
San Raffaele non licenzia più. Il 90% dei lavoratori dice sì al taglio degli stipendi proposto dal Pirellone
Il San Raffaele ha deciso di non tagliare il posto di lavoro a 244 dipendenti nonostante le condizioni economiche precarie. La decisione è stata presa in accordo con i sindacati grazie alla mediazione di Regione Lombardia. Stando ai risultati delle votazioni dei lavoratori, che si chiuderanno giovedì, oltre il 90 per cento ha accettato le condizioni proposte.
L’ACCORDO. Tutto è iniziato un mese fa. Dopo un anno di fallimenti da parte delle mediazioni ministeriali e della Prefettura di Milano, la nuova giunta di Roberto Maroni ha deciso di intervenire, ottenendo la firma dell’accordo da parte dell’ospedale e dei sindacati Cgil, Cisl e Uil. Ora manca soltanto il sì definitivo dei lavoratori.
BLOCCO LICENZIAMENTI. Con l’accordo raggiunto settimana scorsa, l’azienda ospedaliera in crisi non procederà a licenziamenti fino alla fine del 2014. Anche i 64 dipendenti a cui era già stata inviata la lettera di dimissioni manterranno il loro posto. Intesa raggiunta anche per l’università Vita e Salute del San Raffaele, che continuerà a esistere almeno per il prossimo anno accademico.
RIDUZIONE STIPENDI. In cambio del blocco dei licenziamenti i lavoratori hanno accettato una ridefinizione dei piani delle ferie e tagli agli stipendi che saranno, in media, del 9 per cento, almeno fino a luglio 2015, quando le misure potranno essere ridiscusse. I sindacati hanno chiesto ai lavoratori l’assenso a un’intesa che per i 3 mila dipendenti del San Raffaele comporterà 9 milioni di euro di decurtazioni salariali in due anni, ma che oltre alla salvaguardia dei posti di lavoro pone le condizioni per la messa in sicurezza del San Raffaele.
«GRANDE MEDIAZIONE». «Premiato il grande lavoro di mediazione della Regione con l’assessore Valentina Aprea», così ha commentato la notizia su Twitter il governatore lombardo. In sole due settimane, infatti, è andata a buon fine quella che l’assessore all’Istruzione, Formazione e Lavoro Valentina Aprea ha definito una «procedura informale».
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