Roma è Roma anche se crolla il Colosseo. Lo sa pure il diavolo (ma ai turisti non lo dirà)

Di Berlicche
01 Luglio 2013
Chiude l'anfiteatro della Città Eterna per un'assemblea sindacale. I visitatori indignati: «E adesso dove vado?». E adesso dove vado?!

Mio caro Malacoda, avrai letto anche tu, con l’indignazione che la notizia merita, i titoli dei giornali italiani sulla chiusura del Colosseo per mezza giornata a causa di un’assemblea sindacale, con i turisti lasciati ore in coda sotto il sole. È giusto esecrare tali nefandezze, ma oggi io voglio fare con te l’avvocato del diavolo e quindi, per un ironico gioco delle parti, guardare le cose dal punto di vista del Nostro Nemico.

E provando a considerare le cose con il dovuto distacco, devo dire che trovo banale questa identificazione di Roma con il Colosseo. Tra le tante citazioni colte dai commenti dei turisti inferociti o delusi, alcune mi hanno colpito più di altre: «Vanificato il mio viaggio a Roma», «Sono venuta per far vedere il Colosseo a mia figlia e adesso dove vado?». E adesso dove vado?! Su dove mandarla, gentile signora, un’idea ce l’avrei. Ma voglio essere gentile, e rispondere con una citazione biblica: «Alza gli occhi intorno e guarda»… e cammina.

Ma forse quest’altra citazione potrà meglio illuminarla sull’Urbe Eterna e sull’origine di questo abbinamento, unico per una città, tra sostantivo e aggettivo.

«Quando cadrà il Colosseo Roma cadrà. Tutti hanno letto questa affermazione in forma di elegante citazione. Pochi l’hanno letta in Byron e meno ancora in sant’Agostino, che, mi si dice, fu il primo a ricordare il proverbio. Io non gli presto fede, neppure per far piacere a sant’Agostino, tanto meno a Byron. Il Colosseo potrebbe cadere senza uccidere Roma, benché non senza uccidere (e fa piacere il pensarlo) un gran numero di turisti americani e di altri paesi, per lo più molto ricchi. Io mi salverei senza dubbio perché non ho l’abitudine di frequentare il Colosseo, men che mai al chiaro di luna; non sono uno spettro e non lo sono mai stato. Esiste quasi una contraddizione tra il vedere Roma e il vedere le bellezze di Roma. (…) Le bellezze di Roma si potrebbero togliere da Roma e trasportarle a Ramsgate (sulla costa inglese) dove continuerebbero a essere belle senza essere più romane. Si potrebbe ricostruire il Colosseo sul territorio di Olimpia, nome classico adatto a un’arena sportiva. (…) Ma non solo è evidente che nessuno di questi luoghi potrebbe mai assomigliare a Roma, ma è ancora più evidente che Roma, privata di questa e di una trentina d’altre famose costruzioni, sarebbe ancora la stessa Roma. Questa qualità particolare che dà il tono a una città e la rende diversa da tutte le altre non è facile da definirsi», può essere forse riassunta nella frase che si trova incisa, per intero o in frammento, su tutte quelle bellezze apparentemente inutili sparse per la città: “Pontifex Max”.

Caro nipote, sai che non la penso assolutamente come Chesterton (è lui l’autore della citazione), ma è difficile dargli torto. E poi, non trovi anche tu un po’ raccapricciante il sentimento necrofilo che anima inconsapevolmente il turista che entra ridanciano nel Colosseo e si fa la foto con il falso centurione romano? Che effetto ti farebbe una coda di turisti per entrare nello stadio di Santiago del Cile per immortalare il luogo delle torture del regime di Pinochet?

Dobbiamo ammetterlo, l’unico calpestio rispettoso del Colosseo è quello che un uomo vestito di bianco fa una volta all’anno, in silenzio e portando una croce. E infatti quella sera, il Venerdì Santo, la piazza che lo circonda si riempie all’inverosimile. Anche se il Colosseo è chiuso. Pensaci, la guerra è lunga.

Tuo affezionatissimo zio Berlicche

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