
Si fa presto a dire «green». Le rinnovabili possono affossare il piano Draghi

Il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) stilato dal governo Draghi prevede circa 70 miliardi per realizzare la transizione ecologica. L’Italia, in linea con il Green deal europeo, si è impegnata ad abbattere entro nove anni le emissioni di carbonio a meno della metà rispetto ai livelli del 1990 e ad azzerarle entro trent’anni. Vaste programme.
«Installare pale eoliche ovunque»
Il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, ha annunciato che il governo intende installare 70 gigawatt di potenza da energie rinnovabili, in particolare solare ed eolico. Si tratta, come nota Federico Fubini sul Corriere, di «settanta miliardi di watt, l’equivalente dell’energia prodotta da una cinquantina di centrali nucleari come quelle francesi (e in Francia ce ne sono solo diciannove)». Concretamente, «sviluppare entro nove anni tutta quell’energia dal solare per esempio significa tappezzare di pannelli oltre 200 mila ettari, quasi il 2% della superficie coltivata in Italia. Significa piantare pale eoliche letteralmente ovunque, compromettendo un paesaggio secolare e la risorsa del turismo».
La tutela del paesaggio non è l’unico ostacolo alla realizzazione dell’ambizioso piano del governo. Nel 2020 l’Italia ha costruito appena 0,78 gigawatt di impianti eolici e solari, 1,2 gigawatt nel 2019, 1,1 gigawatt nel 2018. Al ritmo attuale impiegheremmo 70 anni a installare la potenza desiderata, mentre l’obiettivo è riuscirci in nove.
Ostacoli da burocrazia e paesaggio
Il problema è che in media servono oltre cinque anni per ottenere la ventina di autorizzazioni da comune, regione e ministeri per realizzare un parco eolico. Inoltre, anche qualora arrivi l’agognato ok, qualunque cittadino può mettersi di traverso e fare ricorso al Tar.
Ieri in un’intervista a Repubblica il presidente nazionale di Legambiente, Stefano Ciafani, ha accusato le soprintendenze di «frenare la transizione ecologica». Non può essere, ha detto, «che ogni mutamento del territorio sia bocciato» soprattutto quando si tratta di eolico. Bisogna «aggiornare le linee guida sulla installazione delle rinnovabili». Una soluzione potrebbero essere, ad esempio, gli impianti di produzione in mare offshore ma quando sono stati proposti in Emilia-Romagna (in particolare al largo delle coste di Rimini, Riccione e Ravenna) le amministrazioni del Pd si sono ferocemente opposte, temendo danni per il turismo.
«Tutela del paesaggio viene prima»
Anche i soprintendenti, però, non ci stanno a fare la parte di coloro che fermano il “progresso”. «La tutela del paesaggio, sancita dall’articolo 9 della Costituzione, viene prima del risparmio energetico», dichiara a Repubblica Vincenzo Tiné, soprintendente a Verona, Vicenza e Rovigo. «Gli impianti eolici hanno un impatto visivo evidente. Ci troviamo a esaminare progetti di pale agro-fotovoltaiche che sono dei castelli che si innalzano fino a 4 metri d’altezza e coprono aree fino a cento ettari. Quello che manca davvero è una pianificazione nazionale».
Deve essere il governo, spiega Tiné, a stabilire «quali aree possono essere vocate a questi impianti e quali no. Non si possono mettere pali e pannelli ovunque. Anche per chi fa impresa e non ha sicurezza del suo investimento sarebbe meglio». Da questo punto di vista, il ministro Cingolani sta facendo pressioni sul ministro Dario Franceschini per snellire le autorizzazioni, ma da quell’orecchio il collega del Pd non ci sente.
Il governo deve decidersi in fretta
È sempre la stessa storia: si fa presto a dire green, ma i problemi generati dalle fonti rinnovabili sono tanti e di non facile risoluzione. Il governo però deve decidersi in fretta: dal 2013 abbiamo infatti dismesso impianti termoelettrici per 14 gigawatt ed entro il 2025 chiuderemo centrali a carbone per 7,2 gigawatt. In un senso o nell’altro, una decisione va presa subito o il Pnrr sarà un fallimento.
Foto Ansa
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