Scherzi da scout

Di Emanuele Boffi
04 Ottobre 2007
Fioroni ricorre contro la legge lombarda sulla scuola. Non è una beffa a Formigoni, è uno sgambetto al Pd del Nord

Racconta chi lo ha visto che la notte del 29 settembre Giuseppe Fioroni sia uscito dalla discussione sulla Finanziaria in Consiglio dei ministri esausto ma soddisfatto. S’è battuto come un leone, racimolando a destra e a manca euro preziosi per il suo ministero. Vecchia scuola Dc non inganna, il potere logora solo chi non sa fare le ore piccole. Ma un altro ex democristiano doc come Roberto Formigoni ha scelto di spruzzare un po’ d’inchiostro sulla pagella della volpe di Viterbo. «Abbiamo appreso in maniera clandestina – ha detto il governatore lombardo – della decisione presa in apertura del Consiglio dei ministri, su proposta del ministro Fioroni, di impugnare davanti alla Corte costituzionale la legge regionale 19/2007 sul sistema educativo e di istruzione e formazione, approvata dal Consiglio regionale il 27 luglio scorso». Il caso riguarda la riforma della formazione professionale cui la Lombardia ha messo mano, riuscendo a mettere d’accordo il centrodestra con l’ala moderata dell’opposizione. Tra i più sorpresi dall’arrocco del ministro, che aveva studiato a tavolino la mossa entrando in Consiglio dei ministri con l’idea già in testa, il reclamo già in mano e l’intesa con l’ala radicale già sottoscritta, ci sono i margheriti lombardi. Guido Galperti, segretario della Margherita locale, ha ammesso che «il ricorso è stata una sorpresa anche per noi». In aula la Margherita, con i Ds, si era astenuta dando di fatto il via libera alle proposte della giunta formigoniana, e ora si ritrova sbugiardata da compagni di partito «che – ha affondato Galperti – predicano male e razzolano malissimo». Non solo a livello politico a qualcuno è venuto il groppo in gola per la mossa di Fioroni. Formigoni era riuscito a trovare una mediazione e il consenso di 19 associazioni datoriali, 5 sindacati, 3 associazioni di dirigenti scolastici, 3 associazioni di genitori, 5 associazioni di scuole private, 6 associazioni professionali degli insegnanti, 3 associazioni dei gestori di centri di formazione professionale e dell’Ufficio scolastico regionale. Unica e significativa eccezione: la Cgil.
Da par suo, il ministro ha fatto intendere che l’agitazione del governatore fosse immotivata: «Formigoni sa bene che il ministro apprezza a tal punto i percorsi triennali della Lombardia da aver aumentato dell’80 per cento i finanziamenti». Ma gli uffici lombardi squalificano tale difesa a pura fandonia: «Il ministero non ha aumentato nessuna risorsa. Continua ad assegnare da anni gli stessi insufficienti fondi alle regioni: 53 milioni per tutte le regioni. L’aumento da 6 a 11 milioni delle risorse statali alla Lombardia non deriva da un aumento di risorse statali, ma solo dal riparto interno tra le Regioni, che ha premiato la Lombardia per il grande numero di iscritti ai percorsi triennali. La Lombardia spende 115 milioni di euro per questi percorsi, e in modo più efficiente dello Stato, perché il nostro costo-allievo è di 4 mila euro, contro i 7 mila dello Stato. Non riusciamo a soddisfare 30 mila domande di ragazzi perché lo Stato non ci trasferisce risorse adeguate. Non sono certo 5 milioni di euro che risolvono il problema. Per 30 mila allievi ci vorrebbero almeno altri 120 milioni, con un risparmio per tutti: lo Stato infatti per gli stessi allievi spenderebbe 210 milioni».
Intanto rimane il problema urgente di che cosa accadrà ai 30 mila allievi che partecipano ai corsi lombardi. Il problema è serio. Dall’entourage formigoniano si fa notare che diventa ora essenziale un pronunciamento rapido della Consulta. Se i tempi si facessero biblici e il parere non fosse espresso entro gennaio, scadenza per le preiscrizioni, molto facilmente i corsi lombardi rimarrebbero vuoti.
Intanto c’è tempo fino all’8 ottobre, data ultima per la presentazione del ricorso da parte del ministro alla Consulta, per far cambiare opinione a Fioroni. Pare che i più attivi sul fronte diplomatico siano Luciano Pizzetti, delegato al Nord del nascente Partito democratico, e il già citato e combattivo Galperti. Gli embrionali contatti con Roma sono ancora tutti da decriptare: le prime voci parlano di un’opposizione all’interno del ministero contro la legge lombarda. Così come da decifrare sono le frasi sulfuree che alcuni tecnici del dicastero avrebbero sussurrato a rappresentanti lombardi: un non meglio precisato scambio di “ritiro di ricorsi”. In sostanza si promette di non andare fino in fondo alla Consulta se la Lombardia ritirerà i suoi ricorsi presentati contro il governo in merito sempre a questioni scolastiche.
Mentre le rispettive truppe si posizionano (negli uffici lombardi già circolano bozze di risposte in punta di diritto all’impugnativa di Fioroni) continuano a fioccare consensi per Formigoni. La Confindustria lombarda ha parlato di «buona legge, attesa dalle imprese». La Uil ha diramato una nota per «rilevare con profondo disappunto come troppo spesso il governo Prodi abbia deluso le aspettative dei riformisti lombardi».

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