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«Šče ne vmerla Ukrajiny», recita il primo capoverso dell’inno ucraino in uno scatto di puro patriottismo. «Non è ancora morta l’Ucraina» perché, nonostante tutto, arranca, ma non cede, posizionata da quasi otto anni tra l’incudine di una Federazione russa sulla quale si è sempre appoggiata sin da dopo l’indipendenza del 1991 e il martello di un Occidente che vorrebbe trasformare questa ex repubblica sovietica nel primo avamposto est europeo anti-Putin. Da qualche giorno, infatti, i più importanti media occidentali hanno (ri)cominciato a parlare di Ucraina, di Donbass, di conflitto tra Russia e Occidente. A far detonare questa bomba mediatica, che come vedremo ha (ri)acceso anche lo scontro politico-diplomatico, sono state le indiscrezioni dell’intelligence americana su un presunto piano russo per invadere l’Ucraina a gennaio. «La Russia pianifica un blitz in Ucraina con almeno 175 mila soldati», hanno spiegato da Washington, facendo capire che la situazione è seria e allarmante.
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