
Rivolte in Francia. Chi rompe paga

Ha destato sconcerto la notizia che all’indomani della tragica uccisione del giovane Nahel in Francia si affrontano due raccolte di fondi, una a sostegno della famiglia del ragazzo e una a sostegno del poliziotto incriminato per la sua morte, e quest’ultima ha raccolto finora molte più donazioni della prima.
Ma più in generale sul binomio “soldi-banlieue” il clima si sta surriscaldando, e cominciano a piovere le prime dichiarazioni sull’opportunità di colpire il portafoglio dei vandali e dei loro genitori quando si tratta di minorenni. Si sono già espressi in questo senso lo stesso presidente Emmanuel Macron, il presidente del Rassemblement National (ex Front National) Jordan Bardella, Eric Ciotti leader dei Les Républicains (Lr, ex gollisti) e il presidente (anche lui Lr) del consiglio dipartimentale dell’Alta Marna Nicolas Lacroix.
Sempre più soldi pubblici
Su Le Figaro Agnès Verdier-Molinié, direttrice dell’iFrap (Fondazione per la ricerca sulle amministrazioni e le politiche pubbliche, un think tank liberista storicamente critico degli alti stanziamenti per la spesa pubblica), scrive che lo Stato francese dovrebbe togliere i sussidi e altre forme di sostegno sociale alle famiglie dei minorenni arrestati per i disordini e le devastazioni degli ultimi giorni, e dovrebbe fatturare a carico dei condannati e non di tutti i contribuenti la ricostruzione delle infrastrutture distrutte nelle banlieue.
Scrive la saggista: «Somme colossali vengono messe sul tavolo dalla Francia per placare ed evitare conflagrazioni e rabbia sociale. Sempre più soldi pubblici per i quartieri che spaventano politici di ogni sponda. Quante volte abbiamo sentito dire: “Non parlate di lotta alle frodi sociali o di abbassamento della spesa sociale, inneschereste la rivoluzione nei quartieri”? Sempre più soldi pubblici, sempre più spesa sociale… Per quali risultati? Rivolte ricorrenti (2005, 2018, 2019, 2023…), sempre più violente, con saccheggi, furti, attacchi mirati alla polizia».
Tra i 150 e i 200 miliardi
La spesa pubblica per arredi e servizi urbani e per l’assistenza ai meno abbienti è effettivamente importante in Francia. Secondo la Corte dei conti, il governo centrale stanzia e spende 10 miliardi di euro all’anno per le politiche urbane, alle quali vanno aggiunti gli stanziamenti del Programma nazionale di rinnovamento urbano, centrato sull’efficientamento energetico, che ha visto spendere 12 miliardi di euro fra il 2003 e il 2021 e altri 9 miliardi spenderà fra il 2016 e il 2034. A questi numeri andrebbe aggiunta la spesa pubblica deliberata direttamente dalle amministrazioni locali, per la quale non esiste un dato globale.
Secondo la Verdier-Molinié «si può considerare che, dall’inizio degli anni Duemila, sono stati spesi tra i 150 e i 200 miliardi per le politiche urbane. Miliardi a cui vanno aggiunte le spese di HLM (edilizia residenziale pubblica), APL (sussidi per l’affitto dei meno abbienti), assistenza sociale (circa 100 miliardi di euro l’anno), ecc».
Impunità finanziaria
Evidentemente non tutti questi soldi vanno alle banlieue, ma un particolare sforzo è loro riservato da parte del governo. In Francia sono stati dichiarati “quartieri prioritari delle politiche urbane” 1.514 aree urbane con una popolazione totale di 5,4 milioni di abitanti, collocati in 859 Comuni. Il criterio per la definizione di “quartiere prioritario” è la percentuale di popolazione che vive sotto la linea della povertà in rapporto alla media nazionale. Attualmente in queste aree la disoccupazione maschile è al 19,6 per cento, contro una media del 7,1 per cento. Il 75 per cento delle abitazioni è rappresentato da appartamenti di edilizia popolare, e un abitante su cinque usufruisce dell’Rsa, che sarebbe l’equivalente francese del reddito di cittadinanza italiano.
«Violenze, saccheggi, odio per lo Stato, distruzione di beni pubblici… Come si può accettare che certi abitanti di queste zone, nutriti di soldi pubblici della città e della politica sociale, finanziati con le nostre tasse, imposte e contributi, si permettano tali azioni con una quasi impunità finanziaria?», scrive la Verdier-Molinié.
Il bilancio dei danni
Un bilancio completo dei danni non è ancora disponibile (le violenze non sono ancora del tutto cessate, nella “tranquilla” notte fra lunedì e martedì sono state bruciate 159 auto), perciò le stime sul valore dei beni andati persi sono ancora approssimative.
Geoffroy Roux de Bézieux, dirigente del Medef, principale associazione degli imprenditori francesi, stima i danni alle imprese in almeno un miliardo di euro. Attualmente il bilancio dei beni e degli edifici danneggiati è il seguente: 5.892 veicoli incendiati, 12.202 incendi appiccati, 1.105 edifici bruciati o vandalizzati (scuole, asili infantili, municipi, uffici postali, banche, tabaccherie, ecc.), 209 commissariati di polizia, della gendarmeria o della polizia municipale attaccati. Per tutto questo sono state arrestate 3.486 persone e ne sono già state condannate con rito abbreviato 374.
Diritti e doveri
Per la direttrice dell’iFrap l’indicazione è chiara: «Erogare soldi pubblici senza contropartite, senza assunzione di doveri, senza l’obbligo di cercare un lavoro per vivere, di educare adeguatamente i propri figli nel rispetto delle leggi è un gravissimo errore che oggi stiamo pagando. I paesi del Nord Europa erogano l’assistenza sociale con l’obbligo di cercare lavoro in cambio e di presentare il proprio curriculum alle aziende ogni settimana. Niente di tutto ciò in Francia, dove tutto è dovuto, tutto è “gratuito”, offerto».
E ancora: «Il ministro della Giustizia intende applicare il codice penale e perseguire i genitori per mancata educazione dei figli. Pena prevista? Due anni di carcere e una multa di 30.000 euro. Ma l’unica vera sanzione che valga la pena, affinché milioni, anzi miliardi, di euro cessino di essere sprecati nei prossimi anni, sarà quella di far pagare ai genitori i danni per le distruzioni e i saccheggi commessi dai loro figli. Se non si interviene ora, il conto in miliardi e in disintegrazione della società sarà sempre più alto. È tempo di passare a nuovi principi: i diritti devono andare insieme ai doveri e chi rompe deve essere lui a pagare».
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