
RIMBAUD OGGI
Oggi, in Italia, i nostri ragazzini sembrano sull’orlo di perdersi. E se si perdono loro ci perdiamo tutti. Lo mostrano le troppe notizie di cronaca: violenza insensata, teppismo, suicidio. C’è uno di loro, un grande poeta che, all’età di 17 anni, aveva precompreso tutto questo. Aveva presofferto questa loro, e nostra, condizione. Trovando le parole. Nella sua Stagione all’Inferno Arthur Rimbaud ha scritto: «Non ho più nessun antecedente nella storia di Francia». Niente alle spalle. Né famiglia, né religione, né storia. Niente dove appoggiarsi quando la vita coi suoi marosi investe.
E concludeva con il grido: «Ma nemmeno una mano amica». E poi, più giù, con finale solitudine e cinismo: «E parlavo di una mano amica!». In quello stesso periodo, rivolgendosi al suo professore di liceo: «Dobbiamo noi stessi alla Società, me l’ha detto lei: lei fa parte del corpo Insegnante». I nostri ragazzi compiono mutamente, irosamente quella profezia. Lo aveva detto Arthur Miller: diventeremo tutti Rimbaud. è successo. Ed è uno spettacolo tremendo.
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