
Saccomanni pronto a dimettersi: «Inutile il rigore se a febbraio si vota»
È una di quelle interviste di peso, firmate dal direttore del Corriere della Sera con la rara (appare poche volte sul quotidiano di via Solferino) ma inconfondibile sigla: f.de b. È infatti a Ferruccio de Bortoli che il ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni affida uno sfogo destinato a condizionare il dibattito politico italiano che si sta infuocando sull’aumento dell’Iva e, più in generale, sul tema del rigore nei conti pubblici. Un dibattito reso ancora più rovente dalla recente notizia che l’Italia ha superato (anche se di poco) il tetto massimo del 3 per cento nel rapporto tra deficit e Pil imposto dai trattati di Maastricht. Il pericolo è che il nostro paese, da poco uscito dalla procedura di infrazione europea, ci ripiombi dopo pochi mesi vanificando i “sacrifici” di questo periodo. Per questo Saccomanni mette sul piatto le sue dimissioni se le due anime del governo delle larghe intese (Pd e Pdl) continueranno a dare battaglia sull’aumento dell’Iva. Che senso ha – ragiona il ministro – dannarsi per trovare i soldi che consentano di rispettare il tetto del 3 per cento se a febbraio si tornerà a votare?
L’AUMENTO DELL’IVA. In ballo c’è l’aumento dell’Iva dal 21 al 22 per cento che per Saccomanni non è più rinviabile né evitabile e contro cui si sono invece espressi sia Angelino Alfano che Guglielmo Epifani. «Nemmeno se aumentassimo la benzina del 15 per cento – ragiona il ministro dell’Economia – sarebbe possibile rinviare la manovra sull’Iva». Occorre trovare subito 1,6 miliardi per rientrare nel tetto del 3 per cento e il ministro, secondo quanto confida al Corriere, pensa di poterlo fare con una serie di privatizzazioni e rivalutando le quote della Banca d’Italia oggi a bilancio degli istituti che ne detengono il capitale per quote irrisorie. Solo così, riferisce il direttore del Corriere, si potrebbe aprire una seria prospettiva per la riduzione delle tasse e l’alleggerimento del cuneo fiscale.
LA POLITICA IRRESPONSABILE. Al Corriere il ministro confida l’amarezza per una politica inchiodata a un clima da campagna elettorale che rende impossibile qualunque confronto serio sulle finanze pubbliche. «Saccomanni – scrive de Bortoli – è sconcertato dal dilagante populismo antieuropeo. La retorica dei sacrifici chiesti dall’Europa senza mai dire che il rispetto delle leggi è scritto in leggi e decreti votati dal Parlamento e il pareggio di bilancio è addirittura una norma costituzionale». «Io non mi metto alla disperata ricerca di un miliardo – dice il ministro – se poi a febbraio si va a votare. Tutto inutile se una campagna elettorale è già iniziata»
Articoli correlati
2 commenti
I commenti sono chiusi.
I commenti sono aperti solo per gli utenti registrati. Abbonati subito per commentare!
… Saccomanni è uno di quei Professori saccenti ed arroganti, come Monti, incapace di dialogo e confronto ed il cui riferimento è solo il proprio smisurato ego …
Cosa sta aspettando?