
La “samaritana” di Pavia e la catena record di trapianti di rene

Una catena di solidarietà è stata avviata da una donatrice anonima, la prima “samaritana” italiana, che volontariamente ha donato un rene non ad un proprio congiunto, come tradizionalmente avviene, ma gratuitamente ad uno sconosciuto. L’espianto è avvenuto a Pavia e da lì il rene è stato inviato a Siena, dove è stato trapiantato su una persona malata: da quel momento ha reso possibile altri interventi cross-over. Vengono chiamati così quelle procedure in cui il parente di un malato si rende disponibile alla donazione dell’organo, che però non è compatibile con il congiunto: il trapianto viene effettuato solo quando si trova un’altra coppia di donatore-paziente che hanno compatibilità incrociata. Giovedì, il parente del trapiantato di Siena a sua volta ha donato il proprio rene ad un paziente dell’ospedale Niguarda di Milano, e a sua volta il parente di quest’ultimo ha donato l’organo ad una persona ricoverata al policlinico di Siena e poi è stata la volta di due trapianti a Pisa e di uno, realizzato ieri mattina, ancora al Niguarda. Una catena di operazioni, anche questa senza precedenti per il nostro paese, che non sarebbe mai avvenuta senza la donatrice “samaritana”. Entusiasta Vincenzo Passarelli, presidente di Aido (Associazione italiana per la donazione di organi, tessuti e cellule): «Un atto di piena solidarietà quello della donatrice anonima, molto apprezzabile. Anche se per noi la donazione tra viventi resta sussidiaria a quella cosiddetta “da cadavere”, l’unica possibile per tutti gli altri organi a parte il rene».
Cosa pensa della vicenda della “samaritana” lombarda?
Che è un gesto simbolo della piena appartenenza ad una comunità. Il gesto della signora non era solo diretto ad un singolo, ma ha permesso ad una comunità di realizzare sei incroci di trapianti. È l’emblema del riconoscimento di un legame di interdipendenza che accomuna tutti gli umani. Ma per noi il trapianto da vivente deve avere un ruolo sussidiario rispetto a quello da cadavere. La donazione samaritana può essere una forma aggiuntiva, ed efficace, per ovviare alla carenza di organi, soprattutto di rene. Nel nostro paese, a fronte di 6.500 persone in lista d’attesa solo per il trapianto di rene, vengono infatti eseguiti 1.900 trapianti. In totale sono 9 mila le persone in attesa della donazione di un altro organo (fegato, cuore, polmone, pancreas), ma in tutti questi altri casi le donazione possono avvenire solo da cadavere. Noi pensiamo che prevalentemente le donazioni dovrebbero rimanere anche nelle famiglie.
Perché la donazione samaritana per il rene dovrebbe rimanere sussidiaria?
Riteniamo che non sia giusto sottoporre una persona ai rischi di un intervento chirurgico, o al rischio che l’organo che gli resta smetta di funzionare: anche se le casistiche documentano che i rischi sono bassi, il rischio c’è sempre. Inoltre pensiamo che sottolineare l’attenzione sul trapianto da vivente tolga importanza a quella da cadavere. La donazione degli organi dopo la morte è un gesto che chiunque può fare liberamente, ma che ancora non è così diffuso nel nostro paese.
Ci sono stati altri casi di donazione samaritana non andati a buon fine, prima di questo di Pavia. Perché?
Nel 2010 ci furono altri tre casi: due intenzioni di donazione furono bloccate perché i “donatori” in realtà intravedevano una forma di remunerazione economica nel loro gesto, cosa proibita dalla legge. La terza persona aveva dei seri problemi psicologici e per questo anche lei venne bloccata. La legge sulle donazioni di organi tra viventi impone ferrei controlli: occorre superare numerose visite, dalle indagini immunologiche e genetiche a quelle psichiatriche. La donazione, inoltre, deve essere poi autorizzata da un giudice.
E all’estero cosa succede?
Le donazioni tra viventi e consanguinei sono molto diffuse nei paesi scandinavi, molto più che da noi. La donazione samaritana, cioè verso sconosciuti, oltre che in Italia è consentita in Spagna, Olanda e Stati Uniti: i casi tuttavia non sono numerosi, anche se naturalmente questo tipo di trapianti servono molto. Ricordiamo che grazie ad una sola donna, ci sono sei persone che oggi hanno un nuovo rene e la possibilità di una nuova vita.
Come si può diventare donatori di organi post mortem nel nostro paese?
La legge del 1999 prevederebbe il silenzio-assenso, ma questa disposizione non è mai diventata operativa, per una serie di problemi economici e burocratici. Si è lasciata la possibilità di fare in vita una dichiarazione di disponibilità alla donazione recandosi presso gli sportelli delle Asl, o presso le sedi dell’Aido, o presso altri centri regionali di riferimento. Recentemente, dopo una sperimentazione in alcuni comuni, si è lasciata la possibilità di dichiararsi donatori anche al momento del rinnovo della carta di identità, comunicandolo direttamente all’ufficio anagrafe. Attualmente questa opportunità è in atto a Roma e in altri 29 comuni, tra cui Bologna, Perugia e Terni (ma in lista d’attesa ce ne sono altri 90). A Milano invece non è ancora possibile farlo, ma la Regione Lombardia si è da poco attivata per sensibilizzare i vari sindaci a realizzare questa iniziativa. Si tratta secondo noi di un’opportunità valida. In questo modo si sta anche creando un’anagrafe dei donatori, che attualmente sono 1 milione e mezzo in tutt’Italia.
Foto medici da Shutterstock
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