
Renzo a Milano don Bosco a Torino e un pischello a Napoli
Esiste una trita e ritrita retorica che contrappone i “fatti” alle “opinioni”. Essendo retorica di vile conio finisce per esistere solo in contrapposizione a quell’altra che vorrebbe non esistessero “fatti” ma solo “interpretazioni”. Entrambe, va da sé, finiscono per essere semplici argomenti da discussione salottiera o giornalistica (e già questo è un bel peso), con l’aggravante di indurre allo sbadiglio anche il più acerrimo telespettatore di talk show pomeridiani (che della retorica moderna sono i contenitori per antonomasia). Per evitare dunque che non si parli a vanvera, ma si parli solo seriamente, la Fondazione per la Sussidiarietà di Giorgio Vittadini ha scelto non di discutere dei “fatti”, ma di descriverli. Anzi, di più. Di farli vedere. E poiché il luogo prescelto per questa visione è il Meeting di Rimini, la forma che è stata ritenuta più adeguata è un mostra dal titolo “L’amicizia si fa strada: alla ricerca di nuovi don Bosco”. E poiché Vittadini è veramente l’incarnazione trafelata del nome della rubrica che settimanalmente firma su Tempi (“Renzo a Milano”), come il personaggio manzoniano che catapultato nel capoluogo milanese s’imbriglia in tutto l’imbrigliabile fra attacchi al Forno delle grucce e sbevazzate all’Osteria della Luna piena, anche lui non si sottrae al tumulto delle idee, ma poi dice che se dovesse scegliere cosa segnalare di questo Meeting, consiglierebbe «di andare a vedere questa mostra rivoluzionaria». Sì, rivoluzionaria «perché piena di racconti e di fatti, mica di lagne sui “valori”».
La mostra si configura come un racconto, un romanzo diremmo, dove però i protagonisti sono vivi e incontrabili e si chiamano Casa Edimar e associazione Cometa (che si occupano di accoglienza), Aslam, Piazza dei mestieri e In-Presa (che curano l’inserimento lavorativo di quei ragazzi cosiddetti “disagiati”), Porto Franco e CdS (aiuto allo studio), Cooperativa Solidarietà e Solidarietà Intrapresa (lavoro per ragazzi disabili) e La Strada (carcerati), dove gli interlocutori saranno i favelados e i ragazzi del rione Sanità di Napoli. L’elenco è lungo perché, spiega Vittadini, «esiste per fortuna ancora sul nostro territorio una fitta rete di associazioni e una vivace tradizione popolare che ha ancora a cuore le persone, che ama ancora parlare di fatti e non si perde nelle virtuose battaglie di intellettuali, impagabili creatori di teorie che non edificano nulla».
FORNIRE UNA CHANCE
Per cui il nostro Renzo, siccome si dice convinto che «le idee dimenticano le facce delle persone», si mette lui per primo a dare il buon esempio narrando l’episodio di un giovane pischello napoletano, un delinquntello in erba «cui nessuno mai aveva dato un briciolo di fiducia – gli assistenti sociali per primi – cui un giorno i responsabili di una di queste opere di carità hanno affidato un incarico. Un incarico semplice: sul pulmino che trasportava i gruppi di ragazzi doveva fare in modo che tutto si svolgesse con ordine». E quello, il pischello che ne combinava più di quante ne pensava, «s’è dimostrato un ragazzo modello, creando sconcerto in chi lo aveva già prematuramente bollato come irrecuperabile». Questo per dire? «Questo per dire che il metodo è sempre porre attenzione sull’io, sulla persona. Anche tutta la nostra insistenza sulla sussidiarietà parte da episodi come questo. La sussidiarietà non è una questione giuridica, ma è l’opportunità di fornire una chance. Le idee partono dai fatti, non viceversa».
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