Scruton: un mondo senza Dio è impossibile. Ecco perché la missione dei “nuovi atei evangelizzatori” è destinata a fallire

Di Redazione
09 Giugno 2014
Per il filosofo il sacro è un «bisogno naturale» dell'uomo, qualcosa che si vive nell'esperienza. Una prova? La "resistenza" della religione sotto il comunismo

«La speranza dei nuovi atei di vedere un mondo senza religione è probabilmente vana come la speranza per una società senza aggressività o un mondo senza morte». Lo afferma Roger Scruton sullo Spectator. Secondo il filosofo britannico, gli atei sbagliano bersaglio quando pensano di poter estirpare la religiosità delle persone attaccando Dio. Infatti, spiega Scruton, il  bisogno del «sacro» è innato nell’essere umano ed è inestirpabile.

DIO NELL’ESPERIENZA CONCRETA. I nuovi atei, osserva Scruton, affermano che «non c’è spazio nella visione scientifica del mondo per uno scopo originario, e quindi non c’è spazio per Dio». «Oggi vanno oltre», spiega Scruton riferendosi agli atei “evangelizzatori”: «Ci dicono che la storia ha dimostrato che la religione è talmente tossica che dobbiamo fare del nostro meglio per eliminarla». Vedono la perdita della religione come «un guadagno morale». Ma secondo il filosofo «hanno sbagliato obiettivo». Essi infatti si battono contro un dio “astratto”, concettuale. Cercano di estirpare qualcosa che non appartiene alla gente comune. I fedeli comuni non vedono infatti Dio come un’astrazione, come una «risposta a una domanda cosmologica». Piuttosto, afferma Scruton, lo incontrano spesso nell’esperienza, «nello sforzo di vivere con gli altri», quando «si imbattono in momenti, luoghi, relazioni ed esperienze che hanno un carattere numinoso», dove cioè si avverte la presenza di qualcosa che non appartiene al mondo.

PERCHÉ CI SI AGGRAPPA AL SACRO? Ma «cos’è il sacro, e perché le persone si aggrappano ad esso?», si chiede Scruton. Secondo il filosofo britannico, «le cose sacre sono la “presenza reale” del soprannaturale, illuminato da una luce che risplende dai confini del mondo». Per comprendere cosa questo significhi, bisogna guardare all’esperienza e «osservare la trasformazione che il sacro effettua nelle nostre percezioni». «Una persona con un senso del sacro può condurre una vita consacrata, vale a dire una vita che è ricevuta e offerta in dono». Ciò è visibile, spiega Scruton, «soprattutto nei nostri rapporti con coloro che ci sono cari». Basti pensare a quante poesie sono state dedicate alla parola «Tu».  Questo, spiega Scruton, prova che l’essere umano ha bisogno «di essere assorbito da qualcun altro, di vedere il tu come una chiamata da oltre l’orizzonte sensoriale». «Questa esperienza», visibile nei rapporti con i propri cari e centrale nell’arte poetica, «non è accessibile all’indagine scientifica», osserva Scruton, infatti «dipende da concetti, come la libertà, la responsabilità e l’Io, che non hanno posto nel linguaggio della scienza. L’idea stessa di “tu” sfugge alle spiegazioni».

UN MONDO PIENO DI COSE SACRE. Partendo dall’esperienza quotidiana del sacro, continua Scruton, è molto più semplice vedere il mondo. «Se ci liberiamo del “burroso nulla” quando si tratta di piccole cose – sesso, immagini, persone – potremmo sbarazzarci di esso anche quando si tratta di cose grandi: in particolare, quando si tratta del mondo intero». «Dire che il mondo non è altro che l’ordine della natura, così come è descritto dalla fisica, è assurdo come dire che la Gioconda non è altro che una macchia di pigmenti». Ciò che si ha di fronte non è inquadrabile totalmente con il metodo scientifico, e «giungere a tale conclusione è il primo passo per comprendere come e perché viviamo in un mondo di cose sacre».

QUANDO LA VERITÀ ERA UN CRIMINE. Scruton ricorda che il comunismo tentò di estirpare la sacralità, ponendo «la visione scientifica del mondo a fondamento dell’ordine sociale, cosicché le persone furono considerate come “nient’altro che” la massa assemblata dei loro istinti e bisogni». In tali circostanze la gente non ha smesso di credere nel sacro. Piuttosto, ricorda Scruton, «viveva in un mondo di segreti», alla base dei quali c’era un segreto ancora più grande il «naturale bisogno del sacro». «Le vittime del comunismo – spiega Scruton – cercavano di aggrapparsi alle cose che erano sacre per loro»: la famiglia, la religione, la conoscenza. Questi, prosegue il filosofo, «erano i tesori consacrati, nascosti sotto le città profanate, e lì nel buio brillavano più luminosi».
Oggi, conclude Scruton, «viviamo nella luce vivida del benessere, e non è facile discernere le cose sacre, che brillano più chiaramente nel buio». Tuttavia per ricordarsi che quel bisogno di sacro c’è sempre nell’uomo, basta guardare «al passato, a quel mondo dove la verità e la fiducia erano crimini e l’amore una infrazione azzardata dal calcolo di routine».

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17 commenti

  1. Isabella

    Se il “tu” allora è alla base del concetto di sacro, cioè un orizzonte oltre al nostro, che ci permetta di appoggiare “fuori”da noi stessi il desiderio, la necessità intrinseca della trascendenza; ecco allora che l’ateismo, il riduzionismo, l’aspetto più intransigente della scienza come filosofia di libertà, ma anche la battaglia stessa di Satana contro Dio e contro l’uomo trova indispensabile togliere definitivamente “tu” inteso come altro e differente da te. E allora si spiegherebbe la incredibile accelerazione che sta avendo il processo di trasformazione di genere da maschio/femmina, da uomo/donna in un indefinito individuo uguale sempre a se stesso, dove l’orizzonte del tu scompare in nome di una finta e illusoria uguaglianza che appare equa e socialmente giusta….da qui il passo per distruggere il sacro e Dio sembrerà più breve…resisterà l’uomo a tanto?

    1. beppe

      fede e isa, grazie. cosa volete che ne capiscano delle vostre riflessioni quelli che vanno in estasi per l’avanzata dell’ateismo e non sanno più riconoscere i moti del loro animo. scruton è troppo alto loro. a loro basta un po’ di becchime e sono felici.

  2. Federica

    (scusate,concludo la frase)anche con la moneta del dolore.siamo tutti combattenti e dobbiamo sempre continuare a cercare,anche se siamo stanchi o a disagio.per me la Vita è fatta soprattutto per questo.

  3. Federica

    Secondo me,non è questione di stare meglio o peggio,è questione di Ricerca della Verità.che anche se approda a Dio non necessariamente fa stare meglio.anzi…a volte aver Fede significa patire maggiormente,percepire ancora più dolorosamente lo iato terribile tra realtà e giustizia.Io credo che nell’articolo si parli anche del senso “laico”del Sacro,se così si può dire.perché a volte non è nemmeno necessario credere per “sentire”che c’è un “Oltre da Noi”,che ci sfugge e che chi non ha una specifica Fede non riesce a definire…ma comunque lo “sente”.La cosa a cui io sono più legata è la certezza che non si deve aderire a un Credo o una concezione della vita e del mondo perché così si “sta bene”.Bisogna avere il coraggio di andare fino in fondo,cercare di non avere paura ed essere disposti a pagare la Verità(

  4. Giovanni Cattivo

    Cose dette e stradette. Credo che la novità dei nostri tempi sia proprio che un numero crescente di persone vive senza bisogno del sacro. E un numero ancora più grande se lo fabbrica da sé.

    1. beppe

      giovanni, sei così sicuro che questo modo di vivere che tu ” constati ” faccia vivere meglio quelle persone? il mondo è pieno di IDOLI e di gente nevrotica, depressa, disperata.

      1. Giovanni Cattivo

        E tu sei sicuro che prima la gente stava meglio?

        1. Giannino Stoppani

          Che c’entra il prima o il dopo?
          La questione in ballo è che l’uomo, a volte suo malgrado, è un essere religioso e quando lascia un dio se ne fa un altro, che si chiami sesso, denaro, potere…
          E’ una storia vecchia, ma voialtri ateonzi non la imparate mai.

        2. Raider

          Mi perdoni, Giovanni, ma, messa così, la discussione è su un binario sbagliato. Anzi, totalmente sbagliato. La felicità è una materia sfuggente. le condizoni della verità materiale sono un’altra cosa. Oggi, per es., fiori d’intellettuali assai à la page sostengono la Decrescita Felice: vede? Sempre la felicità, associata a cose di cui non sappiamo con sicurezza abbiano qualcosa a vedere con crescita illimitata o decrescita controllata o Rientro Dolce. quella teoria ultramoderna che ha stabilito che per la salvezza e senza dubbio, la felicità di Madre Gaia, tutti staremmo meglio se fossimo 500 milioni su questo pianeta: anche quelli in sovrappiù saranno d’accordo. Purchè, not in my backyard, la cosa si faccia non sulla pelle di ciascuno di noi. E il relativismo culturale e l’antropolgia strutturale ci hanno riempito la testa e manuali scolastici, da cui la lieta novella è debordata sui dépliant turistici con trekking alla Bruce Chatwin (chi se lo ricorda? Un genio, eh?, non un viaggaitore, ma un esploratore, uno scopritore delle cose che nessuno noterebbe… Bah. anche lui fa parte del paesaggio culturale che torna alla polvere), per cui il pensiero selvaggio sì, che era una gran cosa! Poi, però, si fanno corrompere dal progresso anche i monaci del Sikkim.
          Dopo la sfilza di assurdità che disciplinatamente tocca sorbirci, lei se la prende giusto giusto con la Chiesa che avrebbe ritardato lo sviluppo della scienza? Ma che dice! Sa che, alla vigilia delle famose Quattro Modernizzazioni di Deng Xiao Ping che hanno fatto della Cina il Paese che garantisce il debito americano, il Partito Comunista Cinese commissionò a studiosi, storici, filosofi, scienziati delle pià diverse branche della ricerca, di capire perché la rivoluzione scientifica e quella industriale fossero avvenute in Europa occidentale e non nella Terra di Mezzo? Perchè era incomprensibile, per loro tanto ritardo, tenuto conto che i cinesi si attribuivano il 50% almeno delle scoperte occidentali, ancora verso la fine del secolo scorso (e forse,anche adesso): carta, cartamoneta, stampa, polvere da sparo – ah. certo: ma senza imparare a controllare l’esplosione e a incanalare l’energia lungo la canna di un fucile o l’affuso di un cannone: e perciò le armi da fuoco furono le fra le prime e più richieste merci dai Figli del Celeste impero … E allora, perché le prima ciminiere fumarono altrove? La risposta fu che, tenuto conto dei fattori demografici, climatici, politici, dello sviluppo culturale, della disponbilità di risorse ambientali, ecc…, l’unica differenza fra l’Europa e il resto del mondo, non solo rispetto alla Terra di Mezzo, era che in Europa avevano avuto la fede cristiana. E del resto, l’operosità, tenacia, gusto del sapere degli ordini religiosi cattolici che erano fioriti in Cina erano la dimostrazione più eloquente dell’assunto.
          Sa, i comunisti, specie quelli cinesi, di tradizione confuciana e osservanza maoista, sono piuttosto seri. e lo sviluppo capitalista di Taiwan, dove un contadino guadagnava quanto dodici contadini della Cina continentale, era un elemenmto di sfida che rendeva spregiudicata la leggenderia elesticità dei funzionari imperiali/di Partito, quando la propaganda taceva, le cerimonie di massa com la Rivoluzione Culturale finivano (male, molto male) e cominciavano a saltare le teste. insomma, le cose i comunisti cinesi, ai più altio livelli, le prendvano con un acerta serietà. Per quanto questa attitudine pragmatica, spesso, risulti, a noi occidentali, indecifrabile, di loro penso che anche lei si potrebbe fidare.

          1. Raider

            Pardon: in luogo di ‘verità materiale’ leggasi ‘vita materiale’.

          2. Giovanni Cattivo

            Scusi Raider, ma allora perchè i cinesi hanno fatto di tutto meno che convertirsi? Hanno introdotto il capitalismo, lo sfruttamento, l’ineguaglianza, ma la religione no.

            Comunque (e qui rispondo anche a Stoppansky) la religione come la intendiamo noi non è esistita sempre e dappertutto. In Cina, Giappone, Africa tradizionale non è mai esistita quella che noi chiamiamo trascendenza. Gli dei/spiriti/orixà sono figure dell’aldiquà, non dell’aldilà , magari immortal, magari con poteri straordinari, ma non c’entrano niente con il Dio delle religioni universali. Come gli dei dell’Olimpo.

            La novità dei tempi moderni è che i non religiosi, neppure a livello sociologico cioè gente che non battezza i figli, non si sposa in chiesa e non va mai a messa, sono una percentuale significativa della popolazione. Ancora di più sono quelli che ricorrono al sincretismo, al cocktail di religione costruito sulle loro esigenze/convinzioni. E’ un escamotage antichissimo, solo che ora è stato sdoganat anche a livello personale e non solo collettivo.

            Mi spiace trattare questi interessanti argomenti con la superficialità che il luogo impone, spero che nello svolgerisi della discussione potremo essere più rigorosi

          3. Riader

            Necessariamente sintetici. I dati a disposizione dicono altro, Giovanni. Nonostante l’ateismo di Stato imposto con la propaganda massiccia e la repressione violenta di ogni espressione religiosa (un cartello apparso in piena Rivoluzione Culturale, a proposito della distruzione delle vestigia buddiste e della distruzione dei classici confuciani, recitava: “Compagni! Perché abbiamo paura di gente vissuta 2.000 ani fa?”); e nonostante l’eredità, come dici giustamente, di una religione che, per semplificare, si può definire naturalistica, la presenza cristiana è repressa duramente ancora oggi perché sembra acquisti sempre maggior seguito fra la popolazione, al di là delle divisioni etniche: gli Han (i cinesi propriamente detti, se vogliamo) riscoprono le ‘radici tradizionali’ e anti-occidentali col movimento religioso Falun Gong, anch’esso; gli Uiguri, di etnia turkmena o affine, sono islamici o si convertono all’Islamismo e non si lasciano reprimere, anzi, combattono anche lì: m il Cristianesimo è la fede più trasversalmente diffusa, in Cina. Mentre in Sud-Corea, le varie confessioni cristiane stanno per superare, se non lo hanno già fatto, il buddismo. In India, 300 milioni di dalit, sia pure per cause ‘socaili’, sembra vogliano convertirsi all Cristianesimo o all’Islam contro una religione, quella induista, che li emargina.
            Cè il caso del Giappone, ma parliamo non a caso del più occidentalizzato Paese asiatico. E quindi, veniamo a noi. Sempre per semplificare, se prendiamo gi U.S.A., gli Stati e gli strati sociali con un maggior numero di fedeli sono quelli che si riproducono di più: gli atei tendono a non riprodursi. Pare che i credenti abbiano una ‘spinta motivazionale’ in più. Non sono esperto in apologetica. Ma il quadro non è così definito come sembra da una prospettiva interna a una contesto che persegue una cosciente opera di sradicamento della religione. Gli effetti sono sotto gli occhi di tutti. E lasciamo perdere la felicità.

          4. Raider

            Naturalmente, è da leggere “C’è il Giappone”: ma pazienza.

          5. Raider

            E mi sono pure firmato Riader!.. A parte altre sviste… Non so come più posso scusarmi ancora.

          6. Giovanni Cattivo

            Mi sembra una lettura apologetica dei dati. Che smentisce al limite la strasmentita tesi che la modernità in tempi brevi avrebbe cancellato la fede (che è cosa diversa dalla religione) dalla faccia della tera sostituendola con il razionalismo.

            I cinesi sono un miliardo e mezzo, cosa vuoi che cambi se i cristiani passano da cinquanta a settanta milioni? Più interessante guardare le dinamiche interne alle confessioni cristiane: una volta in Cina i cattolici erano in maggioranza ora ci sono dieci protestanti per ogni cattolico. Ed è così dappertutto, le chiese evangeliche e pentecostali rubano fedeli al cattolicesimo in Africa, Asia e America Latina. In Algeria convertono anche islamici.

            Non è la stessa cosa se ad aumentare è una religione con una struttura imponente ed una tradizione culturale millenaria o dei movimenti carismatici, fluidi e a teologia minima. Mi sembra un segnale che ad andare in crisi non è tanto la fede in senso stretto, quanto la religione come fenomeno sociale organizzato che dà una identità alle popolazioni. Credo che la mobilità religiosa e anche la precarietà delle confessioni aumenterà in futuro, non so dire se globalmente ci saranno più religiosi o meno di oggi, ma di sicuro sarà diverso. E per il cattolicesimo questa è tutt’altro che una buona notizia.

            Dentro questo processo il pensiero laico e ateo si stabilizza come una delle alternative possibili. si può vivere senza aderire ad una religione nè a livello spirituale nè a livello sociale, cosa mai successa, a livello di massain tutta la storia.

          7. Raider

            Lettura apologetica, la mia, non mi pare proprio, visto che non ho interpretato dati come, invece, fa lei: cosa legittima, in sè: ma, forse, un po’ apologetica: e va bene lo stesso. Vediamo, però, che in Cina è ancora in vigore l’ateismo di Stato; da noi, diciamo, vige un ‘laicismo di sistema’ che aspira al ruolo di ‘laicismo di Stato’: una fede dai tratti più monolitici delle fedi rispetto a cui proclamare l’incompatibilità di principio: che non sembra, comunque, l’affermazione di un principio di libertà e tanto meno di maggiore libertà. La diffusione delle chiese protestanti dice di una mobilità che riflette una effettiva e oggettiva situazione di ‘fluidità’ in cui il bisogno di andare oltre l’orizzonte di un ordine sociale o un altro rimane una forza che non trova rappresentazione nelle forme e nel inguaggi politici, sociali, cultrali istitzuionalizzati: certamente, vale anche per le Chiese storiche, in primis, quella cattolica: ma questo richiede un discorso a parte.
            La ‘stabilizzazione dell’ateismo’ è – non voglio fare apologetica, è solo una constatazione, con acclusa una impressione del tutto personale – un fatto troppo recente, per potere autorizzare interpretazioni e proiezioni di qualche attendibilità: che dire? Fra alcuni secoli, si vedrà. Quello che si vede fin da subito, invece – senza voler stabilire correlazioni troppo strette e troppo nette, eventuali intenti apologetici a parte -, è che l’ateismo di massa sembra funzionale a una mentalità post-umana o trans-umanista in cui, se gli atei vogliono rispecchiarsi, si accomodino: non è detto nemmeno che tutti gli atei siano così contenti di riconoscersi nella forma in cui la non-fede o la fede del diversamente credente plasma l’immagine dell’uomo e configura il mondo. E in questo contesto, la libertà di religione, che vuol dire la presenza attiva delle fedi nello spazio pubblico, sono una garanzia di maggiore, non di minore libertà.

          8. Giovanni Cattivo

            A me il dato oggettivo mi sembra (interpretando ovviamente) che si è spezzato quel legame tra credo e identità che ha garantito alle religioni la loro lunghissima durata. La sociologa francese Hervieu Legier parla della fine di un mondo proprio perchè rileva lo spezzarsi di quella catena di memoria che è alla base della trasmissione di una religione. Se le nuove geenrazioni non si sentono legate ai riti e alle credenze, se non vanno a catechismo da piccoli e neppure all’oratorio, se non si sentono in dovere di sposarsi in chiesa anche se sono poco praticanti la religione diventa davvero precaria. Magari crederanno in qualcosa, magari saranno cristiani per un periodo, buddisti per un altro e genericamente teisti per un altro ancora, ma nessuna chiesa o confessione potrà mai contare su di loro.
            E’ questo a mio avviso il cambiamento epocale che interessa tutto il mondo, sul resto, laicizzazione dell’Europa compresa, vedremo.

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