Roberto Cammarelle, puntando all’oro con in testa Cassius Clay

Di Emmanuele Michela
12 Agosto 2012
Sarà la sua ultima Olimpiade e dopo il trionfo di Pechino, l'atleta lombardo spera in un magnifico bis. Per sentirsi più vicino al mitico Muhammad Alì.

“Float like a butterfly, sting like a bee”. Nessuno si azzarderebbe mai a paragonare un dio assoluto del ring come Muhammad Alì (cui si deve la paternità di questo motto) al buon Roberto Cammarelle, atleta azzurro campione olimpico in carica nei supermassimi. La leggiadria con cui Cassius Clay volteggiava davanti all’avversario era un piacere assoluto, il poliziotto italiano è più rigido, pesante (c’è una differenza di quasi 10 kg), ma le sue fluttuazioni hanno spesso tolto il respiro alle arene dove si è trovato a gareggiare.

E dire che più di una volta Cammarelle ha detto chiaro e tondo che Alì è il suo atleta preferito. Alla boxe Roberto ci si è avvicinato ragazzino: figlio dell’immigrazione lucana nel capoluogo lombardo, s’innamora di questa nobile arte in seguito a una riunione di pugilato. Il ragazzo cresce, respira i dettami di un maestro come Biagio Pierri, e diventa il pupillo della pugilistica “Rocky Marciano” di Cinisello Balsamo. All’aria lugubre dell’hinterland milanese basta poco per rivelarsi più tesa di quella del Madison Square Garden, e gli incitamenti appassionati di qualche tecnico possono scaldare l’aria più di quel “Alì boma ye” ritmato dalle migliaia di tifosi africani nel “Rumble in the Jungle” del 1974.

I 105 chilogrammi per 190 centimentri d’altezza che si leggono sulla sua scheda farebbero pensare a un atleta goffo e impacciato. Invece il suo saltellare indiavolato è il piacevole svolazzare delle foglie d’autunno, le sue braccia robuste sferzano l’aria con eleganza, salvo poi stampare in pieno volto all’avversario un diretto più freddo del vento del nord. È alla terza Olimpiade, l’ultima (poi supererà i limiti d’età imposti dai regolamenti internazionali): otto anni fa prese il bronzo, a Pechino poi l’exploit con l’oro sul cinese Zhang Zhilei.

In quell’occasione tirava un’aria tutt’altro che favorevole, con i diecimila del Ginnasio dei Lavoratori tutti a tifargli contro. Vinse e fece calare il gelo, entrando nel cuore di tanti italiani, con quel suo stile molto riservato e poco dedito alle telecamere. Da allora non ha paura di niente, e a Londra ci arriva col vento in poppa, forte del titolo conquistato 4 anni fa e di tutto il talento che ha messo in mostra a livello mondiale ed europeo, in varie competizioni. Ma sa che c’è da temere la squadra inglese, insieme a Cuba, Russia e Azerbaigian. Allora sì che ci si vedrà davvero se le sue robuste fluttuazioni saranno in grado di sfidare la forza di gravità e i ganci degli avversari, in attesa di un suo secco diretto a sferzare l’aria.

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