
Rozza (Pd Milano): «Boeri deve capire che il sindaco non è lui, ma Pisapia»
L’assessore alla Cultura e all’Expo del Comune di Milano, Stefano Boeri, si è dimesso. Una nuova grana per il sindaco meneghino Giulano Pisapia. Tempi.it ha chiesto un parere a Carmela Rozza, capogruppo Pd, su una situazione problematica, che è deflagrata soltanto venerdì (quando Pisapia, dopo alcune prese di posizioni dell’assessore non concordate con il resto dei colleghi, aveva fatto mettere a verbale che c’era «un problema di fiducia» con il titolare della Cultura) ma che si è sempre retta su un equilibrio a dir poco instabile, fin dall’inizio.
Il Pd ha sbagliato le valutazioni, candidando alle primarie un “esterno” al Partito democratico?
Personalmente ritengo di sì, credo che l’aver investito di tale rappresentanza Boeri si sia rivelato un errore, un vicolo cieco: l’incapacità di relazioni a cui stiamo assistendo prescinde dal Pd, partito tra cui l’assessore è stato comunque recordman di preferenze.
Come si spiega questa contraddizione?
Da una parte c’è una distorsione normativa, perché la giunta non è più, come una volta, espressione del Consiglio comunale, ma del sindaco. Questo cambia i termini del rapporto, che diventa appunto fiduciario. In secondo luogo, l’errore che abbiamo fatto è stato ricercare come candidato alle primarie un non politico, perché in politica si litiga, si discute, ma se ti lasci andare ad affermazioni che vanno contro la posizione della tua maggioranza sai quali sono le conseguenze. Chi non è abituato a far politica spesso sottovaluta questo aspetto, che invece è imprescindibile. E spesso Boeri non ha interpretato il pensiero del Pd: su Expo il mio partito la sempre seguito il sindaco nelle sue decisioni. Perché mettere in discussione il percorso tracciato avrebbe compromesso la buona riuscita del tutto. Riteniamo indispensabile per Milano agire in continuità con le scelte amministrative delle giunta precedenti, piacciano o non piacciano.
Si tratta quindi di una mera incompatibilità di caratteri? Non stiamo assistendo a una versione milanese della guerra a sinistra tra Vendola e Bersani, i cui rapporti con la nascita del governo Monti si sono raffreddati?
Se ci fosse in atto un conflitto politico sarebbe molto più semplice ricomporlo. Non abbiamo nessuna intenzione di mettere in discussione un governo di centrosinistra conquistato a Milano dopo vent’anni. Lo dimostra il fatto che la maggioranza, fino ad oggi, si è misurata in aula con provvedimenti non certo popolari, dove ha trovato piena compattezza. L’aver previsto l’Irpef, la vendita di Sea e Serravalle, l’aumento dei biglietti Atm sono scelte di Pisapia, non della giunta. E l’assessore, come tutti, deve accettare il ruolo che gli è stato assegnato. È un assessore della giunta Pisapia. Non è il sindaco. Ora dobbiamo ripartire puntando ad avere una sempre maggiore collegialità. Abbiamo l’obbligo morale, oltre che elettorale, di salvaguardare la tenuta del centro-sinistra a Milano. Anche facendo delle rinunce.
Va detto che Boeri non è l’unico assessore a essersi lasciato andare a dichiarazioni imprudenti: a Pisapia è toccato dettare la linea ufficiale in fatto d’abusivismo negli alloggi popolari dopo le esternazioni di Lucia Castellano, che ha ammesso che occupare per necessità «non è reato». Dove sta la differenza?
Esternazioni un po’improvvide le hanno fatte più o meno tutti, ognuno sul proprio tema. Che si paghi una certa inesperienza, all’inizio, lo metto in conto, e per questo tendo a non drammatizzare. In questo caso specifico, era diventata una costante. Io non ho mai creduto ai “prestati” alla politica: è un lavoro che necessita anche un certo rigore. Se non fa parte del proprio carattere, va appreso. Non si può improvvisare.
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