
Sciopero generale dopo il massacro: il Sudan è un paese fantasma

«La partecipazione allo sciopero generale in Sudan ha superato le nostre più rosee aspettative». Ha parlato così all’Associated press l’attivista dell’Associazione professionisti sudanesi (Aps), Dura Gambo. «Lo sciopero terminerà soltanto quando l’esercito conferirà il potere a un governo civile ad interim», ha scritto l’Associazione in un comunicato.
Domenica la capitale del Sudan, Khartoum, sembrava una città fantasma: dovunque negozi vuoti e strade deserte. Lo sciopero generale è stato annunciato venerdì, dopo che all’inizio della scorsa settimana le milizie del gruppo paramilitare Rsf, legate all’esercito, hanno massacrato almeno 118 civili riuniti nelle strade della capitale per invocare l’instaurazione di un governo civile. Banche, negozi e aeroporti si sono ritrovati senza dipendenti domenica.
CHE COSA SUCCEDE IN SUDAN
Il panorama politico del Sudan è cambiato radicalmente l’11 aprile, quando dopo mesi di proteste l’esercito ha deposto il presidente Omar Al Bashir, al potere da 30 anni. Dopo intensi colloqui di pace le Forze armate, che hanno preso il controllo del paese attraverso un Consiglio militare di transizione (Tmc), avevano raggiunto un accordo con i manifestanti, guidati dall’Aps e riuniti nella Alleanza per la libertà e il cambiamento (Alc). L’accordo annunciato il 15 maggio, che prevedeva un periodo di transizione di tre anni e il trasferimento del potere a un governo composto da civili e militari, è stato però stralciato dalle forze armate, che hanno ordinato il massacro dei civili il 3 giugno.
«TOTALE DISOBBEDIENZA CIVILE»
Per l’opposizione «la totale disobbedienza civile è il modo più rapido per costringere i militari a restituire il potere al popolo». Almeno quattro persone sono state uccise anche domenica da gruppi paramilitari, scrive Le Monde, mentre oggi decine di lavoratori dell’aeroporto sono stati arrestati per non essersi recati al lavoro domenica, riporta la Bbc.
La situazione rimane tesa a Khartoum e a Omdurman, dove sono cominciate le proteste che hanno portato alla cacciata dell’autocrate Bashir. I militari hanno bloccato l’utilizzo di internet e anche la linea telefonica funziona solo a intermittenza.
SPIRAGLIO PER NUOVI COLLOQUI DI PACE
Il primo ministro dell’Etiopia, Abiy Ahmed, sta facendo pressioni sui militari perché tornino al tavolo dei colloqui. Il portavoce del Consiglio militare di transizione, Shams al-Deen al-Kabashi, ha dichiarato in televisione che le forze armate sono pronte a fare la loro parte: «Non abbiamo obiezioni, ma lo sciopero generale deve finire qui».
Foto Ansa
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