Tutto quello che c’è in ballo nella riforma delle pensioni

Di Piero Vietti
03 Luglio 2023
Giovani, Opzione Donna, flessibilità in uscita, lavori gravosi e lotta alla denatalità. Che cosa ha in mente il governo e che cosa chiedono i sindacati. Parla Angelo Colombini, già Segretario Confederale Cisl
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Il segretario della Cisl, Luigi Sbarra, al suo arrivo al Tavolo sindacati-Ministero del Lavoro sulla previdenza alla presenza del ministro Elvira Calderone. Roma, 26 giugno 2023 (foto Ansa)

Continua il confronto sulla riforma delle pensioni tra la ministra del Lavoro, Marina Calderone, le imprese e i sindacati. Dopo l’incontro di gennaio, lo scorso 26 giugno le parti sociali hanno di nuovo incontrato il governo, confrontandosi e discutendo le proposte dell’esecutivo su uscite anticipate e l’ipotesi “Quota 41”. Come spesso capita, le reazioni dei sindacati sono state diverse: il leader della Cgil, Maurizio Landini, ha definito l’incontro “inutile”, il segretario della Uil, Pierpaolo Bombardieri, ha detto che “chiacchiere e distintivo non servono”, mentre il segretario della Cisl Luigi Sbarra ha indicato come “fatto positivo” il dialogo col governo sulla riforma delle pensioni. Tempi ne ha discusso con Angelo Colombini, già Segretario Confederale Cisl, membro del CIV Inail e vicepresidente dell’Ente Bilaterale Nazionale Artigianato.

Pensioni, cosa c’è di positivo nel lavoro fatto finora

«La cosa positiva di questi incontri è che sono già stati stabiliti quattro momenti, tra luglio e settembre, di discussione con il governo su temi delicati come la pensione di garanzia per i giovani, la flessibilità in uscita, gli esodati, le mansioni lavorative gravose, la tutela della previdenza per le donne e la previdenza complementare. I due incontri, interlocutori, sono stati importanti, ma c’è la necessità che le cose dette a quel tavolo siano declinate in una discussione effettiva che porti a una proposta da presentare entro fine anno, quando si discute il bilancio dello stato».

A differenza delle altre due siglie sindacali, la Cisl giudica in modo più positivo il lavoro fatto finora. «La posizione della Cisl è positiva perché il governo ha dato la disponibilità di affrontare i punti più importanti in un cronoprogramma. Non si sono solo fatti proclami, ma si è definito un programma di lavoro. A quel punto giudicheremo il governo, non a priori».

Colombini: «La prima risposta da dare è ai giovani»

Sono molti i temi da toccare e da cambiare, per migliorare il sistema previdenziale, fermo alla riforma Monti-Fornero del 2011. Per Colombini «la prima risposta da dare è ai giovani». Chi è entrato nel mondo del lavoro dopo il 1996 gode di un sistema contributivo pieno, mentre prima c’era il retributivo. «I ragazzi di oggi avranno una pensione bassa che coprirà solo dal 45 al 55 per cento di quanto versato negli anni, diversamente da oggi». Cosa bisogna fare? «Ad esempio introdurre la cosiddetta pensione di garanzia, che valorizzi i buchi contributivi tra un lavoro e l’altro».

A differenza di un tempo oggi si cambia lavoro più spesso, e tra un impiego e l’altro, specie se usato per fare formazione «serve una copertura contributiva, inserendo per esempio il riscatto della laurea – non al costo altissimo di oggi – ma anche incentivando la pensione integrativa, quella complementare per avere in futuro una quota “parallela” che verrà sommata a quella dell’Inps».

Oggi solo il 35 per cento dei dipendenti ha una pensione integrativa, come convincere gli altri a farla? «Un’ipotesi potrebbe essere quella di forzare l’adesione del lavoratore con il silenzio-assenso e fare pagare di meno la leva fiscale». C’è poi il tema Opzione Donna, forma di pensione anticipata per le donne che però è spesso usata da chi ha un altro reddito in famiglia. «Deve essere un’opportunità per tutte le donne», dice Colombini, «anche quelle che vivono da sole e hanno problemi con il lavoro di cura nei confronti di figli con handicap o genitori anziani malati. La penalizzazione dell’Opzione donna, però, oggi del 30 per cento, deve essere ridotta, e sarebbe bene ripristinare i requisiti precedenti alla legge di bilancio 2023 che li ha ridotti».

L’idea dei 41 anni di contributi

A tema del lavoro tra governo, sindacati e imprese anche la flessibilità in uscita. Spiega Colombini: «Essendo quello previdenziale italiano un sistema misto, oggi l’80 per cento dei lavoratori ha due uscite: andare in pensione al raggiungimento dei 67 anni di età con almeno venti di contributi, oppure al raggiungimenti di 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e dieci mesi per le donne. È un sistema bloccato che va reso più flessibile, permettendo al lavoratore di scegliere più liberamente quando andare in pensione. Quota 100, 101 e 103 non hanno dato i risultati sperati, solo il 40-50 per cento dei lavoratori le ha utilizzate, ma rappresentano una scelta di libertà per un lavoratore che sceglie di andare lui in pensione, anche se con una penalizzazione».

Da qui nasce l’idea di introdurre criteri nuovi, i 41 anni di contributi o i 62 di età anagrafica, ad esempio. «Altrimenti per molti lavoratori il rischio è il prepensionamento o l’isopensione. E questo non va bene in un sistema che sta cambiando, che sta attraversando una transizione veloce legata al green e al digitale, in cui si ha necessità di avere persone che escono e sono sostituite da chi è formato diversamente. L’alternativa è che chi in queste condizioni non ha la possibilità di andare in pensione viene licenziato».

Le pensioni e il problema della denatalità

Infine il tema dei lavori gravosi, anch’esso al centro della discussione sulla riforma delle pensioni. Spiega Colombini che è «opportuno che chi ha contribuito al pil della nazione facendo lavori considerati gravosi – dal lavoro nei forni a quello nelle miniere ma anche nelle scuole elementari – abbia la possibilità di uscire prima». C’è molto sul tavolo del governo, e per l’ex Segretario Confederale Cisl «bisogna rispondere a queste esigenze e non guardare solo il tema dei costi, che è importante ma non sufficiente». Però i “soldi che mancano” sono il punto dolente di ogni riforma, specie quella delle pensioni. «La cosiddetta legge Monti-Fornero del 2011 ha permesso di risparmiare 80 miliardi», fa notare Colombini. «Dove sono?».

Poi c’è un altro aspetto importante: «Aumentare il numero delle persone che lavorano, oggi in Italia 24 milioni, vuol dire creare le condizioni per pagare le pensioni in questo periodo di transizione: chi è in pensione oggi infatti ha la propria pensione pagata da chi oggi lavora. Se tu ampli il numero di lavoratori con lavori stabili hai la garanzia di maggiori introiti che coprono questi costi». Il tema delle pensioni è legato a doppio filo a quello della denatalità, però: se non nascono più bambini e la popolazione invecchia è difficile trovare lavoratori che paghino le pensioni.

«Vero. Il rilancio della natalità si fa innanzitutto creando condizioni che migliorino il rapporto tra lavoro e famiglia – penso agli asili e agli sgravi fiscali – ma anche mettendoci nell’ottica che l’arrivo di persone da altri paesi non è un disturbo, ma un’opportunità per loro e per il nostro sistema economico: vuol dire accoglierli non solo come lavoratori, ma anche come famiglie, e quindi integrarli. Certo, serve una regolamentazione che non va fatta né in senso ideologico né con calcoli opportunistici».

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