«La riforma Cartabia è un pasticcio che avrà conseguenze gravi»

Di Ermes Antonucci
04 Agosto 2021
Intervista al magistrato Alfredo Mantovano, vicepresidente del Centro studi Livatino: «Così la giustizia non diventa più veloce. A rischio migliaia di processi»
Il ministro della Giustizia, Marta Cartabia, durante la discussione della sua riforma alla Camera

Il ministro della Giustizia, Marta Cartabia, durante la discussione della sua riforma alla Camera

«Un autentico pasticcio, che avrà conseguenze di eccezionale gravità». È tranchant il giudizio di Alfredo Mantovano, magistrato di Cassazione e vicepresidente del Centro studi Rosario Livatino, sulla riforma della giustizia penale targata Marta Cartabia. La riforma è stata approvata ieri alla Camera e ora il testo andrà al Senato.

«L’improcedibilità è un pasticcio»

Al centro dei rilievi critici di Mantovano c’è soprattutto il meccanismo dell’improcedibilità elaborato dalla Guardasigilli, che prevede l’estinzione del processo se si supera la durata di due anni in appello (tre per i reati più gravi) e uno in Cassazione (o 18 mesi). «Il nodo della prescrizione è stato trattato in una dimensione esclusivamente politica, non tecnica – sottolinea Mantovano – È prevalsa l’esigenza di lasciare in piedi la riforma della prescrizione voluta da Bonafede, di fatto però aggirandola con l’introduzione dell’istituto dell’improcedibilità. In altre parole, per risolvere un problema di diritto sostanziale, cioè la prescrizione, è stato individuato uno strumento di natura processuale, cioè l’improcedibilità. Il risultato è un autentico pasticcio, che avrà conseguenze di eccezionale gravità».

Per il magistrato, la riforma determinerà infatti inevitabilmente la fine di migliaia di processi: «Ci sono delle corti d’appello nelle quali il termine dei due anni viene rispettato, e anche bene. In altre corti d’appello invece, come Roma e Napoli, la media della durata dei processi è di tre anni. Ciò significa che i processi con detenuti, quindi con termini di custodia cautelare, si definiscono in tempi brevi, mentre molti altri processi non si esauriscono prima di cinque o sei anni, e quindi si prescrivono». Con la riforma Cartabia questi processi continuerebbero a morire: «Cambieremmo soltanto l’etichetta. Toglieremmo l’etichetta “prescrizione” e metteremmo quella “improcedibilità”».

Così la giustizia non diventa più veloce

A essere spazzati via, sottolinea Mantovano, sarebbero anche processi riguardanti reati gravi e di notevole allarme sociale, non rientrati tra le deroghe previste dalla riforma (mafia, terrorismo, violenza sessuale): «Tra le deroghe non c’è, ad esempio, la bancarotta fraudolenta. Non ci sono i reati contro la pubblica amministrazione. Non ci sono le rapine o le estorsioni, quando non hanno l’aggravante mafiosa e non sono realizzate con la violenza. Tutti questi processi diventeranno improcedibili».

Insomma, non basta prevedere una tagliola processuale per rendere la giustizia più veloce: «È come se una persona di cento chili entrasse in un negozio pretendendo di indossare un vestito taglia 37. Il negoziante chiamerebbe il 118, noi invece ci abbiamo fatto la riforma della giustizia», scherza Mantovano. Anche perché, nota il magistrato, «il 70% dei procedimenti penali che si definiscono in Italia con la prescrizione sono ancora nella fase delle indagini preliminari, quindi la riforma si mostra inutile in più dei 2/3 dei casi di prescrizione».

La riforma non prevede aumenti di organico

La ministra Cartabia sostiene che la riforma andrebbe valutata nel suo complesso, tenendo conto degli interventi che permetteranno di velocizzare i tempi dei processi. «Per velocizzare i processi serve un aumento delle piante organiche dei magistrati e del personale di cancelleria, che attualmente sono le più basse d’Europa in rapporto alla popolazione, ma nella riforma non c’è nulla in termini di aumento di organico», ribatte Mantovano. «Le assunzioni di cui si parla sono semplicemente di turn over rispetto ai pensionamenti. La novità è costituita dall’ufficio del processo, che prevede l’immissione per soli due anni di neolaureati che avranno il compito di aiutare il giudicante nell’esame del fascicolo processuale, nelle ricerche giurisprudenziali e nell’organizzazione dell’ufficio. Stiamo parlando, con tutto il rispetto, di neolaureati, che conosceranno pure molto bene i manuali ma sono totalmente privi di esperienza. Sarà una perdita di tempo e uno spreco di denaro».

«C’è una cosa che non capisco», conclude Mantovano: «Il Pnrr dovrebbe servire a favorire la ripresa economica del paese. Queste disposizioni di carattere penalistico quale attinenza hanno con la ripresa economica? Gli investitori chiedono tempi certi per i procedimenti civili. Ma della riforma della giustizia civile non si parla».

@ErmesAntonucci

Foto Ansa

Articoli correlati

0 commenti

Non ci sono ancora commenti.