. Prendiamo l’esempio delle charter school: in quel caso lo Stato risponde al modello “tight-loose” (stretto-lasco, ndr), cioè è stretto nella valutazione ma lasco nella selezione del personale, dei programmi, dei metodi di gestione. In quel caso lo Stato trova il suo giusto posto, quello di garante e guardiano dell’efficienza di un istituto. Se una scuola non funziona deve chiudere, ma se funziona deve poter procedere in autonomia. Solo introducendo l’idea della responsabilità si possono ottenere questi risultati, e questo implica, ad esempio, un sistema pubblico che giudichi davvero le scuole.

Perché è così difficile esportare questo modello?
Due ragioni: una è quella sindacale cui accennavo prima. Gli insegnanti delle charter in America non sono obbligati a iscriversi a un sindacato, quindi si tratta di una minaccia per le Unions. E chiaramente i sindacati americani sono molto meno potenti di quelli europei. La seconda ragione è ideologica. Molti burocrati e politici sono contrari alla scelta fra varie alternative scolastiche, perché intacca il pensiero dominante, quindi ogni volta che si parla di rapporto fra pubblico e privato gridano alla svolta mercatista, alla mercificazione dell’educazione, al capitalismo selvaggio e ad altri spauracchi assai radicati fuori dal mondo anglosassone.

In America si parla molto di Common Core, i programmi scolastici standardizzati. Qualcuno trova questo modello, in cui un gruppo di tecnici decidono le linee guida, potenzialmente rischioso per la libertà di educazione. Cosa ne pensa?
Sono un sostenitore del Common Core, il che non significa che sia il migliore dei modelli possibili, ma dobbiamo renderci conto che ci muoviamo nell’ambito dei compromessi. La relazione fra gli standard e la libertà è il grande tema di riflessione in questo momento, e io trovo innanzitutto che avere linee guida uguali per tutti sia importante per chi è povero e per le scuole più disastrate, sarebbe un miglioramento decisivo per chi è ai margini. L’impatto sociale di una riforma non è mai trascurabile. Quello su cui insisto è che esista sempre la possibilità per le scuole di avere curriculum diversi ma equiparati allo standard, creando un sistema di eccezioni motivate, uno standard flessibile, che è praticamente un paradosso ma può funzionare.

Una schiera di professori cattolici vede annidarsi nel Common Core una certa idea dell’uomo e del mondo contraria a quella cristiana, secondo uno schema di “neutralizzazione” dell’educazione già visto altrove, dalla Francia della laïcité alla zapateriana “Educación para la Ciudadanía”. Le pare una preoccupazione reale e condivisibile?
L’ideologia può annidarsi ovunque, non c’è dubbio su questo. Ma l’idea, secondo me, è che i cattolici e tutti i gruppi religiosi, dovrebbero insegnare questi standard in un modo che riflette la loro “worldview”, hanno tutti gli strumenti per discernere e giudicare. Si può insegnare l’evoluzionismo senza aderire allo scientismo darwinista, come la legge olandese prevede con un escamotage che, secondo me, è un buon esempio di compromesso. In questo periodo sto studiano il modo in cui le scuole islamiche americane spiegano il concetto di cittadinanza, che è una grande sfida. Ma io non credo che il modo di risolverla sia eliminare la questione della cittadinanza dai programmi per non entrare in conflitto con l’identità religiosa della scuola. Le posso dire qual è la vera difficoltà delle scuole cattoliche, almeno in America?

Prego.
Uno studio importante, il Cardus Study, ha osservato che le scuole cattoliche hanno un enorme successo a livello accademico. L’incidenza degli studenti che una volta diplomati accedono alle università più importanti è altissima, così come il placement nel mondo del lavoro. Non dico che iscriversi a una scuola cattolica sia garanzia di successo, ma quasi. Il problema è che non hanno successo nell’educazione alla fede. Gli studenti tendono ad abbandonare la Chiesa in modo massiccio. Per gli evangelici è vero il contrario: le loro scuole sono peggiori, ma gli studenti rimangono legati alla Chiesa. Questo per dire che i cattolici devono fare un enorme lavoro sul contenuto della loro proposta educativa, sull’idea antropologica che comunicano. Sono pure d’accordo sulla battaglia contro la secolarizzazione forzata e i dettami del laicismo, ma forse bisognerebbe prima riflettere sul tipo di educazione che viene impartita negli spazi di libertà di cui attualmente le scuole cattoliche godono.

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28 commenti

  1. giuliano

    la falce e martello stampata sulle magliette dei fanatici pagliacci che presidiano il territorio 24 ore al giorno e 365 giorni all’anno, è il vero ostacolo ad ogni timida riforma. Il secondo ostacolo è l’atavica timidezza e soggezione che le persone normali (cioè non rosse) hanno dei fanatici rossi e non li affrontano mai, lasciando loro campo libero su ogni risvolto della vita

  2. filomena

    Non sono sicura che l’autonomia dei programmi scolastici e degli insegnanti sia un bene in assoluto per gli studenti perché si rischia di privilegiare le famiglie che già sono privilegiate economicamente.
    Detto questo su cui si può discutere, posto che questo approccio sia mutuabile in un paese profondamente diverso per cultura da quello americano, bisognerebbe essere prima di tutto sicuri che questa proposta ampli effettivamente l’offerta educativa.
    In Italia purtroppo dire scuola non statale significa scuola confessionale e questo mira ad ottenere maggior spazio per dare non pluralismo educativo ma solo una certa visione educativa di tipo cattolico a scapito dell’ampliamento dell’offerta educativa.
    E anche rispetto alla cultura religiosa come ebidemziaba l’intervista in America ci sono vari tipi di culto e in generale operano una specie di concorrenza tra loro che alla fine determina un peso minore a livello culturale. In Italia come del resto nella politica così anche nella formazione, siamo al muro contro muro tra una visione laica della vita e una confessionale, tra destra e sinistra, tra autoritarismo e autorevolezza e così via. Per queste ragioni credo che demandare ai privati l’istruzione non funzionerebbe.

    1. Michele

      Chi non vuole una scuola cattolica può già andare a quella statale. Esistono tante scuole private laiche.
      E poi, dov’è il problema? Dà fastidio la scuola cattolica perchè tale?

      1. filomena

        Il mio era un discorso più ampio che voleva paragonare il contesto americano dove si inserisce questa proposta formativa e il nostro che é profondamente diverso. Per questo credo che i risultati non siano scontati. In realtà da noi a livello di scuola privata ce ne sono pochissime non confessionali o perlomeno una minoranza rispetto a quelle laiche. Per avere una buona concorrenza che permetta di selezionare buoni risultati bisogna che questo tipo di proposta formativa sia sperimentata in realtà diverse. La scuola pubblica non c’entra perché avrebbe appunto requisiti diversi da questa sperimentale e quindi non potrebbe entrare nella concorrenza. Solo ad armi pari si vedrebbe chi vale come del resto é stato fatto in America altrimenti non sarebbe corretto.

        1. Cisco

          Filomena il punto non è la concorrenza (che certamente è più forte negli USA perché esistono più proposte educative), ma la libertà di educazione. Se in Italia prevale una certa cultura non è colpa, ma merito, di quel modello educativo. D’altra parte i risultati parlano da soli, anche negli USA. E chi si oppone utilizza gli argomenti di Shiva, cioè l’opposizione ideologica laicista e intollerante, che giudica la religione incapace di educare. Oltre ogni evidenza empirica, dagli USA all’Uganda alla Corea.

      2. filomena

        PS La scuola cattolica di per se é legittimata nella misura in cui rappresenta una possibilità formativa confessionale ma altrettanto spazio va dato alle altre realtà sempre in ambito privato. La scuola pubblica ha altre regole.

        1. Shiva101

          “una possibilità formativa confessionale” non è formativa, se è confessionale.

          Come fa a essere formativa se impone, per di piu in eta molto delicate, una cultura basata su ideologie e dogmi di una religione??

          Credo sia l’esatto opposto di quello che si intende con i termini educazione e formazione, anzi è un profondo pericolo per la società.

          1. Seminarista

            Shiva, pericolosa per la società è l’ignoranza espressa dal suo commento…

            La scuola cattolica, che non è confessionale (forse confondi con le scuole islamiche…), ispirata all’unico vero maestro che è Cristo, è in tutto il mondo un faro di civiltà e baluardo contro i totalitarismi.

          2. Giorgio

            L’educazione dei figli, per quanto concerne quelle che tu con supponenza chiami “ideologie e dogmi di una religione” non spetta allo Stato (e neanche a te), ma alle famiglie le quali, nei paesi che noi chiamiamo civili hanno il sacrosanto diritto e la conseguente possibilità economica di scegliere la scuola (pubblica o paritaria) che sembra loro più opportuna secondo le proprie idee e necessità.
            Se tu vuoi il totalitarismo e l’ateismo di Stato puoi andare in Corea del Nord o in qualsiasi altro paese liberticida che meglio si confà alle tue esigenze di ateo militante del cavolo, purché tu vada fora dai ball.

          3. Shiva101

            — “La scuola cattolica, che non è confessionale (forse confondi con le scuole islamiche…), ispirata all’unico vero maestro che è Cristo”

            Ti sei contradddetto all’interno della stessa frase complimenti!

            — “L’educazione dei figli, per quanto concerne quelle che tu con supponenza chiami “ideologie e dogmi di una religione” non spetta allo Stato (e neanche a te), ma alle famiglie”

            Altra contraddizione nello spazio di pochissimi caratteri.. state facendo una gara ?

            Se spetta alle famiglie allora spetta anche a me in quanto genitore!!!

            In realtà spetta SOLO allo Stato semplicemnte perche una famiglia non ha nessuna competenza per educare.
            Bsta pensare una coppia che ha appena 18 o 20 anni che educazione potrebbe mai dare??
            O genitori fondamentalisti islamici, fondamentalisti cattolici o quant’altro….

            La famiglia non da NESSUNA garanzia.

            Lo Stato garantisce un’educazione imparziale e obiettiva con cui crescere e formare la propria cultura attraverso le Istituzioni.

            Lasciate stare slogan stupidi come “ateismo di stato” che fate solo la figura degli immaturi, come i leghisti con “roma ladrona”.. slogan inutili che servono solo a fomentare l’integralismo.

          4. Seminarista

            Signor Shiva, le scuole sono cattoliche e sono ispirate al Vangelo e a Cristo che ha portato nel mondo pagano la libertà dei figli di Dio.
            Prima di Cristo le scuole erano per pochissimi eletti.

            I genitori liberamente scelgono di mandare i figli nelle scuole cattoliche nelle quali si riconoscono per fede e cultura (se sono cattolici) o alle quali riconoscono una capacità di istruzione superiore alla media (infatti molti cosiddetti “laici” mandano i figli nelle scuole cattoliche).

            Lo stato è al servizio delle persone e non ha alcun diritto di ingerirsi nel compito educativo che spetta ai genitori. Lo stato può e anzi deve aiutare i genitori a svolgere il loro compito nel modo migliore e solo in caso essi non siano in grado può intervenire per il bene del minore.
            Il compito della scuola è innanzitutto di ISTRUIRE e secondariamente di supportare i genitori nella educazione (ma non educando al loro posto o addirittura contro i genitori).

          5. Seminarista

            quali sarebbero le competenze dello stato?
            Lo stato è una istituzione umana al servizio del bene comune, la famiglia è una REALTÀ che esiste da quando esiste l’uomo.

            Prima la famiglia poi, molto dopo lo stato al servizio della famiglia.

            La sua mentalità statolatrica è molto pericolosa.

          6. Shiva101

            Le competenze sono degli insegnati, pedagoghi, psicologi ecc…

            Anche lo Stato è una REALTA!!
            Il concetto di famiglia è sicuramente antecedente ma ovviamente non ce’ntra nulla con quanto detto nel post precedente!

            Sei sempre piu in confusione.

          7. Tommasodaquino

            già ! gli insegnanti senza figli sono degli ottimi genitori… pardon educatori…
            lo stato è una realtà imposta. la famiglia è sempre una scelta. Dire che lo stato è un migliore educatore della famiglia vuole semplicemente dire che non conosce nè l’essere umano in generale perchè qualsiasi bambino da quando nasce ha bisogno di mamma e papà, può riscontrae il fatto che non glie ne frega proprio nulla della sua età. L’educazione è un rapporto non un problema tecnico-psicologico.

          8. Shiva101

            —“lo stato è una realtà imposta”

            Imposta da chi??
            Dalla societa cioe da tutti noi compreso TE.
            Stufia Educazione Civica.

            — “non conosce nè l’essere umano”
            Non conosco l’essere umano??
            mah…

            Secondo te puo educare meglio e puo dare maggiori garanzie la scuola con i suoi insegnanti o “Genny ‘A Carogna” in quanto padre (e speriamo usi sempre il preservativo)?

            Ripete come automi gli slogan dei movimenti cattolici.

        2. Seminarista

          Le scuole cattoliche o non cattoliche paritarie che tu erroneamente chiami “private” sono PUBBLICHE così come le scuole statali (statale è una parte del pubblico, non tutto il sistema pubblico: scuola pubblica statale e scuola pubblica non statale).

          1. michele

            Sei seminarista dove?

          2. Shiva101

            “Le scuole cattoliche o non cattoliche paritarie che tu erroneamente chiami “private” sono PUBBLICHE”

            Non sono poubbliche.
            Sono gestite da un’istituzione privata e sono a pagamento.

            E non sono nenache paritarie in senso stretto visto che è permesso di modificare i programmi scolastici.

            E come chiunque puo verificare su internet, offrono una qualita sensibilmente piu bassa rispetto alle scuole pubbliche.

            Sei chiaramente in malafede.

          3. Seminarista

            Shiva, sei chiaramente di una ignoranza molto elevata. Mi spiace per te che ti esponi al ridicolo.

            Confondi la scuola paritaria pubblica (cattolica o no) con le private che sono quelle per recuperare anni scolastici…

          4. Shiva101

            Ti sbagli parlo proprio di quella paritaria, paritaria cattolica che NON è pubblica, PRIVATA.

            Sei la dimostarzione di come il cattolicesimo deve sempre mentire e nascondere la verita, confondere le acque… proprio come il diavolo.

          5. Seminarista

            Siamo nel 2014… Sveglia! Sei rimasto fermo al 1800…

            Studia la legge italiana e vedrai che hai torto.

          6. Seminarista

            Sei chiaramente molto ignorante…

            Sono pubbliche perché appartengono al sistema scolastico nazionale che si divide in scuole pubblica statale e scuola pubblica non statale. Il diritto ad istituire scuole è sancito dalla Costituzione italiana ed anche il diritto al pari trattamento degli studenti.
            Sono pubbliche perché accessibili a tutti i cittadini. Lo scandalo è che la libertà di scelta non sia garantita. Chi iscrive i figli alla scuola pubblica non statale paga le tasse due volte.
            Inoltre la scuola pubblica non statale è molto più efficiente dal punto di vista economico, quindi converrebbe allo stato incentivarla.

            Tu confondi le scuole pubbliche non statali con le scuole private per il recupero degli anni scolastici…

            Le scuole cattoliche non sono confessionali, non si insegna teologia (come nelle scuole coraniche) ma sono ispirate ai princìpi del Vangelo e sono scelte dai genitori che per fede e cultura si riconoscono in esse, e da chi non cattolico iscrive i figli per la qualità dell’istruzione che vi trovano.
            Inoltre la scuola pubblica non statale ha una imbattibile efficienza economica rispetto alla scuola statale (depredata dai comunisti-progressisti).

            Lo stato non ha alcun diritto di ingerirsi nel compito educativo che spetta ai genitori ma ha un compito di aiuto e sostegno ai genitori. Nel caso essi non siano in grado di assolvere il loro compito può intervenire per il bene del minore.

            La funzione della scuola è ISTRUIRE non educare. L’educazione spetta innanzitutto ai genitori.

          7. Shiva101

            — “Sono pubbliche perché accessibili a tutti i cittadini.”

            Ahahaha anche il cinema è aperto a tutti i cittadini ma devi PAGARE per entrare!!

            — “Il diritto ad istituire scuole è sancito dalla Costituzione”
            Lo giudico sbagliato, perhce i beni primari non devono MAI essere affidati ai privati.

            Ad ogni modo è sancito SENZA ONERI PER LO STATO.

            Le scuola paritarie essendo PRIVATE succhiano sempre piu soldi, e grazie soporatutto alla destra lo fanno a scapito di quella pubblica.
            La scuola pubblica ha subito sempre piu clamorosi tagli mentre quella paritaria PRIVATA ha sempre goduto di maggiori privilegi sopratiutto ECONOMICI.

            Anche tu sei responsabile della distruzione progressiva della scuola pubblica.

            — “Lo scandalo è che la libertà di scelta non sia garantita. Chi iscrive i figli alla scuola pubblica non statale paga le tasse due volte.”

            Vedi che è privata!! La seconda volta è la RETTA spesso molto salata.
            Peggio per loro.

            — “Inoltre la scuola pubblica non statale è molto più efficiente dal punto di vista economico, quindi converrebbe allo stato incentivarla.”
            FALSO.
            Costa molto allo Stato e offre una qualita scadente.
            Cerca su Google “qualita scuola pubblica privata Ocse”.

            —“Tu confondi le scuole pubbliche non statali con le scuole private per il recupero degli anni scolastici…”

            No, non le confondo ti ho gia risposto neipost precedenti.

            — “Le scuole cattoliche non sono confessionali, non si insegna teologia (come nelle scuole coraniche) ma sono ispirate ai princìpi del Vangelo”

            Come vedi ti contraddici da solo.
            Inoltre in quele scuole si pratica la religione perche si dice messa, ci sono le “benedizioni” ecc…

            — “e sono scelte dai genitori che per fede e cultura si riconoscono in esse, e da chi non cattolico iscrive i figli per la qualità dell’istruzione che vi trovano.”

            La qualita è scadente ribadisco la ricerca:
            goolge “qualita scuola pubblica privata Ocse”

            — “Inoltre la scuola pubblica non statale ha una imbattibile efficienza economica rispetto alla scuola statale (depredata dai comunisti-progressisti).”

            Ancora?

            — “Lo stato non ha alcun diritto di ingerirsi nel compito educativo che spetta ai genitori”

            Ti ho gia dimostrato nei post precedenti come la famiglia non da NESSUNA garanzia e la responsabilita dell’educazione è principalmente dello Stato e al suo interno principalemnte della SCUOLA.

            —“La funzione della scuola è ISTRUIRE non educare. L’educazione spetta innanzitutto ai genitori.”

            FALSO, l’istruzione e la conoscenza sono la principale forma di EDUCAZIONE alla vita!!

            A voi cattolici interessa SOLO PROSELITISMO, ovvero sfruttare i ragazzi.

  3. Geremia

    Scuola e Magistratura sono stati ‘colonizzati’ dalla sinistra, e lo strumento usato è stato il sindacato (la CGIL Scuola e Magistratura Democratica).
    Due ‘gangli’ della società di fondamentale importanza, occupati proprio come auspicato ai suoi tempi da Gramsci.

  4. Massimo

    Ed infatti negli Stati Uniti esiste un vero e proprio aparteid della cultura sulla base della ricchezza. Un esempio pessimo assolutamente da evitare.

  5. Michele

    La foto con il corteo dei collettivi, coi ragazzi orgogliosi della falce e martello, la dice lunga sul perché, in questi anni, si è riusciti a fare poco o nulla per riformare la scuola. Si avevano oppositori cechi ed ottusi come quelli!

  6. Cisco

    Ottima intervista, mi pare chiaro che mancano gli educatori cattolici, anche se non ci si può basare solo su quanti abbandonano la fede una volta usciti da un college cattolico, dato che l’educazione cattolica accetta il rischio della libertà di scelta della persona.

  7. beppe

    una bella lezione, con sberle a destra e a manca. faranno male ma è quello che ci vuole per svegliare un elefante addormentato come la scuola italiana.

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