
Riforma Senato, il Pd si spacca. M5S soffia sulle divisioni
Dopo che ieri Matteo Renzi ha incassato l’apertura di Silvio Berlusconi sulle riforme costituzionali, adesso il premier fa i conti con una spaccatura interna al Pd per la riforma del Senato, mentre anche il Movimento Cinque stelle cerca di fomentare la divisione. Il senatore del Pd Vannino Chiti infatti ha presentato a Palazzo Madama un disegno di legge per far sì che il Senato sia elettivo, contrariamente alla linea voluta dal Governo. Intanto è saltato anche l’ufficio di presidenza della commissione Affari costituzionali.
SALTA LA COMMISSIONE. L’appuntamento in commissione di Palazzo Madama era previsto per le 15.30, ma si è appreso che è saltato. Secondo il senatore M5S Nicola Morra ciò è accaduto «perché il ddl costituzionale del governo ancora non è arrivato a Palazzo Madama». Morra, che ha scritto una breve nota sul suo profilo facebook, ha proseguito citando «indiscrezioni giornalistiche» e spiegando che dietro il ritardo ci sarebbero «problemi di costituzionalità» del disegno di legge sul Senato, che sarebbe adesso al vaglio del Quirinale.
LA SPACCATURA IN AULA. Stamattina dopo che Chiti aveva depositato la sua proposta sul senato elettivo, il Movimento 5 stelle ha subito fatto sapere che è disponibile a votarla perché «è praticamente la nostra proposta fotocopiata». La “minoranza dem ha subito esultato e un parlamentare di lungo corso (oggi appartenente alla “fronda”) come il senatore Felice Casson ha spiegato che il ddl alternativo «può contare su diverse posizioni favorevoli, in un ampio spettro parlamentare sia di sinistra sia di destra, del Movimento 5 stelle e anche del centro».
RENZI TENTA DI RICUCIRE. La replica del premier è arrivata poche ore dopo. Matteo Renzi ha cercato immediatamente di ricucire la diatriba interna al suo partito spiegando che «nella discussione sulle riforme istituzionali non stiamo cercando di punire qualcuno, né di valorizzare qualcun altro, né di riprenderci competenze». Ha sottolineato che «crediamo nel ruolo delle Regioni, che saranno il cuore del futuro Senato della autonomie ma l’autorevolezza delle Regioni in questi ultimi anni è stata messa a rischio da fenomeni diffusi che hanno allontanato i cittadini dalle istituzioni locali. Se immaginiamo un futuro diverso non deve essere l’uno contro l’altro».
LA MAGGIORANZA PD. I senatori Pd Nicola Latorre e Andrea Marcucci hanno chiesto a Chiti e a tutti gli altri firmatari di ritirare la loro proposta. Marcucci, renziano doc, uscendo dall’assemblea ha puntualizzato che «Condivido totalmente l’appello lanciato in assemblea dal senatore del Pd Nicola Latorre di invitare Chiti e gli altri firmatari a ritirare la loro proposta di riforma costituzionale. Li invitiamo ufficialmente a fare emendamenti al testo del governo». Poi ha aggiunto: «Il Pd lavorerà per migliorare riforma governo. Sì a emendamenti, no a testi alternativi. Chiti ritiri il suo, soprattutto dopo il sostegno M5S». Nello stesso momento però la fronda del Pd ha espresso un categorico rifiuto alla richiesta della maggioranza: «Nessuna intenzione di ritirare il ddl» ha replicato il senatore Corradino Mineo, puntualizzando che «Il ddl accoglie praticamente tutte le proposte del premier Renzi. Un Senato eletto, e questa è l’unica differenza, perché riteniamo che i governatori e sindaci che hanno un incarico già gravosissimo». Casson, parlando con i giornalisti, ha confermato la versione M5S sul ritardo del testo in aula, e a chi gli chiedeva se sia possibile ultimare la prima lettura entro il 25 maggio, come promesso da Renzi, ha replicato: «intanto bisogna che il testo arrivi. Probabilmente ci sono sgrammaticature costituzionali che, immagino, stiano sistemando al Colle».
L’APPELLO DEI RENZIANI. Il renziano Marcucci intanto ha proseguito nel tentativo di ricucire. Ha ammonito: «Tutti hanno in mente il passaggio storico che stiamo vivendo e quindi credo che il senso di responsabilità stia prevalendo», poi ha aggiunto che «Il confronto è aperto, ma non sulla eligibilità del Senato che è un punto dal quale credo che oggettivamente il Pd non si possa muovere. C’è la disponibilità a lavorare sulla composizione e il rapporto con il territorio, anche delle singole regioni, per avere una migliore rappresentatività, e anche a discutere sulle funzioni del futuro Senato». E ha lanciato un ultimo appello: «lo dico anche in una logica politica e di senso di responsabilità. Credo si debba procedere nel Pd, come proposto da Latorre, in una logica emendativa e non sostitutiva della proposta del governo e del partito. Ribadisco l’invito al ritiro della proposta Chiti e alla trasformazione in proposte emendative nel corso dell’iter parlamentare».
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