
Scalfaro mollato dagli ex amici nelle mani di Ingroia. Io non ci sto
Perché tutti hanno abbandonato Oscar Luigi Scalfaro nelle mani di Antonio Ingroia, senza dire almeno un “Non ci sto”? Almeno lei, procuratore Armando Spataro, che lo esaltò lealmente fino a ieri, commuovendosi alle lacrime quando a Novate Milanese lo affiancò in una memorabile conferenza; almeno lei si alzi a gambe larghe e dica: no pasarán sul corpo del mio amico ed eroe… Spataro forza, intervenga, lei che si recò a casa sua per chiedergli consigli (me lo riferì Cossiga). Boris Godunov ha letto le 22 pagine della memoria con cui il procuratore aggiunto di Palermo e del Guatemala chiede al gip di procedere per delitti terribili, tipo “minaccia a corpo dello Stato”, contro Mannino, Dell’Utri, il generale Mori insieme con Totò Riina e altri di qåuella risma. La “scellerata trattativa” – a leggere bene – ha sì come esecutori i citati personaggi. Ma compare due volte, come immenso burattinaio, Scalfaro. Era lui, secondo Ingroia, a decidere di spostare ministri e capi del Dap per salvare dal carcere duro, il 41 bis, centinaia di boss.
IL PARTIGIANO DELLA COSTITUZIONE. Naturalmente Ingroia non è sciocco, nasconde un pochino la mano. Scrive: «Per completezza (!), si segnala il ruolo di concorrenti nel medesimo reato assunto da altri uomini delle istituzioni oggi deceduti. Ci si riferisce all’allora capo della Polizia Vincenzo Parisi ed al vicedirettore del Dap Francesco Di Maggio, che, agendo entrambi in stretto rapporto operativo con l’allora presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro, contribuirono al deprecabile cedimento sul tema del 41 bis». C’è addirittura un capitolo intitolato “Il Colle”. Non lo titola “Scalfaro”, forse perché Oscar proprio come Ingroia amò definirsi “partigiano della Costituzione”, ma Scalfaro è pur sempre il «capo dello Stato che, come emerso da varie e convergenti deposizioni testimoniali, ebbe un ruolo decisivo negli avvicendamenti Scotti-Mancino e Martelli-Conso, e nella sostituzione di Nicolò Amato col duo Capriotti-Di Maggio, attraverso i quali seguì l’evoluzione delle vicende del 41 bis strettamente connesse all’offensiva stragista del 1993… allentamento sul fronte carcerario, con alcune significative mancate proroghe di regime ex 41 bis nei confronti di boss mafiosi di assoluto rango».
MI OPPONGO AL METODO REPORT. Insomma, se ha ragione Ingroia, Scalfaro mentre era presidente della Repubblica ha commesso alto tradimento, ha attentato alla Costituzione vendendo la dignità della Repubblica a Cosa Nostra. Ingroia lo fa passare per scemotto (era secondo lui influenzato dal capo della Polizia Parisi), ma resta il ruolo fedifrago. Siamo alla puntata successiva a quella scritta da Gian Carlo Caselli, che titolò “La vera storia d’Italia” la requisitoria contro Andreotti. La orribile e falsa teoria del doppio Stato, con coerenza, procede assorbendo in essa Berlusconi, ma forse non era previsto tirasse dentro Scalfaro. Se Spataro non ha il coraggio, lo dice Boris: “Non ci sto”. Non è che siccome il bersaglio si sposta lontano dai miei amici allora godo. Balle. La questione non è il bersaglio, ma il metodo. Non ci sto. Così se Report distrugge con taglia e cuci di carte e interviste Di Pietro, non mi pare il caso di applaudire. Allora, dottor Spataro, allora direttore Eugenio Scalfari (erano cugini e amici): aspetto che qualcuno in alto esponga il fianco per un amico morto. Come diceva Scalfaro, il mondo si divide in chi ha la vocazione di essere servo e in chi ha la schiena diritta.
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L’intervento del pg della corte d’Appello di Caltanissetta alla commemorazione per i 20 anni dell’attentato al magistrato antimafia: “Stringe il cuore a vedere talora tra le prima file, nei posti riservati alle autorità, anche personaggi la cui condotta di vita sembra la negazione dei valori di giustizia e legalità per i quali tu ti sei fatto uccidere”
Caro Paolo,
oggi siamo qui a commemorarti in forma privata perché più trascorrono gli anni e più diventa imbarazzante il 23 maggio ed il 19 luglio partecipare alle cerimonie ufficiali che ricordano le stragi di Capaci e di via D’Amelio.
Stringe il cuore a vedere talora tra le prime file, nei posti riservati alle autorità, anche personaggi la cui condotta di vita sembra essere la negazione stessa di quei valori di giustizia e di legalità per i quali tu ti sei fatto uccidere; personaggi dal passato e dal presente equivoco le cui vite – per usare le tue parole – emanano quel puzzo del compromesso morale che tu tanto aborrivi e che si contrappone al fresco profumo della libertà.
E come se non bastasse, Paolo, intorno a costoro si accalca una corte di anime in livrea, di piccoli e grandi maggiordomi del potere, di questuanti pronti a piegare la schiena e a barattare l’anima in cambio di promozioni in carriera o dell’accesso al mondo dorato dei facili privilegi.
Se fosse possibile verrebbe da chiedere a tutti loro di farci la grazia di restarsene a casa il 19 luglio, di concederci un giorno di tregua dalla loro presenza. Ma, soprattutto, verrebbe da chiedere che almeno ci facessero la grazia di tacere, perché pronunciate da loro, parole come Stato, legalità, giustizia, perdono senso, si riducono a retorica stantia, a gusci vuoti e rinsecchiti.
Voi che a null’altro credete se non alla religione del potere e del denaro, e voi che non siete capaci di innalzarvi mai al di sopra dei vostri piccoli interessi personali, il 19 luglio tacete, perché questo giorno è dedicato al ricordo di un uomo che sacrificò la propria vita perché parole come Stato, come Giustizia, come Legge acquistassero finalmente un significato e un valore nuovo in questo nostro povero e disgraziato paese
Per questo dicesti a tua moglie Agnese: “Mi ucciderà la mafia, ma saranno altri che mi faranno uccidere, la mafia mi ucciderà quando altri lo consentiranno”. Quelle forze hanno continuato ad agire Paolo anche dopo la tua morte per cancellare le tracce della loro presenza. E per tenerci nascosta la verità, è stato fatto di tutto e di più.
Pochi minuti dopo l’esplosione in Via D’Amelio mentre tutti erano colti dal panico e il fumo oscurava la vista, hanno fatto sparire la tua agenda rossa perché sapevano che leggendo quelle pagine avremmo capito quel che tu avevi capito.
Hanno fatto sparire tutti i documenti che si trovavano nel covo di Salvatore Riina dopo la sua cattura. Hanno preferito che finissero nella mani dei mafiosi piuttosto che in quelle dei magistrati. Hanno ingannato i magistrati che indagavano sulla strage con falsi collaboratori ai quali hanno fatto dire menzogne. Ma nonostante siano ancora forti e potenti, cominciano ad avere paura.
Le loro notti si fanno sempre più insonni e angosciose, perché hanno capito che non ci fermeremo, perché sanno che è solo questione di tempo. Sanno che riusciremo a scoprire la verità. Sanno che uno di questi giorni alla porta dei loro lussuosi palazzi busserà lo Stato, il vero Stato quello al quale tu e Giovanni avete dedicato le vostre vite e la vostra morte.
E sanno che quel giorno saranno nudi dinanzi alla verità e alla giustizia che si erano illusi di calpestare e saranno chiamati a rendere conto della loro crudeltà e della loro viltà dinanzi alla Nazione.
Roberto Scarpinato (19 luglio 2012)