
Samir: «Libia, Egitto, Tunisia, Siria: dalla “primavera” siamo passati all’inverno»
Da un caloroso entusiasmo a un raggelante sgomento. È la parabola della “primavera araba” che a distanza di poco più di un anno sembra contraddire il clima promettente degli inizi lasciando piuttosto prevalere esasperate conflittualità e vere ondate di terrore. Per stare ai fatti recenti, in Egitto, a Sharqia, circa 50 chilometri a nord- est del Cairo, lo scorso 12 febbraio 2 mila Salafiti hanno attaccato la comunità copta, bruciando diversi edifici, auto e la casa del parroco. La notizia è riportata dall’agenzia AsiaNews che per voce di padre Rafic Greiche, portavoce della Chiesa cattolica egiziana, ha confermato un inasprimento delle discriminazioni dei fondamentalisti nei confronti dei cristiani, un aumento di attacchi contro i copti dopo la vittoria dei partiti islamici alle elezioni. Del resto anche i violenti scontri in Siria, dove è in atto una guerra civile con il rischio di una pericolosa destabilizzazione degli equilibri nell’aerea mediorientale, documentano lo stesso drammatico epilogo. L’Occidente inizialmente contagiato dall’euforia, immedesimato negli aneliti di libertà, dignità e giustizia sottesi alla “rivoluzione dei gelsomini” propagata dai giovani via Internet, oggi si interroga sulle prospettive aperte, complesse e inquietanti. Sarebbe stato meglio se la scintilla della Primavera araba non fosse scoccata? Samir Khalil Samir, gesuita, docente di storia araba e islamologia all’università di Beirut, fra i massimi esperti a livello internazionale, analizza la situazione ripercorrendone le dinamiche.
Da dove è scaturito questo fenomeno?
Tutto è partito dai giovani profondamente delusi. Delusi per la mancanza di lavoro, per la libertà limitata o inesistente. Alla base c’è un’urgenza di cambiamento, di giustizia e di libertà: in Egitto come in Marocco e altrove il 40% della popolazione è analfabeta, c’è gente che vive per anni con un dollaro al giorno, che non riesce a mangiare. In Siria un terzo della popolazione ha il compito di spiare gli altri, i telefoni sono controllati e ovunque prevale un clima di insicurezza. Quando una persona è sospettata viene presa dalla polizia e torturata… questi sono i metodi. La gente è stufa, esasperata: la rivoluzione è stata suscitata da cristiani e musulmani insieme. Anche nel 1959 preti e imam erano insieme e le bandiere avevano la croce e il corano. Oggi i giovani sono stati spinti alla ribellione dall’urgenza di libertà e di giustizia: nelle manifestazioni erano insieme, non hanno utilizzato nessuno slogan anti-americano e anti-israeliano.
Ma l’esito della rivolta ha imboccato un’altra direzione.
L’anelito dei giovani era autentico, ma non organizzato, privo di un programma politico, e di fatto non ha trovato strade percorribili. I fondamentalisti islamici con il sostegno anche finanziario dell’Arabia Saudita e dei Salafiti (la componente più estremista) hanno preso il sopravvento. A partire dalla Tunisia, paese molto secolarizzato e a maggioranza laica, dove le elezioni sono state vinte dal partito islamico, alla Libia del dopo-Gheddafi dove hanno preso il potere i fondamentalisti o all’Egitto con il sopravvento, al 70%, degli islamisti di tendenza radicale, fino al massacro in atto in Siria… La gente oggi avverte che siamo partiti dalla “primavera”, ma siamo passati all’autunno e all’inverno.
Il tema dei diritti umani nel mondo islamico sembra irrimediabilmente controverso e ostacolato.
Sui diritti della persona ci sono molte contraddizioni nell’Islam in quanto la Sharia avalla e sostiene discriminazioni a livello religioso e anche nel rapporto uomo-donna, nel matrimonio… In nome della Sharia un uomo musulmano non ha diritto a convertirsi ad un’altra religione, una donna musulmana non ha diritto a sposare un cristiano, anche in tribunale la testimonianza di un uomo è pari a quella di due donne, come pure quella di un cristiano vale la metà… Sono solo alcuni esempi di un sistema difficile da scardinare.
Eppure recentemente l’università Islamica di al-Azhar ha diffuso un “documento sulle libertà fondamentali” per offrire indicazioni alla nuova società egiziana nata dalla primavera araba. Non è il segnale di un cambiamento?
Questo documento rappresenta un passo avanti in quanto si riconosce ad al-Azhar il suo ruolo leader nella società islamica, la voce autorevole in nome di tutto l’Islam sunnita, rivolta anche al movimento estremista dei Salafiti e agli stessi Fratelli Musulmani. La debolezza di questo documento è però nella mancanza di traduzione pratica: non intacca minimamente la legislazione e le insopportabili discriminazioni che incidono sulla vita quotidiana.
C’è un’insuperabile resistenza del mondo islamico di fronte ai diritti umani e alle istanze della modernità.
L’Islam si fonda sull’osservanza di norme giuridiche che restano fisse, immutabili nonostante i cambiamenti culturali e sociali della storia. Il mondo islamico è estraneo alla questione della libertà di coscienza e incapace di interpretare, di discernere fra diverse soluzioni quando si tratta di giudicare un problema.
Anche il mondo occidentale ha ricevuto una scossa dalla “Primavera araba”: come può sostenerne l’istanza positiva di rinnovamento?
Se il mondo arabo rimane arretrato, anche l’Occidente paga la sua fattura. Pensiamo all’esodo di immigrati in Europa… Il primo compito è un aiuto dal punto di vista economico, non più basato puramente sulle logiche di interesse con accordi a svantaggio dei paesi arabi. Ma anche sul fronte educativo si aprono spazi di impegno non solo per i paesi orientali, dove la piaga dell’analfabetismo è estesa, ma anche per la stessa Europa che fino a un secolo fa rappresentava un riferimento sui temi dei diritti umani e oggi ha perso ogni coerenza e credibilità. Agli occhi delle popolazioni arabe l’Occidente e la modernità sono sinonimi di degrado, di pornografia, dissoluzione della famiglia e dei valori che sostengono la convivenza civile. In tal senso cristiani e musulmani sono chiamati insieme ad un progetto di società basato sui valori quali la non violenza, il rispetto, la solidarietà, la libertà. E credo che la fede sia un supporto fondamentale in questo compito comune sia a livello culturale che economico e politico.
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