Ritrovata viva dieci anni dopo lo Tsunami del 2004. I genitori: «Siamo grati a Dio»

Di Elisabetta Longo
08 Agosto 2014
Jannah si è salvata grazie a un pescatore. Riconosciuta da uno zio ora si è ricongiunta con la madre: «Siamo pronti a fare il test del Dna. Ma io so che è nostra figlia»
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Un lieto fine arrivato dieci anni dopo lo tsunami del 26 dicembre 2004. Jannah Raudhatul, che all’epoca aveva quattro anni, non era tra i 230 mila morti causati dal maremoto micidiale avvenuto al largo di Sumatra, ma i suoi genitori non lo sapevano. L’hanno ritrovata dieci anni dopo, nel 2014. Ora Jannah ha quattordici anni.

UNA ZATTERA. La forza dello tsunami ha spazzato via lei e il fratello Arif Pratama Rangkuti, mentre erano insieme ai genitori. Li ha strappati dalle loro braccia portandoli lontani dalla loro casa, nella provincia di Aceh, dove c’è stato il maggior numero di morti, 170 mila. I due bambini si sono salvati rimanendo aggrappati a una zattera di fortuna. I genitori non si erano dati per vinti e avevano continuato a cercare la bambina, sperando che qualcuno si fosse preso cura di lei.

GRATI A DIO. Così infatti è stato. Un pescatore ha preso con sé la bambina, dopo averla vista sulla zattera, e l’ha portata con sé nella sua casa, dove viveva con l’anziana madre. La signora le ha dato il nuovo nome di Weni e l’ha cresciuta per dieci anni. Fino ad oggi, quando si è ricongiunta con la sua vera madre, Jamaliah, e al suo papà: «Mio marito e io sono molto felici. Sono grata a Dio per il ricongiungimento con nostra figlia dopo 10 anni di separazione. Il mio cuore ha cominciato a battere forte quando l’ho vista. Quando l’ho abbracciata era come se non l’avessi mai lasciata, non riuscivo a smettere di piangere».

RICONOSCIUTA DIECI ANNI DOPO. Un giorno Jannah, ormai quattordicenne, stava passeggiando per le vie di Meulaboh, la città principale della provincia di Aceh, quando è stata notata da un signore, che trovava le fattezze del suo viso estremamente famigliari. Quel signore era suo zio, e non si sbagliava. «Se qualcuno dubita della nostra buona fede io sono pronta a fare anche il test del Dna», ha detto la madre naturale Jamaliah. «Per quanto mi riguarda non ho bisogno di conferme genetiche, so che è mia figlia», ha detto la donna al giornale locale Harian Terbit. L’unica cosa differente nel suo viso rispetto a quando era piccola è il colore della pelle, più scuro perché Jannah aiuta la madre “adottiva” nel suo lavoro: raccogliere conchiglie.

UN FRATELLO ANCORA LONTANO. Del fratello con il quale si trovava quel catastrofico giorno di dieci anni fa, Jannah non ha più saputo nulla. Ha detto a sua madre che le loro strade si sono divise a Banyak Island, quindi ci sono molte speranze che sia vivo anche lui, in qualche provincia dell’Indonesia. Il ragazzo ora avrebbe diciassette anni, e la famiglia è intenzionata a mettersi sulle sue tracce. Ora Jannah tornerà ad abitare con i suoi veri genitori e con un terzo fratello, Azhari, che non era stato disperso durante lo tsunami.

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5 commenti

  1. Shiva101

    “Siamo grati a Dio”????

    Ma se è Dio che ha creato una simile tragedia?!!!!

    E’ Dio che ha scatenato quel trmendo cataclisma uccidendo migliaia e migliaia di persone tra cui tanti bambini e altrettanti ne ha resi orfani!!!!

    E questi ringraziano pure???

    Siete proprio una setta.

    1. beppe

      shiva, che SCALFARI ti strafulmini.

    2. Valentina

      Va be’, tenga conto che quelli ci credono. Qualsiasi credente di qualsiasi fede ringrazierebbe il suo dio. Io sono atea e ringrazierei piuttosto le persone che per anni si sono prese cura della bambina, ora adolescente. Ma posso anche capire il punto di vista di un credente. Al posto della madre farei comunque il test del DNA per maggior sicurezza dopo tanti anni e una lunga separazione. Comunque, se questa storia si è conclusa davvero con un lieto fine, immagino che questo farà piacere a tutti, credenti o no.

  2. bella storia, ma secondo l’andazzo corrente non è più figlia di quella madre che l’ha generata e accudita per 4 anni ma della vecchia che l’ha accudita per 10, se la matematica non è una opinione.

    Così ragionerebbe un qualsiasi magistrato italiano o francese.

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